Le lettere Pierri – La difficoltà di un dialogo serio con chi si schiera contro l’eutanasia
Ne dicono di cotte e di crude coloro che si schierano decisamente contro una eventuale legge sull’eutanasia, cose alle volte da far rizzare i capelli anche a chi non ne ha. E rendono davvero difficile il dialogo. La Chiesa, più moderata, afferma: “Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. Non ne disponiamo”. Ma non dice cose esatte. Intanto si può osservare che un dono non è un prestito. Ovviamente di un dono bisogna aver cura, ma se mi regalano un bel prosciutto e il prosciutto diventa rancido e velenoso, che faccio lo mangio ugualmente perché è un dono, oppure lo butto? Se la mia vita diventa un inferno senza speranza, me la tengo o cerco di liberarmene? E non è vero che non possiamo disporre della nostra vita. Possiamo, ad esempio, darla per gli amici, ce lo dice Gesù. Siamo riusciti ad allungarla rispetto a secoli fa, e non si comprende perché non potremmo abbreviarla in caso di estrema necessità.
Ma la Chiesa è moderata. Ho sentito di peggio, di molto peggio durante la trasmissione “La Gabbia” (La7). Mario Adinolfi ha citato Hitler e Stalin, ha detto che in Olanda c’è stata una mattanza di malati, che gli Stati ricorrono all’eutanasia per risparmiare: anziché curare i malati li fanno fuori. Cose di una sconcertante volgarità che, a mio parere, potrebbero persino costargli una denuncia per diffamazione. Purtroppo a smentirlo c’era Maria Antonietta Coscioni, intimidita forse dai riflettori, forse dalla volgarità di Adinolfi, forse dalla mole di Adinolfi. La signora, per esempio, ha detto che per non far soffrire gli animali domestici ricorriamo all’eutanasia. Adinolfi: “Le persone non sono animali”. E lei è stata zitta, anziché replicare: “Per l’appunto, se ci preoccupiamo della sofferenza inutile degli animali, a maggior ragione dovremmo preoccuparci della sofferenza inutile delle persone”. Ma sembrava intimidita. Una bella, invece, l’ho letta sul blog “Come Gesù” del prete e scrittore Mauro Leonardi. Si discuteva dell’eutanasia, della sofferenza terribile, senza speranza, non alleviabile, e una religiosa signora se n’è uscita con queste testuali parole: “E’ necessario iniettare al malato forti dosi d’ottimismo”. E il problema è risolto. Che bisogno c’è mai dell’eutanasia? Mi torna alla mente il ministro Carlo Giovanardi. Durante una trasmissione di Ottoemezzo (24 marzo 2006) si discuteva sulla giustezza o meno di accelerare una morte certa ed invitabile di un neonato affetto da malattia inguaribile, ed in preda a dolori insopportabili. Il ministro se ne uscì con questo consolante (per il neonato!) luogo comune: “Finché c’è vita c’è speranza”. Come dialogare seriamente con queste persone?
Renato Pierri