Le Lettere di Sandokan – Lasciare
Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre …
Nel più antico racconto della creazione, l’amore umano fa la sua comparsa in modo un po’ doloroso. Niente di drammatico, ma il verbo “lasciare” per iniziare a parlare d’amore non è proprio il primo che venga in mente, almeno a me. Però è vero che quando uno scopre di amare qualcosa o qualcuno scopre sempre di dover lasciare qualcos’altro o qualcun altro sul quale aveva, in qualche modo, puntato. Perché noi sempre, in ogni istante della nostra vita, ci appoggiamo a qualcosa o a qualcuno.
Il nostro “bisogno” di avere dei riferimenti in un contesto al quale siamo abituati è normale. E’ normale per me, per esempio, avere un’automobile, qualche bel vestito, una casa dignitosa, una famiglia che mi vuol bene, un lavoro che il mio mondo si aspetta da uno come me (con la mia intelligenza, con i miei studi), disponibilità economiche che mi consentano una vita senza assilli economici e un circolo culturale da frequentare. E’ normale per me vivere in una città con un efficiente sistema per la raccolta differenziata dei rifiuti, con parchi e giardini ben curati e con il mare. “Io, in una città senza mare, non posso vivere”, quante volte l’ho sentito ripetere.
Il mio concetto di “normalità” naturalmente è diverso da quello di Oreste di Casal Bruciato e di Lapo Elkann, perché i nostri contesti di vita sono differenti e non è colpa di nessuno, forse, se le cose sono così come sono.
Il punto è questo: nessuno che io conosca si è mai accontentato della sua “normalità”. Su questo c’è unanime accordo. Ma come cambiare?
Per molti “cambiare” significa essenzialmente “aggiungere” e basta. Certo, anche lasciare, ma cose che lascerebbero tutti, tipo la Fiat Duna. E anche l’amore è visto come una aggiunta a ciò che si ha. Ma io credo che bisogna riflettere sul senso del “lasciare”, del “partire”, del “cambiare”, del “morire” di cui è pieno il Vangelo ma non solo: di questi verbi è piena la nostra coscienza.
Ora noi crediamo che queste parole evangeliche valgano soprattutto per Lapo Elkann – il cui problema è forse, dal suo punto di vista, non sapere più cosa “aggiungere”, per cambiare – e molto meno per Oreste, che ha molte meno cose da “lasciare”. Ma io penso che non bisogna semplificare e che ognuno ha i suoi problemi.
Non so, per esempio, quanti “Oreste” vorrebbero essere “Lapo Elkann”, un “Lapo Elkann” senza gli eccessi di “Lapo Elkann”. Oppure quanti di quelli che stanno dalla parte di “Oreste” le loro sicurezze le cercano nel mondo di “Lapo Elkann”. Perché stare dalla parte di “Oreste” vuol dire molto di più che preferirlo a “Lapo Elkann”: vuol dire vivere la vita di “Oreste” con “Oreste”, ma sul serio e non per qualche ora.
“Là dove è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore” significa che ciò che non vuoi lasciare è il tuo vero amore. Tutto il resto può essere bello, buono, giusto, piacevole, commovente, utile ma se non lo è abbastanza da spingerti a cambiare vita fino ad accettare i rovesci della sorte o le conseguenze del tuo amore, forse è molto meno di quello che pensi. Non dico che non sia niente, ma non è il gran tesoro che dici a te stesso di aver trovato. Forse è solo “il lume” che si adatta meglio al tuo salotto, al momento, e fai bene a sceglierlo, tra i tanti di cui puoi disporre: ma nessuno mai ha affidato la sua vita a un lume.
Il verbo “lasciare” chiaramente non significa “dimenticare”, significa però che l’amore nuovo ridefinisce ogni nostra relazione passata con persone o cose. Perché le persone e le cose rimangono, non spariscono, ma tutto è diverso e ciò che era prima, per me, è perduto. E ogni perdita è comunque un dolore.
Che cosa sei disposto a lasciare della tua vita per me? La risposta dell’amore è piuttosto radicale: tutto. Se la risposta dovesse essere “qualcosa”, è quel “qualcos’altro” che il tuo “qualcosa” esclude il tuo vero amore e non conviene giocare con le parole. Ma cosa vuol dire lasciare tutto, per me? E per Oreste? E per Lapo Elkann? Che cosa vuol dire, oggi, in questo istante?
Non vorrei spostare il discorso sul rapporto dell’uomo con Dio. Non è utile farlo, neanche partendo dal Vangelo. Preferisco che sia Gesù, alla fine, a stabilire chi è che, davvero, ha lasciato tutto per lui. Per me, oggi, un ragioniere è uguale a un prete, a una monaca di clausura o al Papa.
Mi sembra più utile che ognuno rifletta su quanto c’è di vero nelle cose che si dicono e si fanno. Su cosa i miei incontri e i miei pensieri mi spingono a lasciare delle mie sicurezze e delle mie comodità, ogni giorno. Sarà proprio vero, per esempio, che don Mauro sceglie tutto “Oreste” piuttosto che tutto “Lapo Elkann”? Non c’è per caso qualcosa di “Lapo Elkann”, o del suo mondo, che lo rassicura? Non c’è qualcosa di “Oreste”, o del suo mondo, che lo impaurisce o che lo imbarazza?
Il mondo è complesso, e abbiamo i nostri limiti, tutti. A volte lo rimpiccioliamo con le nostre sicurezze e sogniamo per noi una vita piena di medaglie, come se fossimo militari in carriera. Ma il mondo è più grande delle nostre sicurezze e c’è vita oltre i nostri recinti e ci sono tramonti più belli di quelli che abbiamo mai visto dentro i nostri orizzonti.
E’ una via d’impoverimento, l’amore, per arrivare nudi di fronte al nostro amato, dovunque lui sia, comunque si chiami, qualunque cosa possieda, qualunque lingua parli, qualunque aspetto abbia. Se ce lo facessero vedere oggi, il nostro amore, forse non lo sceglieremmo nemmeno. Oggi, forse, ci sono per noi luoghi più belli del paradiso e persone più belle di lui.
Ma col tempo le cose cambiano hanno la possibilità di cambiare in meglio, soggettivamente … oggettivamente non so. Dopo che avrò perso tutto ciò su cui contavo, sarà diverso. Mi sarà rimasta solo una cosa da amare, saltando di verità in verità. Speriamo.