Amoris Laetitia / Blog | 26 Ottobre 2016

Aciprensa – Lettera Pastorale dell’Arcivescovo di Portland

Lettera pastorale sull’interpretazione di Amoris Laetitia alla luce dell’insegnamento della Chiesa – ‹‹Una scultura viva e autentica››
dell’Arcivescovo di Portland, Oregon, Alexander K. Sample ai sacerdoti, diaconi, religiosi e fedeli dell’Arcidiocesi – Traduzione di Tito Potito

“La coppia che ama e genera la vita è la vera “scultura” vivente”… in grado di manifestare il Dio creatore e salvatore”. Con queste parole, il nostro Santo Padre il Papa Francesco ci ricorda che l’amore coniugale “è un simbolo delle realtà intime di Dio”, posto che “Dio Trinità è comunione di amore e la famiglia è il suo riflesso vivente”.

Per sua propria natura, il matrimonio esiste per la comunione di vita e amore tra gli sposi, ai quali è richiesto di procreare e aver cura dei figli, in un vincolo esclusivo e permanente tra un uomo e una donna. In questo vincolo naturale, che esiste anche tra due sposi non battezzati, ci è data “un’immagine per scoprire e descrivere il mistero di Dio”.

Cristo Nostro Signore elevò il vincolo naturale del matrimonio alla dignità di sacramento, per il quale l’unione tra l’uomo e la donna simboleggia “l’unione tra Cristo e la Chiesa”. Dio, che è eterno e immutabile, dà il matrimonio come un’icona naturale di sè medesimo; Cristo eleva il matrimonio alla categoria di sacramento, che simboleggia l’alleanza permanente e indissolubile col suo popolo.

Posto che la famiglia è essenziale per il benessere del mondo, per la Chiesa e per la diffusione del Vangelo, i Vescovi di tutto il mondo si riunirono nei Sinodi del 2014 e del 2015 per individuare la reale situazione dei matrimoni e della famiglia nel mondo attuale e per trovare soluzioni per queste sfide.

Dopo avere ascoltato i Vescovi, il Papa ha presentato la sua Esortazione Apostolica post-sinodale, Amoris Laetitia, per dare vigore alla pastorale della Chiesa, specialmente nei confronti di quelle persone che si trovano in situazioni difficili o con ferite.

Con pazienza ci ricorda che la Chiesa deve spesso funzionare come un ospedale da campo per quelli che sono feriti. Il Papa Francesco si confronta onestamente col dolore e la rovina di molte vite. Rispetto a quelli che soffrono, “la Chiesa deve accompagnare con attenzione e cura i suoi figli più fragili, segnati da un amore ferito o smarrito, restituendo loro fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una lampada innalzata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la strada o si trovano in mezzo alla tempesta”. Solo una compagnia paziente e amorevole con quelli che soffrono può “rendere [pienamente] credibile la bellezza del matrimonio indissolubile e fedele per sempre”. L’Esortazione deve spingerci verso la misericordia.

Sebbene l’Esortazione non contenga alcun cambiamento nella dottrina della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia, alcune persone hanno utilizzato Amoris Laetitia in modo tale che non corrisponde all’insegnamento della Chiesa.

Per invito di Papa Francesco dobbiamo leggere il documento “con pazienza e attenzione” e d’accordo con l’insegnamento della Chiesa. Questa lettera pastorale non pretende di essere né la definitiva né l’unica parola sopra Amoris Laetitia nell’Arcidiocesi di Portland. I futuri orientamenti pastorali ci aiuteranno ad applicare l’Esortazione come ausilio pastorale per il matrimonio e la vita familiare. Il presente testo esplicita i principi in base ai quali bisogna accostarsi ad Amoris Laetitia indirizzando e chiarendo vari punti del testo che sono stati oggetto di attenzione e di interpretazione erronee da parte dei mezzi di comunicazione e di altre fonti. Solo attraverso questa salda comprensione dei principi potremo applicare una prassi nella nostra Chiesa locale.

