Lettere di Renato Pierri – Ancora inesattezze sui castighi di Dio
Vediamo, mi sono detto, se don Sergio Fumagalli dice cose giuste quando non parla di omosessualità e, sebbene mi fossi ripromesso di non leggere più i suoi articoli, ho letto l’ultimo apparso sul blog “Come Gesù”. Ma anche questa volta il sacerdote ha detto alcune cose non giuste. Leggiamo: «Noi uomini sappiamo bene che quando si commette una colpa, la giustizia prevede una giusta pena ed una giusta riparazione, entrambe proporzionate alla colpa. Questo vale a tutti i livelli, sia familiari che sociali e, dopo il pentimento, l’espiazione della pena restituisce al colpevole il pieno diritto ad essere reintegrato nella comunità. Dio è un Padre misericordioso, per questo sappiamo che, dopo il peccato, Dio continua ad amarci come prima e non desidera altro che il nostro ravvedimento, affinché continuiamo a riconoscere il suo Amore, ma anche la bontà delle sue leggi». Giusta la premessa. Ma vediamo il seguito: «Dal punto di vista dell’uomo però, quanto detto sopra sulla colpa e sulla pena vale anche nei confronti di Dio». E perché? Dov’è la logica? Il ragionamento non farebbe una piega se Dio fosse un uomo, ma Dio non è un uomo, e la giustizia di Dio non è la giustizia degli uomini. Gli uomini castigano. Dio non castiga. E’ evidente, su questa terra, che gli uomini castigano gli uomini, ma assolutamente non è evidente, su questa terra, che Dio castighi gli uomini. Vediamo tutti i giorni che grazie e disgrazie piovono indifferentemente su buoni e cattivi, su giusti e ingiusti. Grazie su delinquenti e su bambini innocenti, disgrazie su delinquenti e su bambini innocenti.
Ma vediamo come don Sergio Fumagalli continua il discorso: « …per cui è giusto dire: “ho meritato i tuoi castighi (per i peccati che ho fatto)”. Il riconoscere di averli meritati per giustizia, non significa attribuire a Dio chissà quale vendicatività o cattiveria, anche perché, pur avendoli meritati, Dio potrebbe anche non averceli ancora inflitti, e potrebbe non farlo neppure in futuro». E perché sarebbe giusto dire “ho meritato i tuoi castighi” se i castighi non li abbiamo ricevuti? Se Dio, come afferma il sacerdote, potrebbe non averceli ancora inflitti e potrebbe anche non infliggerceli in futuro, sarebbe semmai giusto dire “avrei meritato i tuoi castighi; meriterei i tuoi castighi”. Se dico “ho meritato” significa che i castighi li ho ricevuti. Il sacerdote poi dice altre cose non giuste: «Talvolta possiamo riconoscere che la sofferenza può essere entrambe le cose, sia castigo che benedizione, perché ci permette di espiare un po’ per i nostri peccati e ci fa essere anche corredentori con Gesù». Lo diciamo ai bambini negli ospedali oncologici? Dovete sapere, bambini, che la sofferenza alle volte è una benedizione. Siete fortunati. Ringraziate il Signore. E che significa corredentori con Gesù? Non è bastato il sacrificio del Cristo per la redenzione? Era insufficiente?
Renato Pierri
Il Dialogo.org;
Politicamentecorretto;
Il Pasquino