
Le Lettere di Gavina Masala – Giornalisti e verità, un binomio possibile?
“Tutti gli esseri umani hanno innato desiderio di sapere”, così scriveva Aristotele nella Metafisica, aggiungendo: “Tutte le altre scienze saranno più necessarie di questa (la filosofia), ma superiore nessuna”.
Nella stessa opera, il filosofo sottolineava la specificità degli uomini nei confronti degli animali, individuata nel loro essere dotati di ragione, e l’importanza della facoltà astrattiva della ragione per raggiungere il livello della conoscenza scientifica, intesa come verità certa (episteme).
Perchè rivangare oggi lo stagirita? Mai come in questo momento i mass media sono oggetto di attenzione da parte degli ambienti più eterogenei: giovedì scorso, durante un incontro con i giornalisti, il Papa ha richiamato l’importanza di dire la verità: “La questione qui non è essere o non essere un credente. La questione qui è essere o non essere onesti con se stessi. (…) Auspico che il giornalismo sia sempre più e dappertutto uno strumento di costruzione, un fattore di bene comune, un acceleratore di processi di ricostruzione”.
In maniera molto meno rispettosa, ieri ha tuonato Beppe Grillo: “Non capiscono nulla, è una battaglia persa, sanno solo contare quanti peli ha la Raggi…”. I pentastellati sul pratone del Circo Massimo di Palermo hanno applaudito soddisfatti, quasi sbeffeggiando i numerosi giornalisti sparsi tra loro.
E’ innegabile che la professione giornalistica risenta di una crisi senza precedenti, ma è altrettanto vero che richiedere la verità rende necessarie alcuni punti che è bene non tralasciare.
Tornando ad Aristotele, egli premetteva che la verità pratica (di cui fanno parte l’etica e la filosofia) non ha e non deve avere la stessa certezza delle scienze, in quanto le premesse da cui si muove sono valide per lo più, non tout court.
Così circoscritta la questione, l’appello alla verità giornalistica si può intendere come un obbligo etico, e il metodo per confutarlo, ovvero la bussola per capire se siamo sulla giusta strada, è il seguente: si parte da premesse ritenute vere, si sviluppano le conseguenze e si verifica se queste entrino in contrasto o meno con gli endoxa, ovvero le opinioni più autorevoli e veritiere.
Oggi gli studiosi più accreditati sono portati a considerare come endoxa i princìpi contenuti nelle costituzioni degli stati democratici e le dichiarazioni internazionali, in quanto opinioni della maggioranza. Ovvero, i diritti umani (diritto alla vita, diritto all’istruzione, diritto di asilo, etc.) sono gli endoxa attuali, e tutti non fanno altro che rispettare la comune natura umana, ovvero la dignità dell’essere umano inserito in una cultura o civiltà.
Allora come commentare gli appelli differenti nella forma, ma simili nei contenuti, di Papa Francesco e Beppe Grillo all’etica della comunicazione? Tali appelli sembrano collegarsi al concetto di tutela della dignità della persona, che è qualcosa di almeno in parte opinabile. Infatti, l’etica lascia sempre un margine di interpretabilità, tuttavia ciò non vuol dire che una verità non esista.
Se si intende svolgere con dignità la professione del giornalista, e in generale del comunicatore, va dunque necessariamente posta in primo piano la tutela dei diritti e della dignità di coloro di cui si parla o scrive, senza la pretesa di esaurire un tema o una problematica in maniera incontrovertibile, ma con l’intento di descrivere la realtà rispettando il prossimo. Parola di Aristotele.
Gavina Masala: giovane mamma e moglie, scrivo per capire. Ho una formazione internazionale, da settembre ho intrapreso un secondo corso di studi in filosofia, presso un ateneo pontificio. Parlo tre lingue, mi interesso soprattutto di relazioni internazionali e di religioni: cerco di vedere come la prospettiva cristiano – cattolica possa aiutare a convivere pacificamente