INSEGNAMENTO NELLA CONTINUITÀ

Dato che la verità rivelata da Dio è necessaria per la salvezza, “ha disposto Dio benignamente che tutto ciò che aveva rivelato per la salvezza degli uomini permanesse integro per sempre e fosse trasmesso a tutte le generazioni”. Il Sacro Deposito della Fede fu trasmesso agli Apostoli e autenticamente interpretato per mezzo del ministero dell’insegnamento della Chiesa.

Il deposito della fede è talmente costante, che il medesimo Magistero “non sta al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando solamente ciò che gli è stato confidato”. Il Vangelo è sempre unico e vivo, “preservato da una successione interminabile di predicatori fino alla fine dei tempi”, “i quali predicatori comunicano tutto quello che essi stessi hanno ricevuto, ammoniscono i fedeli che conservino le tradizioni che hanno appreso…”.

Pertanto, la dottrina non cambia, ma si può sviluppare. Nel V secolo, San Vincenzo di Lerins compose un bel trattato sullo sviluppo della dottrina, al quale lo stesso Papa Francesco ha fatto riferimento. La dottrina si sviluppa, come San Vincenzo di suggerisce, nella misura in cui cresce la nostra capacità di comprensione, come la crescita di un bambino sino all’età adulta. Tuttavia, lo sviluppo non deve essere un’alterazione, dato che “lo sviluppo suppone che ogni cosa si espande per se stessa, mentre nell’alterazione le cose passano da uno stato all’altro”. L’autentico sviluppo non ammette cambiamenti di sostanza, né variazioni nella forma essenziale, né nei suoi limiti.

Molto più tardi, il beato John Henry Newman, che fu cardinale della Chiesa, impiegò la formula di san Vincenzo nel suo proprio e influente sviluppo. Come spiega bene Newman, in alcune occasioni, l’espressione o formulazione esterna di una dottrina si sviluppa o si chiarisce, specialmente come risposta a una nuova circostanza o contesto, anche se l’idea centrale o la verità espressa non cambia. Inoltre, esiste un genuino sviluppo in continuità col passato, anche qui nel senso di seguire logicamente e organicamente ciò che era prima, tuttavia con l’intendimento di preservare il passato, conservando e assicurando ciò che si è creduto.

Quando si riesce a discernere lo sviluppo genuino, si leggono i frammenti alla luce dell’insieme, le formule illuminate nella loro essenza, e la novità alla luce delle cose passate. Attraverso la guida dello Spirito Santo, la Tradizione si sviluppa solo nella continuità, mai nella rottura. Anche la prassi pastorale e la disciplina sacramentale si sviluppano, però pratica e disciplina devono essere totalmente conformi agli insegnamenti di Gesù e della Chiesa.

Così vale anche per l’insegnamento morale della Chiesa. Mano a mano che i contesti storici e sociali cambiano, i temi che si trattano e i modi di approcciarli cambiano. Però le verità morali fondamentali – radicate nell’eterna natura di Dio – rivelate attraverso la sua Parola e corrispondenti all’immutabile natura umana e allo sviluppo della medesima – non cambiano. I contesti sociali non determinano la natura umana o il bene dell’uomo; di fatto solo un bene umano invariabile ci permette di capire il concetto di sviluppo morale all’interno della storia umana.

L’indissolubilità del matrimonio è un insegnamento prezioso ed essenziale della Chiesa, rivelato da Gesù e custodito dalla nostra incrollabile Tradizione. Nostro Signore proclama l’eterna sapienza di Dio come è manifestata nella creazione: “sin dal principio Dio li fece uomo e donna e disse ‘per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie’. Di modo che non sono più due, ma una carne sola. Pertanto, ciò che Dio ha unito, l’uomo non lo separi…chi divorzia dalla sua sposa (salvo nel caso che il matrimonio sia illegale) e si sposa con un’altra donna commette adulterio” (Matteo 19, 4-9).

