Le Lettere di don Sergio – Una morale fondata sulla realtà
Con questo articolo, intendo cominciare una serie di interventi su temi di morale. Lo farò come potrebbe farlo un qualsiasi sacerdote, poiché ci tengo a ribadire che in questo blog sono ospitato come una persona qualunque, ed il titolo dato a questa sezione non l’ho scelto io, non essendo né professore di alcuna facoltà di teologia, né dottore in teologia morale. Inoltre, anche se spesso in questo blog vengono scritti articoli che io riterrei molto discutibili, se non apertamente contrari alla fede cattolica, non è di mia competenza intervenire anche se saltuariamente lo faccio.
Ritengo necessario affrontare un poco per volta le diverse questioni di morale, perché mi sembra importante cercare di chiarire bene i concetti che vengono utilizzati in questa parte della teologia, perché alcune parole possono essere mal interpretate a motivo dei significati che possono aver assunto in ambito letterario o anche nell’uso comune, e che possono discostarsi non poco dal significato che si attribuisce loro in questa scienza.
Sarebbe anacronistico insegnare la teologia morale solo alla luce della Sacra Scrittura, poiché con il passare dei secoli essa è stata arricchita dalla riflessione di tanti teologi, che hanno interpretato i passi della Sacra Scrittura alla luce anche della ragione, ed essa costituisce un corpo dottrinale nel quale ci sono insegnamenti molto consolidati e ritenuti per certi, con l’assistenza dello Spirito Santo, dal Magistero della Chiesa, accanto ad altre questioni secondarie lasciate tuttora alla discussione dei teologi.
La morale che da molti secoli è fatta propria dal Magistero della Chiesa non è una morale del dovere, o dell’imperativo categorico della legge, ma è una morale che si fonda sull’essere, sul capire prima “chi è” l’uomo, per poter poi valutare quali siano le azioni che lo rendono felice, perché l’azione buona è quella che procura all’uomo un bene ed una felicità che siano un arricchimento del suo essere.
Per questo alla base della morale c’è l’antropologia che si domanda come sia fatto l’uomo, quali bisogni abbia, quali facoltà possieda, quali siano le aspirazioni giuste che possa avere e quale sia il fine ultimo della sua vita.
Il Catechismo della Chiesa cattolica riassume in questi tre punti (1703-1705) la sua visione dell’uomo:
“Dotata di un’anima spirituale ed immortale, la persona umana è in terra « la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa ». Fin dal suo concepimento è destinata alla beatitudine eterna. La persona umana partecipa alla luce e alla forza dello Spirito divino. Grazie alla ragione è capace di comprendere l’ordine delle cose stabilito dal Creatore. Grazie alla volontà è capace di orientarsi da sé al suo vero bene. Trova la propria perfezione nel cercare e nell’amare il vero e il bene. In virtù della sua anima e delle sue potenze spirituali d’intelligenza e di volontà, l’uomo è dotato di libertà, « segno altissimo dell’immagine divina ».”
Quindi, intelligenza per aspirare ad una conoscenza vera, volontà per cercare ed amare il vero bene e libertà che orienta i desideri e non è schiava di ciò che “sente” spontaneamente, ma ha “normalmente” la capacità di giudicare e discernere ciò che “esce dal suo cuore”.
Don Sergio Fumagalli è nato nel 1957 ed è diventato presbitero il 21 maggio 2005. Attualmente è vicario nella Parrocchia di San Giovanni Battista in Collatino a Roma. Ha un suo sito
Ricordo che anche per “L’angolo del teologo” vale ciò che vale per ogni Lettera, e cioè che l’autore è l’unico responsabile di quanto ha scritto.