Tempi – La lezione del “maestro Tanino”, che non aveva paura di trattare tutti come se fossero intelligenti
Sergio Fenizia ci segnala questo suo articolo pubblicato su Tempi
Caro direttore, uomini che scelgano per passione di fare i maestri di scuola primaria sono una rarità.
La notte di domenica 28 maggio, in seguito a un infarto, ci ha improvvisamente lasciati il “maestro Tanino”, come veniva chiamato Gaetano Lucchesi, noto a Palermo anche per essere stato tra gli iniziatori della scuola Faes Altavilla.
Alcuni colleghi lo prendevano bonariamente in giro chiamandolo “il maestro dei maestri”, per la sua propensione a stimolare costantemente gli altri con riflessioni profonde e sagge su aspetti centrali del lavoro scolastico o con la proposta di letture significative che selezionava con cura, e che ti lasciava sulla cattedra o ti metteva in tasca, in base alle esigenze di ciascuno. Se qualche volta poteva sembrare che esagerasse, era comunque sempre per amore della cultura e della verità che si attivava.
Anche se non immaginava una morte così repentina, da tempo si teneva pronto al suo incontro finale con Dio, attraverso una vita di servizio agli altri e di impegno per la propria famiglia, per i propri amici e colleghi, per i propri alunni.
Questi ultimi, dopo sua moglie e i suoi tre figli, hanno sempre occupato un posto speciale nel suo cuore. Li ricordava tutti e rimaneva in contatto con molti. Proprio il 27 maggio, aveva trascorso la serata con quelli della sua prima classe – era il 1984 – e le rispettive famiglie. Si erano riuniti per festeggiare la prima Messa solenne celebrata da uno di loro, novello sacerdote, don Luigi Vassallo. Una foto, che lo ritrae in quelle ore con lui e con altri due, ormai giovani papà, mostra il volto sorridente di un vecchio maestro felice per i frutti del proprio lavoro. Un lavoro attraverso il quale ha sempre cercato di prendersi cura del corpo e dell’anima, dell’intelligenza e del cuore di chi gli era affidato. Un vero educatore, quindi. Uno di quelli che sa che la pura istruzione non esiste. Che ogni azione umana non è mai neutrale, ma ha sempre una valenza educativa o diseducativa. Che la trasmissione del sapere ha valore solo se realizzata in una cornice di senso che renda ogni persona più umana.
Tanino Lucchesi, era originario di Siculiana, nell’Agrigentino. Aveva poi trascorso l’infanzia e la giovinezza all’Arenella, una borgata di pescatori alle falde di quel Monte Pellegrino, noto per il santuario di Santa Rosalia, patrona della città, dove il tam tam della notizia della sua dipartita si è diffuso in un baleno tra tanti amici di gioventù che lo ricordano con gratitudine e affetto.
Non mancherà l’occasione di tratteggiare in futuro alcuni aspetti della sua figura professionale, a beneficio della scuola italiana e di chi si occupa di educazione. Al momento basti segnalare un criterio che il maestro Tanino seguiva sempre nel suo lavoro e che ha dato molti buoni risultati in ciascuno dei ragazzi che hanno avuto la fortuna di esserne allievi. Trattava tutti come se fossero molto intelligenti. Proponeva mete alte a ciascuno dei suoi alunni, anche a quelli meno intuitivi, meno rapidi, meno “portati” per lo studio. Ed era commovente vedere bambini, anche piccoli (quando prendeva le prime classi), anche con difficoltà di apprendimento (che non sono mai mancati nelle sue classi), applicarsi con il massimo impegno alla soluzione di problemi di aritmetica, o di geometria, o di logica della lingua.
Era il suo stile: proporre mete alte a tutti, e poi essere molto benevolo nel giudicare ciascuno. E tutti erano fieri di questa fiducia che li rendeva più uomini. Con lui, anche se i voti potevano essere bassi, nessun compito “andava male”, nessuna risposta era “sbagliata”, perché il maestro Tanino aveva il dono di fare sentire tutti importanti e intelligenti. Anche me.
Sergio Fenizia