Ciò che Nostro Signore insegna, stabilisce e ordina è regolamentato nello stesso modo nel diritto canonico e nel Catechismo: “Dal matrimonio valido si origina tra i coniugi un vincolo perpetuo ed esclusivo per sua stessa natura (c.1134)” e “le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità (c.1056)”. Questo vincolo è talmente forte che un matrimonio valido e consumato “non può essere sciolto da nessun potere umano, né da nessuna causa tranne la morte” (c.1141). Il consenso degli sposi è stabilito e sigillato da Dio stesso e il vincolo conseguente “è una realtà ormai irrevocabile…La Chiesa non ha il potere di contravvenire a questa disposizione della sapienza divina”.

L’indissolubilità del vincolo matrimoniale non è una semplice regola morale o etica. È una realtà meravigliosa, sacramentale e spirituale. Nella natura creata, il vincolo manifesta una parte della natura eterna di Dio e il sacramento del matrimonio tra due persone battezzate “si integra nell’alleanza tra Dio e l’uomo”, una “alleanza garantita dalla fedeltà di Dio”. Il vincolo matrimoniale è indissolubile perché il vincolo del Vangelo è indissolubile, dato che il sacramento significa l’unione permanente di Cristo con la Chiesa.

Accettare l’insegnamento sull’indissolubilità rimanda alla retta ragione, con la Scrittura, la Tradizione ininterrotta e il chiaro insegnamento di Nostro Signore. È allo stesso tempo affermare il Vangelo, col riconoscere che il segno e la promessa del patto di fedeltà con Dio è degno di fiducia, che Dio è Colui che è e che ha promesso di essere. Accettando l’indissolubilità del matrimonio si afferma l’essenza e la finalità della Chiesa: proclamare e trasmettere la Parola tale come ci fu consegnata. La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle anime, e questo è ciò che determina che questa legge debba essere accettata dai fedeli. Se ciò che si vuole conseguire è la misericordia, si deve includere tutto ciò che è necessario alla salvezza. Fallire nella proclamazione di tutto ciò che è necessario alla salvezza non è misericordia.

MODI SBAGLIATI DI USARE AMORIS LAETITIA

Malgrado i chiari insegnamenti della Chiesa, alcune persone hanno fatto un uso scorretto di alcuni elementi di Amoris Laetitia, per sostenere posizioni incompatibili con l’insegnamento della Chiesa. Ciò ha creato una certa confusione e sgomento tra i fedeli. Data la natura dello sviluppo dottrinale e morale, certe posizioni sono incompatibili con la dottrina genuina, la pratica pastorale e la disciplina sacramentale. Nella misura in cui queste posizioni sono illecite, Amoris Laetitia non può essere utilizzata in maniera legittima per appoggiarle. Il testo non può e non deve interpretarsi scorrettamente in appoggio dei seguenti tre errori.

PRIMO USO SCORRETTO: LA COSCIENZA LEGITTIMA LE AZIONI CHE CONTRAVVENGONO AI COMANDAMENTI DIVINI.

“Nel più profondo della sua coscienza l’uomo scopre l’esistenza di una legge che egli non si è dato da solo, ma alla quale deve obbedire…La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, nel quale egli sta solo con Dio, la cui voce risuona nel più intimo di essa”.

La coscienza esige da noi che facciamo il bene e ci asteniamo dal male, e ascoltare e seguire la coscienza è un segno della dignità umana e di straordinaria responsabilità. Quando lo mettiamo in pratica non solo diamo forma al mondo che ci circonda, ma inoltre modelliamo il nostro carattere, e a volte addirittura realizziamo la nostra felicità eterna. Data la gravità di questa responsabilità, ogni persona ha il diritto e l’obbligo di obbedire alla propria coscienza.

Amoris Laetitia afferma la grandezza di questa libertà, dato che “la dignità umana richiede che l’uomo agisca secondo la sua coscienza e libera scelta, cioè, animato e determinato da una convinzione interna personale. Data la difficoltà e complessità delle diverse situazioni, come il livello di formazione, conoscenza e virtù della persona, l’Esortazione segnala che “anche una persona può riconoscere con sincerità ed onestà quello che, per adesso, è la risposta generosa che può offrirsi a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la dedizione che Dio stesso sta reclamando in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché ancora non sia pienamente l’ideale oggettivo”.

