Padre Sosa, il generale dei gesuiti – Le parole di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio sono da discernere
…. ai tempi di Gesù non c’era il registratore! Ampia intervista al gesuita venezuelano padre Arturo Sosa, ‘papa nero’ da quattro mesi, sulle novità portate nella Chiesa dall’ elezione di Papa Bergoglio, gesuita e argentino. La ‘conversione’ della Chiesa latino-americana, missioni e proselitismo, ‘cantiere aperto’, resistenze, fondamentalismo, discernimento, dottrina, parole di Gesù, situazione in Venezuela…
A dodici anni di distanza eccoci di nuovo a Borgo Santo Spirito per un’intervista al Generale dei Gesuiti, il “papa nero”. Nell’ampio studio, che ora è ricco di simboli latino-americani, non ci accoglie più l’olandese d’origine e libanese d’adozione Peter-Hans Kolvenbach (Generale dal 1983 al 2008, spentosi a Beirut nel novembre scorso), ma il venezuelano Arturo Sosa, a capo della Compagnia di Gesù da quattro mesi e successore dello spagnolo Adolf Nicolás. Sessantottenne, laureato in filosofia e in scienze politiche, è uno dei sei figli di un economista, avvocato, impresario e banchiere che fu a due riprese (1958 e 1982-84) ministro delle finanze venezuelano. Entrato nella Compagnia nel 1966, fu ordinato sacerdote nel 1977 ed è stato provinciale venezuelano (con simpatie per Hugo Chavez) dal 1996 al 2004. Eletto come consigliere generale dell’Ordine nel 2008, dal 2014 è a Roma come responsabile delle case e istituzioni gesuitiche nella Città Eterna. Dal 14 ottobre scorso è il trentunesimo Generale dei gesuiti, il primo non europeo. Grande cordialità, un sorriso simpatico e fors’anche un po’ briccone, vediamo quel che ha da dirci…
Padre Sosa, incominciamo con uno sguardo generale sulla Chiesa prima di passare a parlare di Lei. Da quasi quattro anni la Chiesa cattolica ha come timoniere un gesuita latino-americano e da quattro mesi la Compagnia di Gesù è diretta da un gesuita latino-americano. Soffermiamoci dapprima sulle caratteristiche di novità portate da una Chiesa guidata da un gesuita…
La novità è grande, poiché mi sembra che mai il Fondatore o i gesuiti abbiano covato questa idea in testa. Neppure il gesuita Jorge Mario Bergoglio. Tradizionalmente la Compagnia di Gesù cerca di rendere un servizio alla Chiesa non da un punto di vista gerarchico, ma secondo un’altra ottica: pastorale, intellettuale, educativa. Lo fa in posti e momenti speciali. I gesuiti che sono anche vescovi, rendono questo servizio su richiesta diretta della Santa Sede e in posti in cui altri non vogliono andare o in cui regna una situazione speciale.
NELLA CHIESA UNA “SITUAZIONE SPECIALE” -Intende suggerire che oggi nella Chiesa regna una ‘situazione speciale’?
Perché un gesuita divenga papa ci dev’essere per forza una situazione speciale. E’ stata la Chiesa a chiedere questo. Per di più l’ha chiesto a un gesuita anziano, alle soglie del pensionamento: e anche questo è un aspetto singolare.
Un gesuita latino-americano…ulteriore novità che riguarda contemporaneamente anche la Compagnia di Gesù…
Questo è un papa che, come me, viene dalla Chiesa latino-americana. Io sono entrato in Compagnia proprio quando si stava concludendo il Vaticano secondo. Il noviziato l’ho finito nel 1968, al momento della Conferenza generale di tutti i vescovi latino-americani a Medellin, aperta da Paolo VI. La nostra elezione è certo un segnale che in questi cinquant’anni la Chiesa latino-americana ha saputo concretizzare seriamente il Concilio, essendosi convertita a tutti i livelli…
La Chiesa latino-americana aveva bisogno di una conversione completa?
