L’Huffington Post – Le parole del vescovo di Rieti sulla custodia del Creato, simbolo di un Chiesa nuova
“Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo”: i media nazionali fanno la prima pagina con le parole di un vescovo. È un bel segno che la Chiesa italiana, spinta da Papa Francesco, sia citata sui giornali non più solo per le “battaglie” su fine vita, inizio vita e affini ma per la vita quotidiana. E non è un caso dovuto al terremoto: semmai una coincidenza visto che, prevista da tempo, proprio domani 1° settembre si inizierà a celebrare la Giornata per la Custodia del Creato. Sì, dopo la “giornata per la vita” anche una giornata “verde”.
Nell’intimo del proprio cuore “tutto l’uomo” non ci sta. Non tutto è solo spirituale o interiore o privato o tra le lenzuola. Noi siamo anche ogni singola nostra azione espressa nel mondo esterno a noi e intorno a noi. “Tutto l’uomo” è anche nella raccolta differenziata o nel rispetto – urgentissimo – delle norme antisismiche.
Una Chiesa più vicina all’uomo, non è solo una Chiesa che cerca nuove strategie catechetiche. Parlare all’uomo non è solo fargli intendere cose antiche con parole nuove ma anche invitarlo a vivere guardando ciò di cui è custode. La domanda di Dio a Caino “dov’è tuo fratello?” oggi è ancora più urgente. E non riguarda, ripeto, solo le questioni bioetiche, sessuali a vario titolo, di fine vita e inizio vita, ma anche il nostro fratello sole, sorella luna, terra, mare e aria. Dio ci chiede non solo dov’è nostro fratello ma anche come trivelliamo e perché trivelliamo; se costruiamo in modo pericoloso per l’uomo e per l’ambiente; se sotto il cemento, sotto le nostre case, lei – la nostra terra – c’è ancora e l’abbiamo rispettata; se l’amiamo ancora oppure ce ne ricordiamo solo quando chiediamo la stanza d’albergo con vista mare.
Le parole di Pompili non sono di circostanza ma richiamano l’uomo – il laico come il credente – alle proprie responsabilità di costruttore, progettista, architetto, muratore, legislatore. È quello che la gente vuole che la Chiesa sia: vicina alla gente nella vita quotidiana. Per insegnare l’italiano agli immigrati o per rimproverare con forza il politico corrotto. Trovo un filo comune che comincia a delinearsi e a delineare un nuovo corso, una nuova sensibilità. Non mi commuovo solo guardando il vescovo che scava ma anche sentendo il vescovo che chiede a me, dove sono quando c’è da rispettare quello che mi è solo affidato. Anche la società civile con tutti i suoi diritti e i suoi doveri.
Tratto da Huffington Post