Progetto Gionata – Portare la chiesa nel mondo. La vocazione di un diacono cattolico con una figlia transgender
Marco Giranzani segnala al blog questo articolo e lo introduce così:
La discriminazioni verso le persone omosessuali sono terribili ma per le persone transessuali è anche peggiore poiché spesso l’unica prospettiva lavorativa è la prostituzione visto che queste persone vengono sistematicamente emarginate: se nella Chiesa Cattolica per le persone omosessuali pian piano, anche se molto lentamente, le cose vanno migliorando, con i transessuali si fa eccessiva fatica, complice la discussione sul Gender, inesistente fantasma che banalizza le fatiche cui vanno incontro le persone alle prese con problemi della propria identità di genere. Come Cristiani per testimoniare il Vangelo dobbiamo necessariamente passare attraverso l’incontro di ogni persona soprattutto i più fragili, i poveri e gli emarginati: questo non è sufficiente nel caso della transessualità perché la loro condizione è complessa e abbisogna di trattamenti medici per adeguare il loro corpo all’identità di genere percepita; dunque è necessario conoscere la transessualità perché l’accoglienza di queste persone passa attraverso la comprensione delle fatiche che vivono per diventare pienamente se stessi.
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Testimonianza del diacono Ray Dever* pubblicata sul mensile US Catholic (Stati Uniti) nel giugno 2018, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Esattamente cinquant’anni fa la Chiesa ripristinò il diaconato permanente ed aprì quindi le porte al clero sposato, il quale continua a portare con sé e a immettere nel ministero ordinato tutte le gioie, i dolori e le complessità della vita famigliare. La mia famiglia, in particolare, ha un’esperienza diretta delle tematiche LGBT. Nell’autunno del 2013, quando la nostra figlia più grande stava iniziando il secondo anno all’Università Georgetown, uscì allo scoperto come transgender. La notizia sprofondò la [nostra] famiglia in quelle domande e quei problemi che affliggono [tutte] le famiglie credenti con figli e figlie LGBT.
Se c’è una verità che è divenuta [per noi] lampante, è che la realtà in cui vivono le persone transgender sta mille miglia lontano da ciò che si percepisce comunemente. Le molte battaglie legali (come quella per l’uso delle toilettes pubbliche) dimostra quanto siano tutt’ora diffusissimi i pregiudizi e le incomprensioni.
Nel caso specifico della Chiesa [Cattolica], tutta una serie di dichiarazioni formali e informali fa dubitare dell’esistenza stessa delle persone transgender e mette in guardia contro “l’ideologia del gender”, descritta come un’ideologia che tenta di eliminare le differenze sessuali nel campo sociale e di minare alla base la famiglia. Io rispetto la teologia e le buone intenzioni che stanno dietro simili dichiarazioni, ma penso anche che esse si basino sulla mancanza di conoscenza ed esperienza delle persone transgender, nonché su false informazioni.
Io e mia moglie siamo cattolici dalla nascita e abbiamo una famiglia molto grande e allargata, perlopiù cattolica. Tutt’e tre le nostre figlie hanno frequentato scuole cattoliche, inclusa l’università (una di loro ha di recente fatto notare come non abbia mai messo piede in una scuola pubblica se non nei fine settimana). Dopo aver servito attivamente per decenni la Chiesa da laico (ho anche seguito personalmente diversi matrimoni) sono stato chiamato al diaconato, nel 2009 sono stato ordinato e nel 2011 mi sono laureato in teologia.
Con nostra grande costernazione, nostra figlia negli anni del liceo cadde in una profonda depressione e tentò il suicidio. Da un giorno all’altro passammo dalle solite preoccupazioni da genitori sui voti e l’università al timore che non uscisse viva dal primo anno di liceo.
La depressione condusse mia figlia a riflettere sulla sua identità di genere, che era intimamente collegata alla sua salute mentale. Ora sappiamo bene che, come molte persone LGBT che lottano con la decisione di uscire allo scoperto, anche lei stava affrontando un dilemma quasi insolubile: o continuare a negare la sua vera identità, o rischiare di perdere tutto il suo mondo, composto dalla famiglia, dagli amici e dalla fede. Fu questa lotta interiore a condurla a tentare il suicidio. I messaggi, spesso negativi e comunque eccessivamente semplicistici, che la Chiesa Cattolica, così importante nella sua educazione, manda quando parla delle persone LGBT, non facevano altro che aggravare la sua situazione.
Io e mia moglie abbiamo vissuto l’intera gamma dei pensieri e delle emozioni di ogni genitore di fronte al coming out di un figlio o una figlia: lo shock all’apprendere la notizia, la mancata comprensione delle questioni di genere, il conflitto interno di fronte all’insegnamento cattolico sulla sessualità umana, la confusione e il senso di colpa su ciò che avremmo dovuto fare come genitori, la profonda tristezza per la presunta perdita di quella persona, nostro figlio, la paura e la preoccupazione per ciò che il mondo le avrebbe riservato. Discussioni, lacrime, notti insonni e preghiere, molte preghiere.