La conversione era richiesta dal Vaticano secondo a tutti, con modalità diverse a seconda del proprio servizio nella Chiesa. Ad esempio ai religiosi è stato chiesto di tornare ad abbeverarsi alle loro fonti spirituali. In generale alla Chiesa è stato chiesto di aprire le finestre, far entrare aria fresca, scoprire i cambiamenti del mondo cercando di considerarli seriamente. E’ così che la Chiesa latino-americana ha incominciato a confrontarsi con convinzione con la realtà veramente sconvolgente del continente, una realtà che ancora oggi è dirompente in una situazione in cui la differenza tra ricchi e poveri è la maggiore nel mondo…
L’America latina non è però il continente più povero…
No, ma certamente è quello in cui la disuguaglianza raggiunge l’apice. Accanto a questa povertà c’è però la fede molto viva della gente…così variata e con tante esperienze di inculturazione. La Chiesa latino-americana dopo il Concilio ha preso un grande slancio ed è riuscita a convertire sia i suoi modi pastorali che le sue strutture sociali, con un’attenzione particolare all’evangelizzazione dei poveri. Lo dico con umiltà e anche un po’ d’orgoglio: sia papa Francesco che io siamo figli di questa storia, frutto di un lavoro non personale, ma collettivo che dura da più di cinquant’anni.
IL CATTOLICESIMO ‘IMPOSTO’ ALL’AMERICA LATINA -Intanto dobbiamo prendere atto che da alcuni anni si manifesta una numericamente sensibile erosione di cattolici che passano a sette protestanti, nell’America centrale, ma anche ad esempio in Brasile…
Per tentare di dare una risposta a questo fenomeno partirei da lontano. La Chiesa latino-americana nasce dal sistema coloniale: i colonizzatori erano cattolici e la conquista era fatta anche in nome della religione. Però ci si può chiedere quanto fosse veramente cattolica l’America latina conquistata, quanto profonde fossero le radici cattoliche in questa terra. Del resto le guerre d’indipendenza ottocentesche furono guidate in genere da personalità liberali, non di rado anche anticlericali; e il positivismo nel XIX secolo fu la filosofia più diffusa fra le élites del continente. D’altra parte nel cattolicesimo popolare era spesso forte l’influsso di elementi religiosi indigeni, quasi come se le divinità originarie fossero in fondo solo mascherate con nomi cattolici per poter sopravvivere in una società che aveva imposto il cattolicesimo come ideologia.
Se è imposto come ideologia, ha degli aspetti di fragilità…
Il Vaticano secondo ha chiesto di confrontarsi con la realtà del mondo, non nascondendola. E di condurre un’evangelizzazione vera, non un’evangelizzazione mirante ai numeri così da poter dire: “Questa nazione è cattolica”. In realtà, in quest’ultimo caso, tanti sono i battezzati per così dire non credenti, battezzati per costrizione sociale e non per scelta. La Chiesa latino-americana ha ormai superato questa fase storica. Oggi i cattolici sono di meno rispetto a un tempo, ma più convinti. Certo la sfida è enorme e la Chiesa è in concorrenza con altre entità che offrono risposte ai bisogni religiosi dell’uomo, non solo cristiane. Anche i musulmani sono in crescita…
Nel Messico…
Pure in Argentina e in diversi altri Stati. Però, lo ribadisco, oggi la Chiesa cattolica in America latina è più attrezzata per far fronte con coerenza alle sfide sociali, senza puntare ai numeri…. Parla forse di numeri il Vangelo?
Siate lievito…
E il lievito farà il suo lavoro. Non si tratta di contare i milioni di fedeli. E’ molto più importante se rendiamo un servizio di vera evangelizzazione, che cambia radicalmente le persone.
