MIO Anno III n. 23/ DON MAURO LEONARDI PARLA CON I LETTORI – La sacralità dell’esistenza
Mauro Leonardi (Como, 1959) è stato ordinato sacerdote dal 29 maggio 1988. Vive a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su diverse riviste e quotidiani. Il suo blog è Come Gesù
Caro don Mauro,
quest’anno si ricorda l’emanazione della legge 194. La legge sull’aborto che fu promulgata a maggio 1978, cioè trent’anni fa. A costo di scandalizzare voi cattolici perbenisti, io sono felice che in Italia ci sia questa legge. Perché gli aborti c’erano anche prima ma solo i ricchi potevano andare all’estero e non rischiare la vita. Aggiungo che trovo rivoltanti alcuni slogan cattolici che inneggiano alla vita “senza se e senza ma” come quelli che considerano aborto anche l’interruzione di una semplice gravidanza extrauterina. E mi arrabbio con quelli che considerano aborto anche l’interruzione di gravidanza di una donna violentata o la decisione di chi scopre una grave anomalia fisica del bambino e non lo vuole far soffrire più del necessario. Nessuna donna sana di mente prende con leggerezza la decisione di abortire e pertanto caricarla di un ulteriore peso enorme come fa la Chiesa, è assurdo. (Gemma, Vibo Valentia)
Cara Gemma,
non ti chiuderò la bocca con i discorsi sulla sacralità della vita, che evidentemente conosci già. L’aborto è uno di quei temi dove la dottrina deve confrontarsi con la pastorale e quando questo manca ne risultano vite ferite, come la tua. Quando i cattolici difendono la vita dovrebbero ricordarsi che bisogna difenderla “tutta”. Quella nascente, senz’altro, ma anche quella della madre. È importante non limitarsi a ricordare un articolo del Catechismo. Ciò significa lottare consultori realmente funzionanti, accessibili e che mettano le donne in condizioni di scegliere la “vita”: non solo quella del bambino, ma anche la propria.