Blog – Quando medici e giudici salvano un bambino contro i Testimoni di Geova: perché non parlo di Alfie Evans
Pare che non parlare di Alfie Evans sia, per un prete scrittore come sono io, un delitto. Il mio silenzio equivarrebbe ad essere colluso con i mercanti della morte e vorrebbe dire che sono a favore dell’eutanasia, schierato con giudici e medici cattivi contro i genitori.
Scrivo allora di un bambino, che chiamerò Marco per motivi di privacy e in onore di san Marco che ricorre oggi, sopravvissuto grazie a medici e giudici che sono andati contro la volontà dei genitori. Siamo in Calabria e, quando Marco arriva in ospedale, i medici capiscono che senza un’urgente trasfusione di sangue il bambino morirà. I genitori però, Testimoni di Geova, non vogliono. E così i medici interessano urgentemente Antonio Marziale, Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria, che interviene personalmente nel corso della notte per mettere in contatto Luciano Trovato, il presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro, con i medici, che vengono così autorizzati a intervenire nonostante il dissenso dei genitori. Ciò avviene grazie al fatto che, fortunatamente, il nostro Codice Civile permette, in casi come questo, di inibire la responsabilità genitoriale e di consentire ai medici di intervenire in una lotta contro il tempo per salvare la vita di Marco.
Il fatto di cui sto parlando è avvenuto qualche giorno fa – il Mattino ne dà notizia il 18 aprile 2018 – e la sua fortuna è che persone competenti e responsabili sono intervenute stando lontane dalle luci della ribalta. In tal modo ora, una volta che Marco è vivo e vegeto, i rappresentanti dei Testimoni di Geova si potranno sedere attorno ad un tavolo per confrontarsi civilmente con i rappresentanti dello Stato italiano. Il nodo da sciogliere infatti non è piccolo, visto che il nostro Paese, da una parte, riconosce alla confessione dei Testimoni di Geova il diritto di esistere con le proprie convinzioni ma, dall’altra, tiene conto anche della nostra Costituzione che sancisce il diritto alla vita sin dalla nascita.
La fortuna di Marco è che stampa, televisione e social non ne hanno praticamente parlato. Altrimenti, se il loro numero fosse stato considerevole, saremmo stati sommersi dai “ragionamenti” dei Testimoni di Genova che quella notte assediavano i medici con documentazioni “scientifiche” che spiegavano come Marco non avesse nessun bisogno delle trasfusioni e che la sua malattia si poteva risolvere “pregando”: così mi è stato raccontato da persone direttamente al corrente dei fatti.
Ecco perché sarebbe ora, in questo momento, di spegnere i riflettori. Di non fotografare più Alfie, di non fare un post ogni ora per dire se respira, quanto respira, se è stato trasferito o no. Per favore, lasciatelo in pace e pregate. O state in silenzio pensando con umanità alla sofferenza di quel bambino, dei suoi genitori, dei medici e delle persone coinvolte. Che sono anche i rappresentanti dello Stato inglese e della Conferenza Episcopale inglese (perché, a sentire qualche catholically correct, quei vescovi cattolici se non sono indemoniati poco ci manca…).