L’angolo del teologo – Vivere in 3D
In un bellissimo romanzo di Cormac McCarthy, Sunset Limited, due personaggi, il Bianco e il Nero, si affrontano in un duello teologico che è in realtà una disperata indagine su cosa ci tenga in vita (perché, come scrisse Chesterton, la teologia cattolica è costruita come un grande giallo, in cui però non si tratta di scoprire come un uomo è morto, ma come è possibile che un morto sia ancora vivo).
BIANCO La sua vita è come l’aveva prevista?
NERO Proprio per niente. Ho avuto quello che mi serviva invece di quello che volevo, e questa è grossomodo la più grande fortuna al mondo.
Il Nero spalanca al suo interlocutore come un doppio fondo, dal quale passa uno spiraglio di luce, sottile abbastanza da infilarsi tra le pieghe di una vita misera, sofferta, rivoltata continuamente dall’imprevisto. Perché diciamocelo, in quale esistenza i conti tornano e ciò che è stato speso viene ripagato? Ma – e questa è la grande notizia – la vita non è a due dimensioni. C’è un 3D che può sorprenderci, se abbiamo gli occhiali giusti. Gli eventi sono quadri a lunga prospettiva, in cui è il punto di fuga a dare la giusta proporzione alle figure in primo piano.
Quando diciamo che la preghiera non serve, probabilmente sottointendiamo questo: che non serve ad ottenere ciò che vogliamo. Esatto. E meno male! Perché non abbiamo la più pallida idea di che cosa ci faccia bene davvero. Ecco perché nel Vangelo le domande di Gesù arrivano come spade: «Cosa cercate?» (Gv 1, 38), a strappare le fodere in cui ci siamo avvolti, nella nostra ricerca del “comodo” più che del vero e del buono, e a rivelare quel “doppio fondo” che ci abita: il luogo dove Dio è di casa, dove vuole vivere con noi, dove vuole entrare in relazione con noi. La preghiera non serve ad ottenere, ma a lasciar toccare tutto ciò che vivo da Gesù; a lasciare che le figure in primo piano siano riempite della luce che proviene da una fonte misteriosa, e che corrano verso quel punto di fuga che già viene loro incontro. Tutto questo non sarà “utile”, nel senso che comunemente diamo a questa parola, e che è impregnato della nostra abitudine a usare, a possedere, ad aggredire il reale. Guardare in 3D significa invece entrare nel regno della gratuità, del dono, che è anche il regno dell’amicizia: a che “serve” l’amicizia?
Io ho scoperto che è più utile per me cioè che non mi è “utile”. Che mi riempie fino in fondo non ciò che possiedo ma ciò che ricevo. In un’opera giovanile, Il fondamento sacramentale dell’esistenza cristiana, Ratzinger scriveva: «L’uomo sperimenta che egli non fonda da sé il proprio essere, ma che piuttosto vive nel ricevere. Egli sperimenta se stesso come donato». E io sperimento che ciò che mi è più incredibilmente necessario per vivere è ciò che mi raggiunge gratuitamente, è ciò che io non aspettavo neppure, è ciò che non avrei mai avuto il coraggio di chiedere.
Non ho certo bisogno che la mia preghiera cambi Dio. Ho bisogno che cambi me, a cominciare dai miei occhi.
Sabina Nicolini, piemontese (1981), ha ceduto molto giovane alle lusinghe di un amante e si è così consacrata a Dio nella comunità delle Apostole della Vita Interiore con i voti di castità, povertà e obbedienza, dedicandosi all’annuncio della Parola e all’accompagnamento spirituale. Dal 2000 vive a Roma una vita piena di sorprese, in cui il desiderio di portare un po’ di vangelo tra la gente ha incontrato l’antica passione per la letteratura. Nel 2009 ha conseguito la licenza in teologia fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense con una tesi su G. K. Chesterton, di cui è diventata molto amica. La sua citazione preferita? «Una cosa morta segue la corrente, ma solo una cosa viva può andarvi contro». Qui il link al sito della sua comunità.
Ricordo che anche per “L’angolo del teologo” vale ciò che vale per ogni Lettera, e cioè che l’autore è l’unico responsabile di quanto ha scritto