LE ‘REDUCCIONES’ ERANO MISSIONI, NON PROSELITISMO -Evangelizzazione… e qui ci ritroviamo a parlare di missione e proselitismo, termine quest’ultimo considerato molto negativamente da papa Bergoglio. Lei è latino-americano: le ‘reducciones’ gesuitiche del Settecento, immortalate più o meno fedelmente in un grande film come ‘Mission’, erano missioni o proselitismo?
Missioni…
Qual è la differenza?
Il contesto storico delle reducciones era quello coloniale, caratterizzato da una società in cui il proselitismo rispondeva alla necessità di sottomettersi al potere diventando cattolici. I gesuiti delle reducciones invece hanno puntato sulla conservazione della cultura indigena rafforzandola dal punto di vista socio-economico. Non era obbligatorio essere cattolici nelle reducciones: si faceva certo la proposta del Vangelo, non era un’imposizione. Non era dunque proselitismo, strumento di propaganda utilizzato dal potere per accrescere i propri numeri. La missione non pretende di azzerare le diversità culturali esistenti: non bisogna rinunciare alla propria cultura per farsi cristiano! Questa è anche la sostanza della grande battaglia di san Paolo contro l’imposizione della legge giudaica: noi non ci lasciamo schiavizzare, noi siamo stati liberati dalla Croce di Gesù. Dunque la legge, che è imposizione culturale, è superata.
LA CHIESA COME ‘CANTIERE APERTO’ – A proposito di legge passiamo a un altro capitolo molto controverso… in questi quasi quattro anni di Pontificato papa Bergoglio ha tenacemente perseguito il suo obiettivo di trasformare la Chiesa in cantiere aperto, sconvolgendo la segnaletica e abbattendo le barriere. Quanto è riuscito fin qui in questo suo intento?
Aggiungerei subito all’espressione ‘cantiere aperto’, “aperto a chi vuol discernere…”: chi entra nel cantiere deve essere preparato a discernere.
Ecco un termine oggi molto in voga, molto citato nel discorso ecclesiale: discernere, discernimento… Ma chi non è preparato a discernere, che fa? Non può entrare?
Anche lui è invitato a entrare e a imparare a discernere. Il discernimento fa parte della vita cristiana e matura con essa. L’ideale della vita cristiana è agire come Gesù, restando in contatto con Lui nella preghiera, nell’Eucarestia, condividendo la vita della comunità cristiana al servizio degli altri.
Si percepisce già il cambiamento auspicato e stimolato da papa Bergoglio oppure no?
E’ una questione anche di localizzazione non solo geografica. La mia percezione è che nel mondo meno clericalizzato l’agire di papa Francesco sia accolto come una buona notizia e cambi la vita: la Chiesa apre le finestre…
Che significa mondo ‘meno clericalizzato’?
Quello meno attaccato ai legalismi ‘farisaici’. Quando la legge si converte in culto, la figura del sacerdote si sclerotizza. La legge diventa allora uno strumento di potere, che annulla la libertà personale di scegliere il cammino cristiano.
E nel mondo ‘più clericalizzato’ che succede?
Si fa resistenza. Non è tanto questione di sacerdoti, ma anche di laici, a volte più clericali dei chierici…
In Europa ce ne sono tanti?
