L’Huffington Post – Al voto il popolo dei click
Il discorso di Giorgio Napolitano ieri alla Luiss sulla politica dei click è difficile ma necessario. “Bisogna reagire a questa ondata semplificatrice e in sostanza mistificatrice del click e bisogna dire: non esiste politica senza professionalità e non esiste neppure un mondo senza élite, sia pure nei termini giusti”.
Discorso difficile perché oggi élite vuol dire potere e potere vuol dire privilegio e conseguente prepotenza. Discorso necessario perché non è possibile che élite e competenza rimangano a un livello così misero e ben venga il popolo del click che stimola al cambiamento e alla trasparenza.
Che spinge non ad abolire la mediazione delle competenza specialistica – che in una società avanzata è assolutamente necessaria – ma a trovare un nuovo equilibrio. Finito il tempo dell’arroganza, dei privilegi, delle vittorie facili, dello “stai zitto che non sai niente”, bisogna trovare il punto esatto dove decidere di collocare un gruppo di competenti che andrà formato e curato per poter tornare a fidarsi di loro.
È una patologia se un gruppo accomunato da alta professionalità, competenze, conoscenze, studi specialistici, dimentica che il proprio privilegio non è una gabbia dorata ma una maggiore responsabilità che vuol dire onere: cioè è un peso oltre che un riconoscimento. Un peso che si fa servizio e sul servizio il cerchio si chiude.
Ed è una patologia, pertanto, che questo cerchio che si chiude sia diventato una gabbia dorata irraggiungibile che produce privilegi esclusivi e solo interni. Ma è altresì un’anomalia, una patologia, che chi sta fuori dalla gabbia, finita l’era delle rivoluzioni bagnate col sangue, prenda il potere a colpi di click, abbattendo non solo l’élite ma le necessarie competenze che servono perché un paese viva.
Leggo su facebook sintesi delle alternative al voto che sono mirabili rispetto alle paginate di certi giornalisti che ammassano illeggibili elenchi di articoli della Costituzione e delle leggi collegate; ma leggo anche, su facebook, un’infinita quantità di sciocchezze inenarrabili, una quantità che è infinitamente superiore a quella che trovo sui giornali.
Da quando è nata internet è morto un certo tipo di mediazione, e la mediazione erano gli esperti di cui parlo: significa che per i nostri viaggi preferiamo le recensioni di alberghi su TripAdvisor all’agenzia dei viaggi o il forum sulle scottature da ferro da stiro al medico: ma nessuno decide una rischiosa operazione chirurgica consultando wikipedia. Per questo un cambiamento della Costituzione ha un infinito bisogno di esperti e la mancanza di fiducia nei loro confronti pesa come un macigno sull’esito del referendum.
Il popolo dei click sta rudemente spingendo le élite – i politici, i giornalisti, gli opinionisti – a evolvere e cambiare. Sta urlando loro che chi sa, chi può, chi ha, deve servire, mettere in gioco, condividere, saperi e competenze. Sta ricordando che élite deve essere sinonimo di rappresentanza di un intero paese e sinonimo di una classe dirigente ricca prima di tutto della rappresentatività di chi è “fuori” da certi saperi e competenze.
Il popolo dei click è, in primo luogo, popolo. Un popolo un po’ diverso ma che è ha l’occasione di uscire dalle sabbie mobili del populismo per diventare popolo davvero. Popolo, parola che è sinonimo di nazione e non di recipiente di voti. E il voto, non il click, deve essere l’unico potere e privilegio di cui essere ricchi.