Blog / Don Sergio Fumagalli | 09 Giugno 2017

Le Lettere di don Sergio Fumagalli – Basta non far male agli altri?

“Ognuno deve essere libero di fare qualsiasi cosa, purché non faccia del male al prossimo”.
Spesso sui media, e anche su questo blog, viene proposta come unica morale ragionevole quella condensata nella frase riportata sopra. Evidentemente questa proposta ha le sue ragioni, ma è fortemente deficitaria sia rispetto alla legge civile, che, soprattutto, rispetto al Vangelo.
Riguardo alla legge civile, la salvaguardia del bene comune non può essere ridotta alla regola di non danneggiare il prossimo, altrimenti perderebbero di senso: le tasse, i doveri civili, i limiti all’uso arbitrario della proprietà, ecc… tutte cose che prescrivono azioni utili e necessarie per il bene comune, la cui omissione, pur non recando alcun danno diretto al prossimo, sarebbe un’ingiustizia per il bene della società.
Venendo invece alla teologia morale, fondata sulla Sacra Scrittura, che giudica la bontà delle azioni dell’uomo alla luce della fede e della ragione, essa distingue diversi tipi di azioni, sia esterne che interne: pensieri, desideri, omissioni, parole, opere. Il fine della morale è quello di valutare il valore delle azioni, per il conseguimento della felicità propria e altrui, in coerenza con la dignità della persona umana.
Nel Vangelo, Gesù stesso ci parla di peccati di pensieri , di desideri e di omissioni, per cui il solo criterio di non far del male agli altri è molto inadeguato: nella parabola dei talenti, l’ultimo servo che aveva ricevuto un solo talento non ha fatto niente di male; nella parabola delle vergini, le vergini stolte sono state solo distratte, senza far male a nessuno; il ricco che aveva avuto un buon raccolto e voleva costruire nuovi granai, non ha fatto niente di male al prossimo; il ricco epulone banchettava tutti i giorni e vestiva con lusso, ma … si faceva i fatti suoi; anche il figliol prodigo in fondo ha speso nei divertimenti solo la sua parte di eredità: non poteva fare ciò che voleva con i suoi soldi? D’altra parte anche lo spendere tutti i soldi in prostitute, se l’unica morale fosse non fare del male al prossimo, non sarebbe un male, perché entrambi hanno avuto il loro interesse, l’uno il piacere e l’altra i soldi.
Gesù dice inoltre di non guardare una donna sposata, per desiderarla, per non commettere adulterio con lei nel cuore: non c’è alcun danno immediato a nessuno … e potrei continuare con altri esempi.
Avendo come fine la vera gioia e la vera felicità dell’uomo, la morale cristiana, che non coincide con l’obbligatorietà di una legge civile, indica di perseguire il bene pieno della persona, in armonia con il proprio essere, per questo la temperanza insegna a moderare gli appetiti sensibili per essere capaci di valutare correttamente e ordinare i diversi beni, senza esagerazioni immotivate, per essere capaci di amare anche quando questo costa fatica.
Per questo la morale cristiana valuta negativamente ciò che è pura ricerca di un piacere, se ad esso non segue alcun bene per la persona (e più in generale neanche per gli altri), perché questa ricerca del piacere in se stesso è degradante per la dignità della persona. A questo si può aggiungere che l’intemperanza porta con sé conseguenze nella vita della persona che forse non si mostrano immediatamente dopo ogni atto, ma prima o poi si manifestano in comportamenti cattivi.