Sì, in Europa ce ne sono tanti, anche negli Stati Uniti e nell’America latina…Noi parliamo del fondamentalismo musulmano, islamico, ma non guardiamo il nostro…
FONDAMENTALISMO ISLAMICO E ‘FONDAMENTALISMO CATTOLICO’… – Ma, padre Sosa, non c’è magari qualche differenza piccola piccola tra il fondamentalismo islamico e quello che Lei definisce “fondamentalismo cristiano”? Di sicuro quello islamico si esprime attraverso gli attentati terroristici, preferibilmente in luoghi affollati. E si basa anche sull’interpretazione di diverse sure del Corano, oltre che sull’esempio dello stesso Profeta. Quello che Lei ritiene ‘fondamentalismo cristiano’ non si caratterizza certo per gli attentati terroristici…
Però i due fondamentalismi si possono paragonare nell’atteggiamento. E’ certo fondamentalista l’atteggiamento di chi critica radicalmente il Concilio Vaticano II, questo nuovo modo di essere Chiesa che oggi è incarnato dal magistero di papa Francesco…Dicono di essere più fedeli di lui al Vangelo…
A tale proposito c’è il cardinale Gerhard Ludwig Műller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che in un’ampia intervista al mensile cattolico “il Timone” di febbraio 2017 annota – a proposito di matrimonio – che “nessun potere in Cielo e in Terra, né un angelo né il Papa, né un concilio né una legge dei vescovi, ha la facoltà di modificarlo”. Osserva ancora il porporato tedesco: “Le parole di Gesù (NdR: in questo caso a proposito della sacralità del matrimonio) sono molto chiare e la loro interpretazione non è una interpretazione accademica, ma è Parola di Dio. ‘Fondamentalista cattolico’ anche Műller?
Intanto bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù… a quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito…
CHE COSA HA DETTO GESU’? NON C’ERA IL REGISTRATORE E IL VANGELO E’ SCRITTO DA ESSERI UMANI… – Ma allora, se tutte le parole di Gesù vanno esaminate e ricondotte al loro contesto storico, non hanno un valore assoluto…
Nell’ultimo secolo nella Chiesa c’è stato un grande fiorire di studi che cercano di capire esattamente che cosa volesse dire Gesù… capire una parola, capire una frase… le traduzioni della Bibbia cambiano, si arricchiscono di verità storica… Pensi un po’: per me, venezuelano, una stessa parola può avere un significato diverso se detta da uno spagnolo…Ciò non è relativismo, ma certifica che la parola è relativa, il Vangelo è scritto da esseri umani, è accettato dalla Chiesa che è fatta di persone umane. Sa che cosa dice san Paolo? Non ho ricevuto il Vangelo da nessuno degli Apostoli. Sono andato a trovare Pietro e Giacomo per la prima volta tre anni dopo la conversione. La seconda, dopo dieci anni e in quell’occasione abbiamo discusso di come va compreso il Vangelo. Alla fine mi hanno detto che anche la mia interpretazione andava bene, ma una cosa non dovevo dimenticare: i poveri…. Perciò è vero che nessuno può cambiare la parola di Gesù… ma bisogna sapere quale è stata!
NON SI METTE IN DUBBIO, SI METTE A DISCERNIMENTO… – E’ discutibile anche l’affermazione (cfr. Matteo 19, 3-6) “Non divida l’uomo ciò che Dio ha congiunto”?
Io mi identifico con quello che dice papa Francesco: non si mette in dubbio, si mette a discernimento…
…cioè si mette in dubbio, poiché il discernimento è valutazione, è scelta tra diverse opzioni…Non c’è più un obbligo di seguire una sola interpretazione…
No, l’obbligo c’è sempre, ma di seguire i risultati del discernimento. Non è una qualsiasi valutazione…
Però la decisione finale si fonda sul giudizio relativo a diverse ipotesi…Prende in considerazione dunque anche l’ipotesi che la frase “l’uomo non divida….” non sia esattamente come appare… Insomma mette in dubbio la parola di Gesù…
Non la parola di Gesù, ma la parola di Gesù come noi l’abbiamo interpretata… Il discernimento non sceglie tra diverse ipotesi ma si pone in ascolto dello Spirito Santo, che – come Gesù ha promesso – ci aiuta a capire i segni della presenza di Dio nella storia umana.
