Blog / Terry | 12 Marzo 2018

Le Lettere di Terry – Il regalo più bello

Sono molti anni ormai che a Natale il momento dei regali vede protagonisti i “piccoli”: ormai ce ne sono ben pochi, essendo diversi di loro – pure il mio – oltre la maggiore età, o pronti a scollinare. Posso dire che ormai metà dei miei Natali sono stati faticosi: quando ti ritrovi sola con un figlio piccolissimo, una festa tipicamente “di famiglia”, non può non comportare fatica. Ho imparato a gestirmela e a rifugiarmi nel silenzio del mio Presepe (2 metri x 0.70=, retaggio “in grande” dei miei Natali d’infanzia. I regali per me quindi, anche se non sono mai del tutto spariti, non rappresentano il “mio” Natale da tanto tempo. Quest’anno però è stato speciale.

Al di là della famiglia, ci sono persone, amici cari, con i quali vi è l’abitudine di fare un piccolo festeggiamento e scambi di presenti, a volte simbolici, a volte simpatici, a volte entrambi: un modo come un altro per manifestare affetto e attenzione. Quest’anno un’amica recente, ricevuta in eredità positiva da un’esperienza di lavoro con una persona di famiglia, mi ha regalato un profumo e… “il Sasso della Fede”: un sassolino di plastica trasparente contenente “il granello di senape”, così piccolo che quasi non si vede, ma che se fosse la misura della nostra fede, sarebbe sufficiente a muovere le montagne. Un promemoria.

Lei non è cattolica praticante e recentemente abbiamo avuto scambi circa la sua esperienza col buddismo, comune anche ad una delle mie migliori amiche: in questo momento non so se e cosa pratica, ma è certamente una persona che attrae per via delle sue numerose qualità, da quelle “laiche” come l’intelligenza acuta, la cultura o la simpatia, a quelle “morali” come la correttezza, la gentilezza, l’attenzione al prossimo e la generosità, per dirne alcune.

Non ci frequentiamo molto, ma esiste un filo rosso di affetto e di stima che, a dispetto delle vite diverse e della distanza, ci tiene unite. Lei quest’anno mi ha fatto il regalo più bello e lo scoprirà tramite questo scritto. Al di là di un profumo, mi ha donato questo “Sasso della Fede”. La scorsa estate è stata in vacanza in California e si è recata in visita ad una delle “missioni” religiose presenti su quel territorio: ammetto che per me si tratta di posti appartenenti al mondo della fantasia, film western, Zorro, oltre che ambientazione di alcuni episodi dei fumetti poco femminili e molto coinvolgenti di Sergio Bonelli (Zagor e Tex) che han nutrito la mia infanzia. Entrando nel negozietto dei souvenir ha trovato questo sasso di plastica che l’ha fatta pensare a me e sorridere: essendomi vicina nella mia avventura imprenditoriale, in cui è sempre necessario mantenere un alto tasso di “fede” e sapendo che, se pur a modo mio, m’impegno in un cammino religioso, ha creduto che fosse il regalo giusto per me. Per lei è stata un’idea simpatica, un gesto di incoraggiamento, qualcosa cui sapeva che io – per come sono fatta e per come vivo la mia vita e la mia attività – avrei dato comunque un certo valore.

Per me in realtà è stato bellissimo, e ancora oggi dico che è stato il regalo più bello, e me lo conservo e curo come “il mio tesssssoro”.

Qualcuno recentemente ha commentato su questo blog che l’animo umano è perennemente inquieto, e continuare a verificare – ogni giorno – quanto questo sia drammaticamente vero, mi debilita.

Io la Provvidenza divina la conosco, e pure da un po’ di anni: quasi 20 anni fa ho vissuto talmente tanto i frutti del suo agire, che alla fine dell’estate avevo la sensazione di averle stretto la mano, di averla conosciuta di persona. E ancora oggi, non più tardi di ieri sera, mi ha guardato le spalle in una brutta situazione che non potevo prevedere, e ha sistemato il problema prima che io potessi anche solo vederlo.  E’ così sempre, e mi rendo conto che pian pianino la fiducia, la fede per cui “omnia in bonum” sgomita dentro di me e cerca faticosamente di farsi spazio, MA….sono e mi sento talmente fragile e volubile, che a volte mi sento pure tonta.

Ma com’è possibile che io ancora vacilli?

Cosa deve fare il buon Dio perché io viva in pace, fiduciosa e senza paura?