Questo non vuol dire che la coscienza prevalga su una legge morale oggettiva. L’ignoranza, la dipendenza dalle passioni, una comprensione scorretta dell’autonomia morale, o l’assenza di virtù può ridurre la colpevolezza soggettiva di una persona quando segue sinceramente ad una coscienza erronea, ed in alcuni casi “il male commesso dalla persona non può esserle imputato”. Ma in nessun modo questo diminuisce o annulla l’oggettività del male, la mancanza o il disordine commessi.

La coscienza non è una legge in sé stessa, né può prescindere dalla ragione o soppiantare i mandati di Dio, così come insegna la Chiesa. San Giovanni Paolo II respinse esplicitamente la possibilità che i giudizi privati di coscienza potessero “legittimare le cosiddette soluzioni ‘pastorali’ contrarie agli insegnamenti del Magistero” o permettere che gli individui violino le norme morali che non tollerano eccezioni.

La Chiesa non vuole “sostituire” o eludere la coscienza, consapevole che le persone sono “capaci di sviluppare il proprio discernimento davanti a situazioni dove si rompono tutti gli schemi”. Ma la coscienza può sbagliare, e “la libertà della coscienza non è mai libertà rispetto alla verità, bensì sempre e solo nella verità”. Pertanto la Chiesa, i genitori e le autorità legali son chiamate sempre “a formare le conciencias”. La persona che risponde in modo sincero tanto generosamente quanto può al comandamento di Dio, è tuttavia chiamata a “rimanere sempre aperta a nuove tappe di crescita e nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in maniera più piena”

Dato che le persone sono libere, la coscienza può svilupparsi e maturare. Nessuno è prigioniero per sempre di una coscienza erronea, e per la grazia di Dio e l’educazione morale può cooperare al conseguimento di una coscienza ben formata. Papa Francisco segnala, per esempio, la grave responsabilità dei genitori nella “educazione della volontà e nello sviluppo di abitudini buone ed inclinazioni affettive a favore del bene”, e nell’educazione morale tesa a “coltivare la libertà” per “aiutare a sviluppare quei principi interni stabili che muovono ad operare spontaneamente il bene”. Ci ricorda che la dignità umana ci chiama ad agire in maniera personale, da dentro, ed è precisamente la formazione a una vita virtuosa quella che “costruisce, fortifica e dà forma alla libertà.

La coscienza, come legge interna iscritta da Dio “testimonia l’autorità della verità con riferimento al Bene supremo al quale la persona umana si sente attratta ed i cui comandamenti accoglie.” La coscienza è interiore, ma è data per Dio di una forma tale che i comandamenti morali e l’interpretazione autorevole dei comandamenti della Chiesa non sono imposizioni esterne sulla persona. L’insegnamento morale forma la coscienza e dà luce alla persona affinché possa riconoscere, amare e seguire per propria volontà la verità morale obiettiva, per molto scorretti che siano stati i suoi giudizi anteriori. Questo è particolarmente certo per quei battezzati che sono uniti a Cristo e hanno la mente e la vita di Cristo in essi attraverso la grazia, (1 Corinzi2:16). Non dimentichiamo la speranza della filiazione divina: nel battesimo siamo arrivati ad essere nuove creature, nate di nuovo da dentro.

C’è un grave obbligo di aiutare nella formazione della coscienza. Come ricordò san Giovanni Paolo II, in totale conformità con la tradizione cattolica, quando la gente si avvicina alla Chiesa con domande e questioni di coscienza “nella sua risposta sta la voce di Gesù Cristo, la voce della verità sul bene e male. Nella parola pronunciata dalla Chiesa risuona, nell’intimo delle persone, la voce di Dio…. D’altra parte, vincola la formazione morale della carità del Vangelo stesso: “la pedagogia concreta della Chiesa deve essere sempre unita e mai separata della sua dottrina. Ripeto, pertanto, con la stessa persuasione del mio predecessore: “Non diminuire in niente la salutare dottrina di Cristo è una forma di carità eminente verso le anime.”

