Blog – Quel che Luciano Iavazzo mi ha regalato dell’Opus Dei
Luciano Iavazzo è un figlio dell’Opera: parlo al presente, benché sia mancato ieri sera, non solo per la fede comune nella vita eterna, non solo perché Luciano è stato, in Italia, uno dei primi dell’Opus Dei con e attorno a San Josemaría ma anche – e soprattutto – perché dell’Opera ha incarnato lo Spirito che è immortale: parlo nello specifico della vocazione di essere santi in virtù del battesimo, di essere santi senza il bisogno di atti eroici, di targhe di riconoscimento, di appartenenze o di biglietti da visita. Parlo dell’essere apostoli “per attrazione”: vivendo cioè semplicemente la propria vita.
Luciano era una persona “qualsiasi”. Nel lavoro aveva fatto di tutto, dal posteggiatore al portiere, era uno sportivo, un amante delle barzellette che sapeva raccontare benissimo, e amava molto suo – e nostro – Padre San Josemaría.
Cerco su “Google immagini” una foto di Luciano ma non la trovo, forse perché è passato pochissimo da quando è andato in Cielo. E allora scelgo quella famosissima di quando Paolo VI incontrò all’Elis san Josemaría. Perché la vita di Luciano ha avuto molto a che vedere con il centro Elis. Io abito lì e lì lo conobbi tanti anni fa quando, adolescente, muovevo i primi passi nella mia vocazione all’Opus Dei. Quando la nostra vocazione si rivela a noi stessi, proprio perché si tratta di qualcosa che già c’è tra me e Dio, non è come quando si trova qualcosa di esterno a noi ma avviene semplicemente di scoprire noi stessi: è un po’ come trovarsi sulla bocca le parole di una lingua che non ci si ricorda di aver imparato, di aver studiato, perché è la lingua che parlavamo quando eravamo piccoli ma poi, per le cose della vita, siamo stati emigranti, siamo andati a vivere in un altro paese, in casa non parlavamo più quella lingua, e così c’eravamo dimenticati di conoscerla, di sapere che noi eravamo quelli.
Conoscendo Luciano – romano “de Roma” – avevo trovato che la parte più vera ed autentica di me andava vissuta, non dimenticata o messa da parte, e che era così perché Dio aveva fatto capire al Fondatore che così voleva l’Opera: autentica, sincera, schietta al punto da far – qualche volta – arrossire. Luciano non aveva perso la simpatia e l’umorismo dello spirito capitolino ma l’aveva trasferito e unito interamente alla sua fede verace realizzando naturalmente quell’unità di vita che per molti è uno sforzo e un programma e che, per lui, invece, era vivere e basta.
P.S. da quando ho pubblicato l’articolo, sono cominciate ad arrivarmi foto di Luciano: le aggiungerò qui sotto sicuro di far piacere a tutti
L’articolo scritto sul sito dell’Opus Dei