Articoli / Blog | 09 Ottobre 2018

Agi – Le accuse di Viganò al Papa e la Chiesa che piace al demonio

Come promessa arriva puntuale la risposta di Papa Francesco alle accuse (con richiesta di dimissioni) che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò (con i suoi accoliti) fecero detonare come una bomba ad orologeria il 26 agosto 2018, ultimo giorno dell’incontro sulla Famiglia, così che se ne parlasse nella consueta intervista del viaggio di ritorno. Allora Bergoglio rispose: “Ho letto, questa mattina, quel comunicato. L’ho letto e sinceramente devo dirvi questo, a Lei e a tutti coloro tra voi che sono interessati: leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da sé stesso, e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. È un atto di fiducia: quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò. Ma vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro: vi farà bene, davvero. Va bene così”.

È passato poco più di un mese e la risposta del vescovo di Roma arriva. Com’è giusto che sia (non ultimo il fatto che dà più forza alla difesa se la replica giunge non dal diretto accusato ma da terze persone) non è di suo pugno ma del Prefetto della Congregazione per i vescovi, ovvero il capo diretto di Viganò, cui si aggiunge un comunicato della Sala Stampa.

Non riassumo qui la replica, puntuale, alle imputazioni che, proprio per la loro precisione, devono essere lette. Mi soffermo invece sul richiamo, forte, cristiano, che il Cardinale Ouellet, rivolge a Viganò e ai Catholically Correct che gli fanno da cassa di risonanza. Esse smontano l’idea che, poiché non tutto quello che il Papa fa e dice è “infallibile”, il vescovo di  Roma può essere tranquillamente contestato, messo tra parentesi, ignorato, criticato. Non è così. Rispetto al Papa un cattolico non ha solo il dovere della fede (che scatta nei rarissimi casi di pronunciamenti infallibili) ma, come pubblicò nel 1998 ufficialmente la Congregazione per la Dottrina della Fede presieduta da Ratzinger, il cristiano deve prestare “il religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti del Romano Pontefice” anche quando essi riguardano il magistero semplice, autentico, ordinario, che non è solo quello proclamato con atto definitivo.

A questo principio fa riferimento Ouellet quando scrive a Viganò: “Caro confratello, vorrei davvero aiutarti a ritrovare la comunione con colui che è il garante visibile della comunione della Chiesa Cattolica… tu non puoi concludere  così  la  tua  vita  sacerdotale,  in  una ribellione aperta e scandalosa, che infligge una ferita molto dolorosa alla Sposa di Cristo, che tu pretendi di servire meglio, aggravando la divisione e lo sconcerto nel popolo di Dio! Cosa posso rispondere alla tua domanda se non dirti: esci dalla tua clandestinità, pentiti della tua rivolta e torna a migliori sentimenti nei confronti del Santo Padre, invece di inasprire l’ostilità contro  di lui. Come puoi celebrare la Santa Eucaristia e pronunciare il suo nome nel canone della Messa? Come puoi pregare il santo Rosario, San Michele Arcangelo e la Madre di Dio, condannando colui che Lei protegge e accompagna tutti i giorni nel suo pesante e coraggioso ministero?”. Le stesse parole vanno rivolte a quei sacerdoti e a quei laici che diffondono, amplificano, riecheggiano, quello che Ouellet ha definito “un attacco ingiusto e ingiustificato nei fatti”, “un una montatura politica priva di  un  reale  fondamento”, “un’ingiustizia che deve essere rapidamente riparata”.

A chi penso quando scrivo così? Proprio per evitare di riferirmi a nomi e persone specifiche, da tempo ho elaborato la definizione di Catholically Correct. Proprio oggi però – forse non è un caso – Papa Francesco sforna un’altra delle sue geniali espressioni. Parla di “un peccato che piace tanto a Satana: il peccato dell’élite“. Gli ultimi giorni della settimana scorsa sono stato a Falerna che celebrava la festa patronale della Madonna del Rosario. Di quel paese era anche Stefania Signore, la donna morta con i suoi bimbi a causa dell’alluvione. Ho toccato con mano cosa significa essere parte di un popolo e perché l’identità di un cristiano – come quella della Madonna – non può essere senza le radici di un popolo.

“La normalità è vivere nel popolo e con il popolo – scrive oggi Papa Francesco -, è anormale vivere senza radici in un popolo, senza collegamento con un popolo storico. In quelle condizioni nasce un peccato che piace tanto a Satana, il nostro nemico: il peccato dell’élite. L’élite non sa cosa significa vivere nel popolo e quando parlo di élite non intendo una classe sociale: parlo di un atteggiamento dell’anima. Si può appartenere a una Chiesa di élite” (Papa Francesco, Ave Maria, Rizzoli 2018). Per il popolo, per il popolo di Falerna ferito dalla tragedia, “il Papa è il Papa”. È detto tutto, è detto semplice, è detto in poche parole. È quello che pensano i cristiani: il Papa è il Papa. I cristiani invece che fanno dei distinguo, che criticano il Papa e lo attaccano rifugiandosi dietro mille ragionamenti sottili, sono una Chiesa d’élite. Una Chiesa senza radici. Una Chiesa che piace al demonio.

Tratto da Agi