Blog – Fernando Ocáriz, il Padre, con la gente di Roma
Da meno di un anno, per noi dell’Opus Dei e dintorni, Mons. Fernando Ocáriz è diventato Padre e sta facendo quanto può per conoscere personalmente i suoi figli. A fine estate era stato a Milano e ora, il 2 e il 3 dicembre, si è concentrato su quelli di Roma, incontrando molti di noi nella palestra dell’Elis, dove io abito. Lasciando alle fonti ufficiali i racconti dettagliati, riassumo brevemente quello che ho visto e sentito.
Ciò che più mi ha colpito sono le prime parole che ha detto: “sono felice d’essere con voi”. Parole abusate, trite e ritrite, ma che nessuno ha sentito come di cortesia o di circostanza. Dentro di me sono risuonate come il celeberrimo “fratelli e sorelle buonasera” detto da Jorge Mario Bergoglio la sera della sua elezione. Anche quelle del Papa erano parole qualsiasi, trite e ritrite, ma lui, con la sua autenticità, era riuscito a farle rinascere e a renderle di nuovo capaci di trasmettere l’augurio della vita buona, della sera buona, ai fratelli e alle sorelle.
Ocàriz, il Padre da adesso in poi, fa lo stesso. Più in piccolo, ovviamente, non urbi et orbi, solo qualche migliaio di persone divise in gruppetti per facilitare l’intimità – quella possibile non quella irrealizzabile – ma dette davvero anche se con poca voce: perché se parli per due giorni ininterrottamente, alla fine hai poca voce. Chi si aspettava di più e rimane deluso provi, se riesce, a trasmettere qualcosa di particolare a qualcuno che non ha mai visto pronunciando parole usate ed abusate. E, magari, provi a immedesimarsi nello sforzo di una persona che ha passato in ufficio, da studioso, tra carte, libri e professori, gran parte della sua vita, e che si trova, d’un tratto, a dover vivere sotto i riflettori, nonostante la sua evidente ritrosia.
Il secondo particolare è che il Padre fa quello che gli si dice. Durante gli eventi ci sono mille particolari pensati dagli organizzatori che al protagonista possono sembrare, per la gran parte, superflui e ridicoli. Molti che ci si trovano coinvolti, soffrono quelle mille disposizioni, quel continuo “si fermi qui”, “saluti Caio”, “dica una parola a Sempronio”, “qui c’è Tizia con un regalo”. Il Padre invece sorrideva e faceva, cercava di obbedire. Semplicissimo se lo fai una volta: impossibile se lo devi fare per due giorni. Il Padre c’è riuscito. E noi ce ne siamo accorti.