Blog / Un Cireneo | 17 Novembre 2016

Le Lettere di Un Cireneo – Il Papa ed i quattro Cardinali: un dialogo impossibile?

È stata pubblicata, anche su questo blog, la lettera di quattro cardinali inviata nel mese di Settembre al Papa contenente 5 dubbi riguardanti la coerenza dell’esortazione apostolica Amoris laetitia con il Magistero della Chiesa. La lettera, che non ha ricevuto risposta dal Papa, è stata pubblicata pochi giorni fa su alcuni siti e ripresa da molti organi di informazione.
Un primo aspetto che non è stato molto approfondito, e non lo farò neanche io, attiene alla legittimità dei 5 dubbi. Sono sensati? Hanno ragione ad essere dubbiosi i cardinali?
Non entro nella sostanza, pur riconoscendone l’importanza, perché desidero occuparmi di un altro aspetto.

Il Papa non ha risposto.
Come non ha risposto alla richiesta avanzata da monsignor Schneider sempre su Amoris laetitia.
Come non ha risposto alla lettera di tredici cardinali durante il Sinodo della famiglia.

Questo atteggiamento di Papa Francesco mi ha incuriosito.
Un Pontefice che ha improntato la sua personale azione ed incanalato l’azione della Chiesa al dialogo, che si sforza di gettare ponti e invita a non costruire muri, poi non risponde? La non risposta non è, forse, un muro? E dunque?
La mia personale risposta è che nessuno, nemmeno il Papa, nemmeno questo Papa, dialoga con tutti. Per il semplice fatto che non si può dialogare con tutti. Dialogare significa sempre scegliere gli interlocutori. È uno scegliersi. Lo hanno fatto i Papi precedenti, lo ha fatto questo Papa. Ciò che forse può apparire strano ad alcuni è che mentre nel passato il dialogo avveniva primariamente con i fedeli e si invitavano i credenti a seguire Cristo anche nella fedeltà alle norme del Magistero, ora si dialoga con soggetti che sono fuori della Chiesa – Scalfari, Pannella, Bonino sono i nomi forse più conosciuti – e con categorie di persone che sono, fino ad ora, rimaste ai margini della comunità dei credenti: divorziati risposati, omosessuali, sacerdoti sposati, migranti.

Perché non si può dialogare con tutti? Perché non ci si può curare degli uni e degli altri?
La mia personale risposta è che per creare ponti con certe realtà, si deve per forza “alleggerire”, allentare la presa di quelle verità morali di fede che si sono consolidate come patrimonio comune nel Magistero. Il dialogo, per essere efficace e credibile, non può svolgersi solo con le parole. Devono esserci fatti, azioni concrete, sia pure con la prudenza, la circospezione e la lentezza che contraddistingue l’azione della Chiesa. Nel fare questo, diviene difficile dialogare con chi rimane fedele al Magistero; anzi, quando vengono espressi dubbi e perplessità, si viene tacciati di essere fondamentalisti, ipocriti, farisei, malati. Si viene cioè emarginati. Sta nascendo una nuova forma di emarginazione e di povertà all’interno della Chiesa. Come si sta tentando di emarginare questi quattro cardinali: sono pochi, sono anziani, non contano nulla, sono interessati ad occupare “spazi di potere”, etc.
La risposta a questo atteggiamento di presa di distanza è variegata. C’è chi, pubblicamente, tramite lettera che non riceverà probabilmente risposta manifesta l’intenzione di gesti estremi; qualcun altro manifesta semplicemente sconcerto tanti altri rimangono pubblicamente silenziosi ma sono sconcertati. Qualcuno tra questi ultimi, i piccoli, possono rimanere scandalizzati.
Prendiamo l’esempio riportato poche settimane fa, con grande soddisfazione, da don Mauro sul blog, riguardo l’accoglienza alla Santa Messa di una nota coppia omosessuale con tre figli in una parrocchia romana. Qualcuno, a cominciare dal parroco di quella parrocchia, si è domandato come avrebbero reagito i semplici, le persone piccole, anziane, nel vedere l’accoglienza del parroco in Chiesa, magari, non so, vederli ricevere l’Eucarestia, quando, per una vita, sono stati invitati a considerare – e a norma di Magistero lo sono tutt’ora – certi atti, peccati gravi? Qualcuno si è preoccupato dello scandalo che si poteva creare ai piccoli? Non credo. L’enfasi è stata posta sull’accoglienza.
In una recente riflessione, un amico ha affermato che ogni regalo viene sempre pagato da qualcuno. Confesso che non avevo prima di allora riflettuto abbastanza su questo aspetto.
Insomma, si sceglie sempre di dialogare con alcuni e non con altri. La Chiesa odierna non fa eccezione.