Incoraggiare o accettare in silenzio un giudizio di coscienza erroneo non è né misericordioso né caritatevole. Proclamare la Buona Notizia, includendo le esigenze morali insite nella natura del matrimonio è un’opera di misericordia e tutti i genitori, scuole, istituzioni cattoliche, professori, teologi, pastori, religiosi e vescovi hanno l’’obbligo grave’ di essere personalmente vigilanti affinché si insegni la “sana dottrina”, 1 Tim1:10, della fede e la morale “per l’adeguata formazione della coscienza.”

SECONDO USO SCORRETTO: SOTTO CERTE CONDIZIONI LE DIVINE PROIBIZIONI AMMETTONO ECCEZIONI

I fattori attenuanti possono significare che “un giudizio negativo su una situazione obiettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o la colpevolezza della persona coinvolta”. Quindi, l’esortazione segnala che sarebbe “meschino trattenersi solo a considerare se l’operare di una persona risponde o no a una legge o norma generale, perché quello non basta per discernere ed assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano…. È verità che le norme generali presentano un bene che non deve mai essere disatteso né trascurato, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari”. Come il Santo Padre ci ricorda, la legge morale non è un bastone: “un pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a chi vive in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che vengono lanciate contro la vita delle persone”.

Alcuni hanno utilizzato in modo scorretto queste considerazioni per affermare che le proibizioni assolute ammettono eccezioni, soprattutto quando la debolezza della volontà o la complessità di una situazione fa sì che l’eccessiva elevatezza della regola renda troppo difficile metterla in pratica. Questo è scorretto.

Certamente l’osservanza della legge obiettiva non basta per dimostrare la fedeltà totale a Dio, come neppure le formule vuote nelle leggi morali che vengono mantenute perfino quando le proprie intenzioni e il carattere sono indifferenti od ostili ai suoi intendimenti. Come ricorda san Pablo, la perfezione cristiana non è una semplice osservanza della regola, bensì la pienezza della virtù: “Anche se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, sono come bronzo che suona o cembalo che tintinna… anche se ripartissi tutti i miei beni, e consegnassi il mio corpo alle fiamme, se non ho carità, niente mi giova.” (1 Corinzi 13: 1, 3). Come spiega San Tommaso d’ Aquino, il retto comportamento esterno di una persona non implica necessariamente che abbia scelto la buona azione per se stessa o per una ferma disposizione della virtù, né tanto meno che abbia adempiuto la legge con la perfezione della carità.

Ma non è meno certo che certe azioni sono assolutamente proibite, dato che in nessun caso è possibile che una retta volontà le scelga. Come spiega san Giovanni Paolo II, per adempiere determinati precetti positivi, è possibile adoperare un’ampia varietà di mezzi, mentre i precetti continuano a essere invariabili e universali. D’altra parte, a volte le circostanze esterne possono ostacolare la capacità di una persona di portare a termine tali atti buoni. Ed esistono altresì comandamenti negativi o proibizioni che sono universalmente vincolanti in qualunque circostanza. Non ammettono eccezione alcuna e non possono mai essere violati, in nessun modo e per nessuna ragione, in “conformità con la dignità della persona” e la “rettitudine della voluntà”. Inoltre, a differenza dei precetti positivi, le circostanze esterne non possono mai costringere uno a “fare certe azioni, se uno è disposto “a morire prima che fare il mal”. Fare il bene, pertanto, ammette una maggiore flessibilità e attenzione al contesto che evitare il male. Questa è la ragione per la quale “la Chiesa ha sempre insegnato che non devono mai scegliersi comportamenti proibiti dai comandamenti morali espressi in maniera negativa nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Gesù stesso afferma l’inderogabiltà di queste proibizioni: ‘Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti…Non ucciderai, non commetterai adulterio’.