A volte mi sento un caso disperato! Certo capisco quegli ebrei che ai piedi del Sinai, nonostante gli effetti ultraspeciali del mare aperto e richiuso, le piaghe d’Egitto e la colonna di fuoco, finiscono ancora per dubitare di Lui, e si costruiscono il vitello d’oro da adorare, un idolo che risponda alle loro aspettative e al loro modo limitato di vedere le cose. In passato tendevo con arroganza a giudicare la loro stoltezza, ora invece vedo la trave nel mio occhio.

Sì, nonostante tutto vacillo, in un modo da farmi venire da sola il mal di mare e non ce n’è, sono fragile: ogni giorno ho prova della Provvidenza divina e ogni giorno tremo di paura per le incertezze della vita. Ed è per questo che quel “Sasso della Fede” è il più bel regalo che potessi ricevere: perché in qualche modo e in qualche angolo recondito del mio essere la Fede, quella solida e granitica esiste, ma è sotterrata da un mare magnum di tutt’altro che non amo descrivere e che fatica ad avere la meglio. Quando però il mio occhio cade sul sasso, oppure le mie mani scivolano in tasca e lo sentono, è come una scarica di adrenalina, un lampo di luce: è come se nel buio delle mie paure, quell’attimo di luce offerto dal fulmine mi restituisse orientamento e quindi forza. E’ come se mi ricordassi chi è Dio, che mi ama e che vuole il mio bene, a prescindere da ciò che mi sembra; il Sasso della Fede ridà vita a quella Fede in embrione, forse piccola come un diamantino, ma resistente, almeno sembra. Purtroppo dura poco, sempre per via della mia fragilità, però in qualche modo funziona: avete in mente il gioco della Wii di “Mario Kart? Ovviamente quando mi è capitato di giocarci col figlio ero una schiappa senza speranza, e questo faceva sì che ogni due per tre scattassero i bonus-pro-schiappa: tra questi vi era una funzione per cui la mia macchinina per un po’ di secondi di gara diventava super-veloce e imbattibile, e faceva recuperare un po’ dello scarto, per dare una speranza di vittoria, o almeno di miglior posizionamento alla schiappa in questione. Ecco, quando mi arrivava quel bonus, ero felice, mi sentivo rinvigorita, mi teneva in pista e mi faceva resistere nel tentativo, almeno, di provarci a vincere: grazie a quel bonus non mollavo, insistevo e sì, un po’ contribuiva a farmi divertire, nonostante la mia incapacità cronica. Quel bonus faceva felice anche mio figlio, che poteva sperare di vedermi accettare altre sfide e quindi di giocare insieme.

Ecco, il “Sasso della fede” funziona così: mi fa bene! Mi fa restar sul pezzo! Sostiene la mia fragilità cronica! Mi fa andare avanti, nonostante tutto!

Che Dio benedica la mia amica!

E lo apprezzo ancora di più perché arrivato a me tramite vie traverse: non tramite il mio DS (direttore spirituale) o qualcuno di “pio e devoto”, ma tramite un’outsider, una persona che forse è più vicina al buddismo che alla Chiesa Romana  Cattolica. Ma chissenefrega! Anzi…somiglia più ad un bigliettino passato sotto banco dalla compagna di classe, di nascosto dai professori, quel gesto di amicizia che ti salva da un 4 sparato! Forse lei lo ha fatto senza rendersi conto del significato che avrebbe avuto per me, ma questo – anche questo – è un gesto della Provvidenza, e la mia amica è stata un suo strumento inconsapevole. Lei ultimamente, per motivi suoi, sente il peso della solitudine e ha la tentazione di sentirsi inutile: spero che leggendo queste parole riesca a sentire invece quanto il suo esserci è prezioso. Certamente lo è per me. Il suo “Sasso della Fede” è il più bel regalo ricevuto lo scorso Natale e lo porterò con me per sempre. Io per tentare di vincerla sta vitaccia, ho bisogno del bonus-pro-schiappa! That’s it!

 


Radicata a Milano, ma cittadina del mondo. Prima di tutto sono mamma, purtroppo single da quasi subito. Contrariamente al mio sogno di essere moglie e madre di una famiglia numerosa, la vita mi ha costretta a diventare capo-famiglia single, una professionista e ora pure imprenditrice. Da sempre svolgo lavori di “servizio alla persona” e, al di là dei più diversi ambiti professionali così attraversati, il comun denominatore è che mi appassiono al cuore delle persone che incontro, alla loro storia e al loro vissuto. Per me la scrittura è introspezione e il confronto è crescita. Amo definirmi devota miscredente perché il mio cammino è strano: a gambero, a zig-zag, non scontato, non sempre ligio, in ricerca, nel quale però cerco sempre di avere onestà intellettuale.