Dunque, se il dialogo, non avviene, normalmente, con tutti, è grave che il Papa non dialoghi con una parte della Chiesa?
A mio avviso sì, perché il Papa è e rimane Papa di tutta la Chiesa, oltre che faro per i non credenti. Ma se è grave, perché dunque ha scelto di non dialogare con i quattro cardinali?
Per tentare di abbozzare una risposta, devo necessariamente svolgere delle supposizioni.

Spostiamoci dal lato dei quattro cardinali. Perché hanno scritto al Papa?
La risposta ovvia è perché, in presenza di dubbi, il Papa ed il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede a cui la missiva è stata indirizzata per conoscenza, sono le persone indicate per sciogliere questi dubbi. Non è cosa strana. Riporto, a titolo di esempio, una lettera del cardinal Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che nel 1983 rispose a 5 dubbi posti dal cardinal Oddi.
È stato corretto renderla pubblica? Sul blog le opinioni sono state contrastanti. Da una parte si può rispondere di no: era opportuno che rimanesse privata essendo partita come missiva privata. Dall’altra, si può argomentare che, dato il silenzio del Pontefice, i quattro cardinali abbiano voluto inviare il segnale a quella parte di Chiesa spaesata che, almeno secondo loro, il problema esiste ed i fedeli dubbiosi non devono sentirsi soli. Però è possibile leggere la pubblicazione della missiva supponendo che sia stata una “forzatura” verso il Papa per rendere più difficile il suo silenzio. Insomma, per forzarlo a rispondere.

Dunque, a maggior ragione, perché il silenzio?
A mio avviso il Papa non può né vuole rispondere.
Non può rispondere perché è consapevole che, almeno formalmente, i dubbi sono corretti e che, al momento, manca un apparato teologico robusto e consolidato che permetta di opporre un’altra dottrina a quella tradizionale che è ben consolidata. Se rispondesse che hanno ragione, sconfesserebbe la sua azione e rischierebbero di crollare diversi ponti. Se rispondesse che hanno torto, potrebbe far precipitare la situazione interna della Chiesa.
Non vuole rispondere perché l’azione del Papa è su un altro piano. Conosce la dottrina ma ritiene che la Chiesa, i poveri, gli ultimi, gli emarginati, abbiano bisogno di una azione diversa. Di una terapia di altro tipo.
Per dialogare, e concludiamo ritornando al tema iniziale, è necessario parlare un linguaggio comune ed è indispensabile avere un interesse per gli argomenti portati dall’altro. In questo caso mi sembra di poter affermare che manchi sia la lingua che l’interesse. L’interesse, come dicevo, è per certe categorie di persone e non altre. La lingua è diversa: dottrina da un lato, prassi dall’altro. Mi sembra evidente che, nei fatti, dottrina e prassi siano, al momento, non perfettamente allineate. Il Papa sta provando a cambiare la mentalità della Chiesa. Per fare questo deve allontanarsi da una parte della dottrina morale.
Se ci riuscirà, a prescindere da qualsiasi giudizio sulla bontà o meno dell’azione, la dottrina verrà adeguata successivamente e tornerà l’allineamento tra dottrina e prassi. Questa è l’interpretazione di molti, non ultimo don Mauro quando afferma che non conta cambiare una norma del Catechismo perché il prossimo Papa la potrà modificare nuovamente. Se invece si riesce a cambiare la testa delle persone, verrà da sé il cambio “irreversibile” delle norme.
Tutto ciò pone il problema, per chi fa fatica a riconoscersi pienamente nell’azione del Papa, di cosa fare sul piano umano. Sul piano spirituale, infatti, la ricetta è una ed una soltanto: la preghiera.
Questi quattro cardinali hanno preso l’iniziativa. Iniziativa che, forse, intende contrastare proprio questo programma di azione volto al cambiamento futuro della dottrina. Per questo, cercano di far ritornare la Chiesa ad un allineamento tra dottrina e prassi da subito, da oggi. Domani, può essere già tardi.