Inoltre, la scelta cosciente di azioni che violano le proibizioni morali che non ammettono eccezioni rimane intollerabile, perfino quando si sia fatta una scelta generale o globale per il bene, la cosiddetta “opzione fondamentale”. Questo perché non basta avere l’intenzione generale di fare il bene e di essere buono, se poi si sceglie di realizzare azioni moralmente illecite in se stesse. Alcuni azioni non si devono scegliere mai, ed i “precetti morali negativi che obbligano senza eccezione”, devono essere accettati dai fedeli come obblighi “dichiarati ed insegnati dalla Chiesa nel nome di Dio, Creatore e Signore”.

Ancora, come spiega lungamente Amoris Laetitia, la situazione reale in molte società è tale che i valori generali, le leggi, le condizioni economiche ed il cambiamento delle abitudini sociali comportano che molte persone si trovano in situazioni ed unioni “irregolari.” La Chiesa, seguendo l’esempio e gli insegnamenti del Signore, offre misericordia. Alla samaritana Gesù “rivolse una parola al suo desiderio di amore vero, per liberarla di tutto quello che oscurava la sua vita e condurla alla gioia piena del Vangelo”. Mettendola di fronte alla sua sete ardente di amore, Egli offre se stesso come acqua viva, (Giovanni 4,10).

Accompagnando i deboli nella loro debolezza, Gesù offre loro la sua stessa vita e la Chiesa fa la stessa cosa. Come una madre sollecita, “la Chiesa sta vicino” a quelli che trovano difficili gli insegnamenti morali sul matrimonio e la sessualità, che stanno in situazioni “spesso molto ardue e a volte davvero tormentate per difficoltà di ogni tipo”. La grazia, la misericordia e l’accompagnamento sono il cammino della Chiesa che si prende cura di tutti, perché Gesù è il Buon Pastore che non vuole che nessuno si perda.

Allo stesso tempo, la Chiesa, che è Madre, è anche Maestra e non si stanca di proclamare la norma morale che deve guidare la trasmissione responsabile della vita. Di tale norma la Chiesa non è certamente né l’autrice né l’arbitra. In obbedienza alla verità che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nascondere le esigenze di radicalità e di perfezione.

Come Maestra e Madre, non “cessa mai di invitare e incoraggiare, affinché le eventuali difficoltà coniugali si risolvano senza falsificare né compromettere mai la verità…. Per questo, la pedagogia concreta della Chiesa deve essere sempre unita e mai separata dalla dottrina”. Nella sua istruzione paziente, la Chiesa segue la “legge di gradualità”, sapendo che le persone crescono per tappe nella loro capacità di conoscere, amare e adottare la buona morale. Tuttavia, in relazione alle proibizioni che non ammettono eccezioni, la legge di gradualità non è una ‘gradualità della legge’ Perché la legge è anch’essa un dono di Dio, che indica il cammino, dono per tutti senza eccezioni, che è possibile vivere con la forza della grazia, anche se ogni essere umano ‘avanza gradualmente nella progressiva assimilazione dei doni di Dio…” Ciò che è proibito, invece, lo è per tutti in qualsiasi circostanza.

TERZO USO SCORRETTO: LA DEBOLEZZA UMANA DISPENSA DAL COMANDAMENTO DIVINO

Con genuina compassione il Santo Padre ci esorta ad “annunciare la misericordia di Dio, cuore palpitante del Vangelo che deve raggiungere la mente ed il cuore di ogni persona” attraverso di essa. Non possiamo dimenticare la fragilità e la debolezza dei figli di Dio. Come in modo realistico descrivono i padri sinodali, “in determinate circostanze, le persone trovano grandi difficoltà per agire in modo diverso. Per questo, ferma restando la norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la stessa in tutti i casi”.

Mentre l’autentica pastorale accompagna sempre le persone nella loro sofferenza e nella loro fragilità, alcuni hanno fatto un uso scorretto della giusta insistenza dell’Esortazione sulla logica della misericordia, affermando che gli atti obiettivamente erronei possono essere accettati, e persino santificati, se si giudica che il soggetto non può agire altrimenti. Questo non è solo un cattivo uso delle circostanze attenuanti della responsabilità soggettiva con pretese di rettitudine obiettiva, ma svuota la croce del suo potere. Affermare che gli individui non possono cambiare il proprio comportamento è equivalente a negare l’efficacia ed il potere della grazia, a negare che Dio può fare quello che promette.

