
Le Lettere di Gavina Masala – C’era una volta una madre. La corte costituzionale: no alla maternità surrogata, sì all’interesse del minore
Questa storia inizia così: c’era una volta una madre, poi una madre e poi ancora una madre; e c’era una volta un bambino. La vicenda di cui scrivo è complicata ed è al centro delle cronache di questi giorni, provo a spiegarla: una coppia eterosessuale di Milano era andata in India per avere un bimbo, attraverso la maternità surrogata, poiché la futura mamma aveva contratto un tumore che le avrebbe impedito di rimanere incinta e di affrontare la gravidanza. I coniugi dunque hanno deciso di affidare il gamete della mamma a una donna indiana, il bimbo era stato concepito col seme del padre biologico, marito della donna impossibilitata a concepire. I neogenitori a quel punto sono tornati in Italia e hanno chiesto la trascrizione dell’atto di nascita del neonato, che per la legge indiana era figlio dei genitori italiani, non così invece per la legge italiana che vieta la maternità surrogata. Il caso viene segnalato dall’Ufficio trascrizioni alla Procura della Repubblica e il Pubblico ministero chiede a questo punto che il bimbo venga tolto ai genitori (la coppia milanese), mentre i genitori parallelamente ottengono la trascrizione del certificato. Il bimbo allora viene dato in adozione ma al test del DNA risulta figlio della coppia e la legge italiana lega la maternità al parto… Ad aggiungere complessità su complessità, la donna che lo ha avuto in adozione ne reclama la maternità e si rivolge alla Corte costituzionale, che si pronuncia confermando l’illiceità della maternità surrogata in Italia ma chiamando altri giudici ancora a pronunciarsi su quale sia il bene del bambino, da conciliare col principio di verità, pronunciandosi come segue: «L’imprescindibile presa d’atto della verità» da parte dei tribunali non fa venire meno l’interesse del bambino, e quindi la madre non genetica non può essere disconosciuta (né riconosciuta) in automatico.
I giudici costituzionali così non si decidono se la genitorialità di quel bambino vada sempre tolta o sempre lasciata alla madre «intenzionale» che lo ha cresciuto (ma non ha legami genetici con lui), ma affermano che i tribunali nel decidere sulla questione devono sempre valutare se far prevalere l’interesse alla verità o l’interesse del minore. Non ho giudizi nè soluzioni, ma tant’è: c’è un bimbo con tre madri (biologica, surrogata e de facto), conteso da due di queste, che dire a quella creatura a questo punto della storia? Beh, io prego (forse sogno) che gli si dica che è figlio di Amore, di tanto amore, forse troppo. Se lui chiedesse allora cosa l’amore sia, i bimbi hanno la prerogativa di ricercare l’essenza delle cose, vorrei gli si spiegasse che l’amore è quella cosa che ognuno dona come può quando può; vorrei gli si spiegasse che probabilmente la sua mamma biologica, stretta da un cancro e minacciata nella sua speranza di vita voleva con tutta se stessa la sua nascita, voleva sentire che qualcosa di sè sarebbe continuato anche quando lei non ci sarebbe stata più, che certe cose ti mettono dinanzi il senso della vita, che finisce, sempre. Vorrei gli si spiegasse che per questo la donna ha sfidato tutto e tutti, perfino la legge e il raziocinio, che l’amore questo fa: sfida un limite. Vorrei che sapesse che la sua mamma adottiva è quella che lo ha amato nella realtà, che dunque non ha nulla di più nè di meno rispetto alle altre, anzi è quella che ha dell’amore la parte meno ideale e più reale, ovvero la pratica: i pannolini da cambiare, le maestre da sopportare, i nonni da gestire, il raffreddore quando tutto è pronto per partire, anche qui: quanto amore! E poi c’è la mamma surrogata, che lo ha portato in grembo, quella che durante la vita intrauterina, sempre più valorizzata dalla scienza, magari lo ha stretto o gli ha parlato o lo ha protetto da qualcosa o qualcuno. Chissà.
Insomma vorrei che da questa vicenda non fosse espunto l’elemento fondamentale che unico e solo può favorire un buon discernimento: l’amore. Sono convinta che definire l’amore sia impossibile perchè non è concetto, ma atto, prassi, azione dunque non ho soluzioni pratiche da dare, a questo penseranno i tribunali, ma ho punti da sollevare, perchè se una cosa possiamo fare è essere all’erta rispetto ai segni del tempo. E mi sembra che questo tempo ci dica che l’uomo moderno sia confuso, ma desideroso di amare come può – come sempre – da che il mondo è mondo.
Giovane mamma e moglie, scrivo per capire. Ho una formazione internazionale, da settembre 2015 ho intrapreso un secondo corso di studi in filosofia, presso un ateneo pontificio. Parlo tre lingue, mi interesso soprattutto di relazioni internazionali e di religioni: cerco di vedere come la prospettiva cristiano – cattolica possa aiutare a convivere pacificamente. Ha un suo blog personale