
Le Lettere di Gavina Masala – L’Italia è un Paese razzista?
Sembra di sì: il razzismo è l’atto discriminatorio piü diffuso in Italia, e non solo. A testimoniarlo sono le cifre OSCAD, ovvero l’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori.
Le segnalazioni dal 2010, anno in cui è stato istituito l’ente – incardinato nell’ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – sono state in totale 2.030. Queste ultime sono sfociate in 304 arresti e 840 denunce. L’ambito in cui sono pervenute maggiori segnalazioni è, effettivamente, quello etnico/razziale: il 51.5% del totale. Il 16.7 per cento sono invece segnalazioni dovute a discriminazioni per l’orientamento sessuale, l’11.5% per l’orientamento religioso, il 7,2% per la disabilità, l’1% per l’identità di genere. Di queste segnalazioni, solo una parte costituiscono reato, come risulta dal seguente grafico:
All’indomani della vicenda di Daisy Osakue, atleta italiana di origini nigeriane che rischia di non partecipare agli Europei di atletica di Berlino, viene da chiedersi con ancora più forza se stiamo diventando un popolo escludente, se siamo solo esasperati, o ambedue le cose.
A Daisy, ricapitolo brevemente, hanno lanciato uova e altri oggetti da un’auto in corsa, colpendola in pieno volto. L’atleta, specialista nel lancio del disco, ha un occhio tumefatto. L’episodio è avvenuto a Moncalieri, nel torinese, e a denunciarlo è Enrico Mentana su Facebook, che ha attaccato il governo, poiché non riscontra un problema di intolleranza in Italia. Gli aggressori sono ricercati dai carabinieri, secondo cui però l’atto non è riconducibile a motivi razziali. Vi sarebbero stati infatti dei precedenti contro un anziano e contro tre donne, tutti non di colore.
Se è vero, e va ribadito, che allo stato attuale l’episodio specifico non sembra potersi annoverare tra quegli atti discriminatori su base razziale a cui mi sono riferita all’inizio, tuttavia in Italia il razzismo è in aumento, stando alle cifre sopra riportate.
E’ per questo motivo che bisogna conoscere bene il fenomeno migratorio e l’aria che tira a livello internazionale, per evitare di farsi irretire da una retorica propagandistica. Vediamo un altro dato molto significativo: il 2017 è stato un anno record per investimenti in spese militari. A darne notizia è l’Istituto Internazionale di Stoccolma per le Ricerche sulla Pace (Sipri) nel cui ultimo rapporto emerge che nel 2017 le spese militari complessive hanno raggiunto 1.739 miliardi di dollari, in crescita dell’1,1% rispetto al 2016. Nell’Unione Europea è la Gran Bretagna a spendere di più, seguita da Francia, Germania ed Italia, che è al dodicesimo posto. Tale investimento in spese militari rappresenta il 2,2% del Pil mondiale e negli ultimi 20 anni è aumentato costantemente. Questo è il segno evidente che la paura è il sentimento che domina l’intero scacchiere internazionale e questa, si sa, non è mai foriera di buone pratiche politiche. A tale timore, che spesso la propaganda cavalca bene, si è aggiunta una crisi economica duratura e dagli esiti strutturali, dalla quale alcune aree del mondo, fra cui l’Italia, faticano a rialzarsi.
Il cocktail è micidiale. Anche se il governo in carica cerca di sminuirlo, esiste eccome.
L’Italia è dunque un Paese razzista? Lo sta diventando (in buona compagnia per la verità) perché ha paura, dunque non ragiona a mente fredda, aggredisce.
La via d’uscita? Avendo un Presidente del Consiglio docente universitario, avrei tanto sperato sarebbe stata la cultura. Si sa: investendo in formazione si può cambiare il mondo. Lo sapevano i greci, popolo antropoplasta per definizione. Ma non sarà così. Il famoso contratto di governo non ha una pagina in merito. Al capitolo “Cultura” (capitolo 7, pagina 16 della versione finale del 18 maggio), vengono assegnate poche righe (trentacinque), anche piuttosto generiche. Pare non sia ancora il momento di cambiare, nonostante l’attuale esecutivo si sia presentato come il “governo del cambiamento”.
Giovane mamma e moglie, scrivo per capire. Ho una formazione internazionale, da settembre 2015 ho intrapreso un secondo corso di studi in filosofia, presso un ateneo pontificio. Parlo tre lingue, mi interesso soprattutto di relazioni internazionali e di religioni: cerco di vedere come la prospettiva cristiano – cattolica possa aiutare a convivere pacificamente. Ha un suo blog personale