La legge morale non è né indifferente né ostile al benessere e alle possibilità dell’uomo. La legge morale naturale è una legge interna, la legge della nostra propria natura, e le sue esigenze, benché molto impegnative, sono proporzionate alle nostre capacità naturali e tendono al compimento dei nostri desideri più profondi: “L’ordine morale, proprio perché rivela e ripropone il disegno di Dio Creatore, non può essere qualcosa di mortificante per l’uomo né qualcosa di impersonale; al contrario, rispondendo alle esigenze più profonde dell’uomo creato da Dio, si mette al servizio della sua umanità piena e con l’amore delicato e vincolante con cui Dio stesso la ispira, sostiene e guida ogni creatura verso la sua felicità”.

Inoltre, la vita familiare ed il matrimonio solo non sono sostenuti e fortificati solo dalla natura, ma anche dalla grazia. Per i battezzati, il matrimonio è un sacramento e porta con sé la grazia sacramentale e la grazia di stato per aiutare ed assistere, fortificare e convertire: “assumendo la realtà umana dell’amore coniugale in tutte le sue implicazioni, [il sacramento] abilita e impegna i coniugi e i genitori cristiani a vivere la propria vocazione ricevendo contemporaneamente un mandato al quale non possono sottrarsi e una grazia che li sostiene e li incoraggia.

Nella sua grande bontà, Dio non emette ordini da lontano, ma ci accompagna sempre, offrendo la sua generosa assistenza a tutti i bisognosi. Cristo è il gran medico, il buon pastore ed il fratello che è stato tentato come noi ed i suoi meriti possono trasformarsi nei nostri. Per questo, la legge è “un dono per tutti senza eccezione [e] può essere vissuto con la forza della grazia.

Solo perché possiamo disporre della clemente assistenza di Dio, la Chiesa insegna la legge della gradualità e, in maniera diligente identifica i fattori attenuanti nella colpevolezza personale. Se una persona non potesse crescere, sia ini natura che in grazia, non potremmo parlare di gradualità nella misura in cui si sviluppa nella responsabilità, nella conoscenza e nell’amore. Se la grazia non fosse presente per aiutarla, sarebbe sommersa nel peccato, incapace di fare un’altra cosa, senza la libertà di convertirsi. Non sarebbe libera, e né la grazia, né la misericordia né il perdono sarebbero disponibili per lei, perché non sarebbe in grado di ricevere tutto questo le viene offerto. Quegli esseri che operano solo meccanicamente o per istinto naturale sono incapaci di azioni volontarie che possono essere perdonate o assistite dalla grazia; tali esseri non hanno bisogno della misericordia redentrice. Se uno non potesse convertirsi, la grazia sarebbe impotente, non necessaria ed irrilevante. L’essere umano, creato ad immagine di Dio “è capace di conoscersi, di dominarsi, di darsi liberamente ed entrare in comunione con altre persone; è chiamato, per grazia, ad un’alleanza col suo Creatore, ad offrirgli una risposta di fede e di amore che nessun altro essere può dare al suo posto.

Di conseguenza, mentre la Chiesa segue la logica della misericordia per tutti quelli che lottano contro la fragilità, condannare all’invincibilità della fragilità e all’impossibilità di fare le cose in modo diverso nega la logica della pietà: “in qualunque circostanza davanti a chi abbia difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis”. Non solo si invita a vivere nella perfezione dell’amore in quella misura offerta ad ogni persona nella data situazione, ma l’amore viene offerto completamente: “in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza… La tiepidezza, qualunque forma di relativismo, o un eccessivo rispetto umano nel proporlo, sarebbero una mancanza di fedeltà al Vangelo e inoltre una mancanza di amore da parte della Chiesa…”