LA ‘FATICA’ DI SEGUIRE FRANCESCO – Padre Sosa, come già accennato ci sono non pochi cattolici (certo più di quattro gatti) che faticano molto a seguire certi insegnamenti e certi gesti di papa Francesco, oltre che le sue continue rampogne…Gli si rimprovera di creare confusione. Perché non riescono a seguire? Sembra che con papa Bergoglio vengano a mancare quei punti d’appoggio necessari in una società ‘fluida’ come la nostra; punti d’appoggio che fino a poco fa erano garantiti dalla Chiesa, per così dire ultimo bastione in un mondo secolarizzato…
Sì, è vero che non sono quattro gatti. La fatica di seguire Francesco si riscontra non solo in Europa e negli Stati Uniti, ma anche in America latina, dappertutto, in tutto il mondo. Però la funzione della Chiesa non è quella di essere un bastione contro la modernità…
…una modernità che calpesta i valori umani fondamentali. Basti pensare all’imposizione tramite massmedia e scuola di Stato (attraverso veri e tristi cavalli di Troia come la lotta contro il “bullismo” e la “violenza di genere”) di un’ideologia disumana come quella del gender, che mira a trasformare la persona in un individuo debole, senza identità, alla mercè di ogni burattinaio finanziario o libertario…
Però io ricordo il messaggio del Vaticano secondo: Noi dobbiamo imparare qualcosa dalla modernità. La Chiesa non è un bastione, si apre, cerca di capire, cerca di ispirare.
Cinquant’anni, al tempo del Vaticano secondo, non esisteva la minaccia concreta del totalitarismo gender, che avvelena i nostri figli, simile a un Isis occidentale… Mi incuriosisce il fatto che Lei abbia usato il verbo “ispirare” relativo all’azione della Chiesa…
Non l’ho fatto a caso, perché ho evitato accuratamente di usare il verbo orientare. La Chiesa non deve orientare, deve ispirare gli ambienti più diversi…
Se la Chiesa non deve orientare, quale stella polare devono mirare oggi i cattolici?
La stella c’è e si chiama Gesù di Nazareth, Gesù Cristo che ha dato la vita per tutti noi, i chiari, i confusi, i non credenti, i tradizionalisti e i progressisti…
Però non è facile tradurre Cristo nella convulsa e contraddittoria realtà odierna… come discernere, per utilizzare un verbo molto in voga?…
Il discernimento bisogna farlo insieme, insieme. Il discernimento non è mai solo di una persona: dobbiamo insieme condividere il percorso. Il discernimento è molto impegnativo, non è una parola caricaturale. Papa Francesco fa discernimento seguendo sant’Ignazio, come tutta la Compagnia di Gesù: bisogna cercare e trovare, diceva sant’Ignazio, la volontà di Dio. Non è una ricerca da burletta…Il discernimento porta a una decisione: non si deve solo valutare, ma decidere.
E chi è che deve decidere?
La Chiesa ha sempre ribadito la priorità della coscienza personale…
LA PRIORITA’ DELLA COSCIENZA PERSONALE… -Vediamo se ho capito bene: se la coscienza, dopo il discernimento del caso, mi dice che una certa azione la posso compiere, lo posso fare senza sentirmi in colpa e con l’approvazione della comunità…posso per esempio fare la Comunione anche se la norma non lo prevede…
La Chiesa si è sviluppata nei secoli, non è un pezzo di cemento armato… è nata, ha imparato, è cambiata… per questo si fanno i concili ecumenici, per cercare di mettere a fuoco gli sviluppi della dottrina. Dottrina è una parola che non mi piace molto, porta con sé l’immagine della durezza della pietra. Invece la realtà umana è molto più sfumata, non è mai bianca o nera, è in uno sviluppo continuo…
Mi par di capire che per Lei ci sia una priorità della prassi del discernimento sulla dottrina…
Sì, ma la dottrina fa parte del discernimento. Un vero discernimento non può prescindere dalla dottrina…
Però può giungere a conclusioni diverse dalla dottrina…
Questo sì, perché la dottrina non sostituisce il discernimento e neanche lo Spirito Santo.
I PRIMI QUATTRO MESI DA GENERALE DEI GESUITI – Padre Sosa, passiamo ai suoi primi quattro mesi da Generale dei gesuiti. Ha già fatto esperienze importanti?