Con il tempo abbiamo capito che non avevamo perso nostro figlio, anzi ci è stata restituita una figlia nel momento in cui ella ha definito la sua identità di genere. Non se n’erano mai andati la sua creatività, il suo senso dell’umorismo, l’empatia e l’intelligenza che fanno di lei una persona straordinaria, anzi brillavano più potenti che mai. Non potrò mai esprimere la gratitudine e la benedizione che abbiamo provato quando si è laureata e ha trovato un posto da grafica a Washington DC, e tutto questo grazie al sostegno e all’amore della sua famiglia allargata e cattolica.
Quando sento quelle dichiarazioni sulla “ideologia del gender”, mi suonano false. Chiunque abbia una sia pur minima esperienza con le persone transgender non può che rimanere perplesso di fronte all’idea che esse siano in qualche modo il frutto di un’ideologia: è un fatto storico che, molto prima che esistessero gli studi di genere e che venisse coniata l’espressione “ideologia del gender”, le persone transgender esistevano ed erano riconosciute positivamente in alcune culture.
Gli scienziati stanno cominciando solo ora a comprendere i fattori biologici e psicologici che stanno dietro l’identità di genere. L’unica scelta che le persone transgender si trovano davanti è accogliere o meno la loro autentica identità e viverla apertamente nonostante il rifiuto, la discriminazione il bigottismo e la violenza, tutte cose che sanno bene che dovranno affrontare.
Quando io e mia moglie siamo stato costretti a informarci sull’identità di genere non abbiamo trovato una sola informazione affidabile e sicura che non rafforzasse la nostra esperienza personale. L’Associazione dei Medici Americani, l’Associazione degli Psicologi Americani, l’Associazione degli Psichiatri Americani e l’Associazione Mondiale dei Professionisti della Salute delle Persone Transgender, che tutte insieme rappresentano più di 300.000 medici, psicologi e psichiatri, hanno unanimemente confermato la realtà delle persone transgender e hanno rilasciato dichiarazioni che vanno contro ogni forma di discriminazione e a favore della loro salute. Le Nazioni Unite si oppongono attivamente alla discriminazione e alla violenza che in molte parti del mondo le affliggono. Ditte e imprese con cui abbiamo a che fare ogni giorno (dalla Apple a WalMart) assicurano loro uguali opportunità d’impiego e assicurazioni mediche adeguate.
Ho i medesimi timori di tutti i genitori per il benessere delle mie figlie, anche adesso che sono adulte e che una di esse è transgender, per cui i timori aumentano. Le nostre preghiere e le nostre speranze si colorano della realtà della discriminazione, con cui probabilmente avrà a che fare per il resto della vita. Le probabilità di essere vittime di violenza o di commettere suicidio aumentano per le persone LGBT, e ancora di più per le persone transgender. Stiamo sempre con il fiato sospeso quando usciamo tutti insieme, perché abbiamo timore che da uno sguardo o un commento sprezzante si possa passare a un atto di violenza. Nessuno dovrebbe essere costretto a vivere in quel modo.
Ormai ho capito che ciò che vogliono le persone transgender più di ogni altra cosa è essere in grado di vivere la loro vita per quello che sono, con i medesimi diritti, la medesima libertà e la medesima dignità di ogni altra persona.
La mia prospettiva pastorale è frutto della vocazione di tutti i diaconi permanenti: portare la Chiesa nel mondo, con tutti i suoi problemi, e poi riportare i problemi del mondo nella Chiesa.
Ecco uno di tali problemi: la comunità di fede include le persone transgender, che sono emarginate e ingiustamente condannate e che soffrono solo perché sono ciò che sono. Noi, in quanto Chiesa, dobbiamo esaminarci seriamente e prenderci le nostre responsabilità. Non possono credere che il nostro Dio di amore e compassione faccia soffrire i suoi figli e le sue figlie. Alcuni mettono in guardia contro il peccato di cercare di mettersi al posto del Creatore; forse che non siamo colpevoli di tale peccato quando guardiamo una persona transgender e abbiamo la hybris di negare ciò che Dio ha fatto? Prego perché la Chiesa possa essere aperta e imparare e accogliere la verità sulle persone transgender: che esse hanno lo stesso valore e la stessa dignità intrinseci di ogni essere umano. Forse dovremmo avere tutti un po’ più d’umiltà e un po’ più di fede nella creazione di Dio.
* Ray Dever è un diacono permanente della diocesi di St. Petersburg, in Florida, marito e padre di tre figlie. Si è laureato in teologia all’Università St. Leo e interviene spesso, con conferenze e scritti, su questioni di fede all’interno della comunità LGBTQ.
Testo originale: Transgender and Catholic: A parent’s perspective