Amoris Laetitia descrive con onestà e senza sminuirle le gravi difficoltà che affrontano le famiglie ed i matrimoni nel nostro tempo, senza occultare le sfide né offrendo un falso ottimismo. La Buona Notizia non è mai impraticabile, poiché dipende sempre dall’iniziativa e dall’azione di Dio, per mezzo del quale siamo capaci di fare tutte le cose. La speranza cristiana, a differenza del mero ottimismo, ripone la “nostra fiducia nelle promesse di Cristo e si appoggia non sulle nostre forze, ma negli aiuti della grazia dello Spirito Santo”. Fiduciosi in questa speranza, sappiamo che il “Signore abita nella famiglia reale e concreta, con tutte le sue sofferenze, lotte, allegrie e tentativi quotidiani”. La grazia è sempre disponibile, come la libertà propria della nostra natura, ed è sempre possibile chiedere l’aiuto di Dio soprattutto nelle situazioni più difficili, dato che nessuno può separarci dall’amore di Dio (Romanos 8: 38-39).

CONCLUSIONE: SCULTURE AUTENTICHE E VIVE

Con troppa frequenza, forse soprattutto nel clamore mediatico attorno ai Sinodi del 2014 e del 2015 e con l’uscita di Amoris Laetitia, l’insegnamento morale della Chiesa sul matrimonio, la famiglia e la sessualità è stato presentato con un linguaggio politico e giuridico. Pur essendo presenti in parte anche questi elementi, non bisogna dimenticare che l’insegnamento della Chiesa, alla fine, si riferisce sempre alla Buona Notizia della salvezza realizzata in Gesù Cristo. La bellezza e la dignità del matrimonio che ci arriva della mano del nostro Creatore e ci è rivelato nella Sacra Scrittura e nella Tradizione della Chiesa è “un Vangelo in sé stesso, una Buona Notizia per il mondo di oggi, specialmente per il mondo scristianizzato”.

Dato che la verità sul matrimonio affonda le sue radici nella natura umana tale come è creata da Dio, e dato che è stato elevato da Cristo in un sacramento che simboleggia il suo amore alla Chiesa, la vita coniugale e familiare si capisce più correttamente attraverso il Vangelo, attraverso la santa vita, morte e resurrezione di nostro Signore e il suo invito a partecipare a quella stessa vita. “Se la famiglia riesce a concentrarsi su Cristo, egli unifica ed illumina tutta la vita familiare. I dolori e le angosce si sperimentano in comunione con la croce del Signore e l’abbraccio con lui permette di superare i peggiori momenti”. La famiglia è una scultura autentica e viva della stessa vita di comunione e grazia di Dio, un bell’ annuncio ed una testimonianza per tutti.

Fraintendere Amoris Laetitia per sostenere le affermazioni erronee prima ricordate non solo offende la ragione, la legge morale naturale, la Scrittura, l’insegnamento di nostro Signore e l’insegnamento continuo e la Tradizione della Chiesa, ma significa anche rinunciare al Vangelo.

La donna sorpresa in adulterio non è condannata da Gesù, (Giovanni 8, 1-11). Se fosse condannata, tutti saremmo condannati. Ma non ci sarebbe nemmeno speranza se Gesù non avesse fatto qualcosa di più che astenersi dal condannarla, perché allora resterebbe sommersa nel suo adulterio e nel suo peccato, persa nell’infelicità e nel desiderio insoddisfatto. Gesù fa di più. Il suo potente gesto di pietà apre la porta del suo cuore alla conversione. Apre i suoi orecchi per ascoltare il suo ammonimento: “Va e da ora in poi non peccare più.” Quello che Gesù le ordina di fare è possibile, una risoluzione di allontanarsi da una vita di peccato e vivere in modo da onorare la misericordia che le è stata concessa. Attraverso il suo comando c’è la speranza, e la misericordia può raggiungere l’obiettivo di salvare la donna. La misericordia apre la porta alla verità e la verità di una vita nuova in Cristo la libera. Imitando Gesù, la Chiesa si impegna a offrire la stessa misericordia, la stessa verità e la stessa speranza a tutti.

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