Lei può immaginare la grande novità che è stata l’elezione per la mia vita. Già il fatto di entrare qui, in questo studio che è stato di padre Arrupe, padre Kolvenbach, padre Nicolás. Devo dire che provo una grande devozione personale per padre Arrupe,. Generale della Compagnia in tempi difficili. Padre Kolvenbach mi ha formato nei miei anni di maturazione come gesuita. E padre Nicolás è stato la mia guida durante gli ultimi nove anni.
Vedo che nello studio veglia su di Lei la Madonna di Guadalupe, patrona dell’America Latina…
I miei genitori si sono sposati il 12 dicembre, giorno della festa della Madonna di Guadalupe; io sono stato battezzato un anno dopo, il 12 dicembre; gli ultimi voti da gesuita li ho fatti il 12 dicembre…Come vede, la Madonna di Guadalupe è legata molto alla mia tradizione familiare… mi piace tanto la storia della Madonna di Guadalupe… Juan Diego e l’immagine molto latino-americana della Madonna di Guadalupe, meticcia, indigena. Mentre invece la Madonna di Coromoto, che è pure qui in questo studio, è venezuelana, bianca, molto più europea…
Torniamo alle esperienze di vita di questi quattro mesi…
Per prima cosa ho dovuto imparare a vivere in una realtà nuova, con tutte le sue complessità. Imparo immerso in un gruppo di collaboratori molto variato, qualificato, di grande umanità e questa è una grande fortuna. Diceva sant’Ignazio che una testa da sola non basta: ha bisogno di occhi, orecchie, bocca, naso, mani, braccia, gambe, piedi per poter fare un lavoro fecondo. Ho già dovuto adottare decisioni che senza l’esperienza maturata dai miei collaboratori non avrei potuto prendere responsabilmente. L’altra grande esperienza è quella della mia ignoranza…più si va avanti, più ci si rende conto che quanto si sa è poca cosa…
VENEZUELA: SOLO IL DIALOGO PUO’ INDEBOLIRE LA TIRANNIA – Veniamo alla situazione drammatica del Venezuela, un Paese che sembra allo stremo. Le leggo alcuni titoli degli ultimi giorni: Venezuela: Episcopado denunciò que desconocidos atacaron Catedral de Caracas; Grupos chavistas lanzaron consignas contra la Iglesia durante Misa en Caracas; Monseňor Diego Padrón (presidente della Conferenza episcopale venezuelana): Gobierno busca amedrentar (intimidire) a la Iglesia Catolica; Gobierno asegura que la Iglesia venezolana quiere ‘muerte y sangre’ en el Pais. Titoli eloquenti, no? I tentativi di dialogo tra le parti, il governo Maduro e l’opposizione, sono fin qui falliti, pur patrocinati dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e dalla Santa Sede. Lei è venezuelano e conosce bene la situazione: è possibile oggi un dialogo vero tra Governo e opposizione?
