L’Angolo del teologo – Corpo di Cristo e Corpo della Chiesa
La chiamiamo solennità del Corpus Domini, il Corpo del Signore. Nella nostra mente si fa avanti immediatamente la festa dell’Eucaristia, le processioni che la vedono sfilare per le vie di città e paesi con le mille sfumature con le quali la devozione popolare ha arricchito questa festa, dalle infiorate agli stendardi ricamati. Una festa per rimettere al centro l’Eucaristia: nacque con questo significato nella seconda metà del XIII secolo, a seguito delle visioni di una monaca di Liegi, Giuliana di Retine, diffusasi poi in tutta la cristianità con la bolla pontificia di papa Urbano IV.
Una festa per rimettere al centro della nostra vita il Corpo del Signore che tocchiamo nel sacramento e viviamo nella Chiesa. Perché l’una e l’altra sono il Corpo del Signore e in questa solennità entrambe si rendono visibili in maniera eminente.
Quelle immagini dell’ostensorio portato per le vie delle città ci fanno ricordare ciò gli Atti degli apostoli ci raccntano di Gesù: che passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo (Atti 10,38). Gesù che passa nelle nostre strade per portare benedizione: forse dovremmo soffermarci di più a guardare che per quelle strade ci siamo anche noi. Stare in piedi davanti all’eucaristia, diceva Benedetto XVI, ci aiuta a riscoprirci chiesa, corpo Di Gesù. Un corpo che si raccoglie e si rende visibile, non ha importanza da dove veniamo: possiamo essere ricchi o poveri, sapienti o ignoranti, buoni cristiani o peccatori incalliti, siamo tutti lì dove, guardando a Lui, riscopriamo il volto del fratello che ci interessa e ci riguarda perché è il medesimo corpo che siamo noi. Il senso duraturo dell’Eucaristia lungo la storia è stato anche questo: raccogliere, abbattere barriere e radunare gli uomini in una nuova unità.
La festa però ci ricorda anche che radunarsi non è sufficiente: occorre procedere. Cioè mettersi in processione: occorre riscoprire in noi l’animo del viandante o del pellegrino che sempre cammino verso una meta. La meta certamente è l’Amore di Dio che ci costituisce, ma la meta è anche il volto del fratello che mi cammina accanto. Questo è possibile solo se lasciamo che sia Lui la nostra misura, il ‘come’ dell’amore che si è reso visibile nel mistero della Pasqua. Andare verso di Lui e andare con Lui, andare verso l’altro andare con l’altro! Solo così è sostenibile il pellegrinaggio della vita di ciascuno di noi.
Alla fine di questo procedere ci si inginocchia e si adora. L’uomo inginocchiato è l’uomo che scopre che c’è Qualcuno più grande di lui, che riconosce il suo essere creatura, ma è anche l’uomo che si ferma in quell’adorazione silenziosa che nessuno può varcare, il segreto di ognuno di noi quando è con il suo Signore. Solo in questo profondo atto di adorazione scopriremo che possiamo incontrarlo proprio lì dove Lui si è già chinato: ai nostri piedi come ci narra il Vangelo di Giovanni. Ma in fondo nella nostra stessa umanità, nell’umanità del fratello che Egli ha voluto assumere.
Allora sarà festa, la festa del Suo Corpo e del nostro esser Corpo!
Cerbiatto