Articoli / Blog | 25 Febbraio 2018

Blog – Ma il Vangelo, Salvini, dice di non giurare. E di compiere opere

In un comizio elettorale in Piazza Duomo a Milano, Salvini giura sul Vangelo: peccato che così facendo mostri di non conoscerlo bene. Perché, proprio nel Vangelo, Gesù dice di non giurare. Su nulla. “Ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”. (Mt 5, 35-37). Siamo creature e già le promesse non le manteniamo, figurati i “ti giuro”. Se Salvini fosse cristiano saprebbe che altre sono le parole che un politico discepolo di Cristo dovrebbe avere per guida. Sono quelle in cui Gesù dice che chi non vuole credere alle sue parole è libero di farlo però, almeno, dovrebbe riconoscere la verità dei fatti, delle opere compiute. “Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere (Gv 10, 37-38). Parole, queste sì, che qualsiasi popolo vorrebbe fossero prese sul serio dai propri leader politici.
Come può Salvini aggrapparsi a Vangelo e Rosario quando Gesù ha detto chiaro e tondo di non confondere Dio e Cesare, politica e religione? Perché se è grave quando la Chiesa porta il volto di Cesare nei propri templi, è gravissimo che lo Stato o suoi esponenti giurino sul Vangelo per raccattare qualche voto in più e prendano il Rosario in mano per fomentare una fazione contro un’altra.
Ciò non significa che un cattolico non debba portare in politica i valori di cui è convinto ma dovrebbe farlo rendendosi “invisibile”, comportandosi laicamente, facendo parlare i fatti e in modo tale che, attraverso essi, le idee cristiane di cui è autonomamente convinto si facciano strada nella maggioranza che decide. Non attraverso giuramenti inopportuni ma attraverso la forza dell’attrazione, della testimonianza, del dialogo con chi, non importa se credente o no, se cattolico o no, costruisce insieme a lui il bene comune.
L’iniziativa di Salvini a Milano mi scandalizza – e non per nulla l’arcivescovo Delpini l’ha sconfessata – perché ripropone, davanti al sagrato di una cattedrale così importante e maestosa, la scena delle bancarelle nel Tempio di Gerusalemme che Gesù manda all’aria con ira. Non si può fare commercio della fede, strumentalizzarla, usare Vangelo e Rosario non come strumenti di preghiera e di unione quali sono, ma come armi di divisione al servizio del potere di un partito, proprio non si può. Con Dio la mano destra non deve sapere cosa fa la sinistra. Ciò che è dentro il cuore deve essere aperto e leggibile solo a Dio. Ogni nostro sì, come quello di Maria, deve essere pronunciato a bassa voce, nel nostro quotidiano e farsi testimonianza di vita attraverso la realtà dei fatti della vita quotidiana. Senza urla e giuramenti ma con i fatti. Quelli che perfino Gesù, con umiltà infinita, ha chiamato a propria testimonianza. Lui era la Parola incarnata e poteva bene a ragione chiedere di credere alle sue parole e invece ha preferito dire: guardate ai miei fatti, alle opere che compio.

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