La questione non è semplice. Il Venezuela è in una situazione drammatica, ma la grande crisi politica e sociale è iniziata già una trentina di anni fa, quando si sono incominciati a vedere i limiti strutturali di una società che ha cercato di vivere solo grazie alla rendita petrolifera. E’ una società che non è stata capace di creare una struttura produttiva approfittando della rendita petrolifera, una struttura che distribuisse in maniera più equa i beni prodotti. Dal punto di vista politico – essendo lo Stato l’esclusivo beneficiario dell’ abbondante rendita petrolifera – è stato così molto difficile creare una società che avesse un carattere democratico. La Chiesa sin da subito ha evidenziato i limiti di questo modello fondato più nella rendita petrolifera che nel lavoro collettivo, coerentemente con la dottrina sociale della Chiesa, già prima di Hugo Chávez…
Hugo Chávez, golpista (fallito) nel 1992, presidente del Venezuela (eletto dal popolo, in successive votazioni, con una maggioranza dapprima ampia, poi ristretta) dal 1999 al 2013, quando morì per un tumore lasciando il potere al vicepresidente Nicolás Maduro…
Sì, Chávez è stato eletto e riconfermato a più riprese, nei primi anni con una larga maggioranza di voti, ma il rapporto affettivo che lo legava al popolo venezuelano si è attenuato progressivamente con l’aggravarsi della crisi economica dovuta al crollo dei proventi petroliferi. Quando nel 2013 il vicepresidente Nicolás Maduro ha preso il suo posto, la deriva autoritaria era ormai ben chiara. Gli spazi democratici si erano molto ristretti e veniva perseguito sempre più il modello del cosiddetto “socialismo del secolo XXI”, fondato su due pilastri: il più rilevante quello della forza militare, poi quello del partito che controlla le masse popolari (ciò ha funzionato per anni). I diciotto anni di chavismo hanno cementato un potere militare molto forte. Per rompere, per cambiare, per smuovere la situazione c’è un solo modo: che questa visione fondata soprattutto sul potere militare venga travolta dalla gente con l’appoggio internazionale.
Non è così facile…
La gente è talmente disperata ed esasperata che risulta impossibile fare delle previsioni attendibili su quel che potrà succedere. Penso però che in questo momento ci vorrebbe – frutto di un dialogo tra governo e opposizione su pressione internazionale – un governo di unità nazionale che permetta di affrontare l’emergenza sanitaria, educativa, alimentare… e anche politica. La richiesta delle elezioni è di grande importanza.
Papa Bergoglio punta sul dialogo… ma molti cattolici venezuelani non l’accettano e in tempi recenti hanno avuto larga diffusione vignette satiriche in cui il Papa viene identificato come “venduto”. Anche la conferenza episcopale critica duramente il regime, che l’altro ieri il cardinale Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, ha ribadito essere “una dittatura”. La domanda di molti è chiara: come si può dialogare con chi ha una preponderante forza militare a sua disposizione?
Ma se non dialoghi che fai? Se tu pensi che il governo è più forte di te, l’unica possibilità per indebolirlo è il dialogo. Non c’è altro, poiché tu non hai la forza di vincere in altro modo rispetto a quello democratico. Con il dialogo puoi sempre sperare di costringere il governo ad ammorbidirsi, a fare qualche concessione. Qualsiasi tirannia perde la connessione con la realtà di un Paese, ma, se tu la costringi a sedersi a un tavolo e a guardare in faccia sia l’opposizione che le sofferenze reali della gente, perde forza. Oggi in Venezuela il governo di Maduro si è allontanato dalla Costituzione, anzi fa in modo di neanche rispettarla: è una tirannia che ha incominciato come tirannia della maggioranza e ora è divenuta tirannia della minoranza. Per questo Maduro non vuole nessuna elezione, prescritta dalla Costituzione, come quelle regionali. Solo il dialogo può intaccarne la forza.
LE PRIORITA’ DELLA COMPAGNIA DI GESU’ – Padre Sosa, concludiamo con il Suo augurio per la Compagnia di Gesù…
La Congregazione generale dell’autunno scorso ha dato orientamenti molto chiari, che richiedono un grosso impegno. Tre aspetti in sintesi sono da seguire con attenzione particolare: la vita comunitaria e personale, la missione, la collaborazione. Ormai la missione della Compagnia è così complessa, così variata, che è impossibile pensarla di farla da soli come gesuiti. Dunque luce verde alla collaborazione per difendere la dignità umana con altri gruppi cattolici, o di altre religioni o anche di non credenti, di laici. I problemi del mondo sono così gravi – penso ad esempio a quello dei rifugiati e dei migranti – che va cercata ogni sinergia possibile. La missione della Compagnia è quella di umanizzare il mondo. E tale missione la condividiamo con tanti altri, di ogni provenienza, nel mondo. Di sicuro con papa Francesco.