Aristide Fumagalli – La famiglia nella Amoris laetitia: il passo del Papa e il cammino della Chiesa
Con la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris laetitia, avvenuta l’8 aprile 2016, papa Francesco ha concluso il cammino sinodale iniziato nell’ottobre 2014, presentando il ritratto di una Chiesa in uscita sulla strada della famiglia. Come è strutturato il testo e quali temi affronta? Quali indicazioni offre alle famiglie e a quanti operano nella pastorale familiare?
Il cammino sinodale sulla famiglia voluto da papa Francesco si è concluso con la pubblicazione dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia (AL), che fin dall’incipit richiama il testo programmatico del pontefice Evangelii gaudium, costituendone la declinazione in chiave familiare. Riprendendo quanto là scritto, Francesco ribadisce che, «senza sminuire il valore dell’ideale evangelico», anche nell’evangelizzazione della famiglia si deve «accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno», lasciando spazio alla «misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile» (n. 44). Pur comprendendo «coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione», Francesco ritiene che la Chiesa, accettando la meravigliosa complicazione dell’«esistenza concreta» e del «dramma umano» delle famiglie, debba assumere «la logica della compassione verso le persone più fragili» (n. 308), sull’esempio di Gesù, «Pastore di cento pecore, non di novantanove» (n. 309). «La logica della misericordia pastorale» (cfr nn. 307-312) pervade l’intera esortazione e ne costituisce la «adeguata di lettura» (Baldisseri 2016), un testo attento a illustrare un modo di camminare verso la pienezza dell’amore familiare più che a esporre una dottrina teologica o dettare norme morali. In questo senso, la AL è una «esortazione radicalmente pastorale» (Spadaro 2016, 127) e, coerentemente a questa sua indole, non è «un grande trattato», bensì «un grande racconto» (Sequeri 2016, 2), caratterizzato da «stili diversi» e «molti e svariati temi» (n. 7) che ritornano e si richiamano, non senza qualche ridondanza.
La struttura variegata dell’esortazione e la sua notevole estensione [1], che riflette la ricchezza del precedente cammino sinodale, sconsigliano una lettura affrettata, raccomandando invece il paziente approfondimento delle singole parti e la consultazione mirata in rapporto ai bisogni delle circostanze concrete. In effetti, la sequenza dei nove capitoli in cui è suddivisa la AL, più che paragonabile alla linearità di una mente ordinatrice, rassomiglia alle disposizioni di un corpo in movimento in cui vari organi sono coinvolti, come vedremo nei prossimi paragrafi.
Due eventi maggiori hanno caratterizzato il cammino del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia: la III Assemblea generale straordinaria, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione (5-19 ottobre 2014); la XIV Assemblea generale ordinaria, La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo (4-25 ottobre 2015). Inoltre, le diocesi sono state coinvolte nella fase preparatoria delle assemblee del 2014 e del 2015.
L’orecchio alla Parola
Nel primo capitolo della AL Francesco presta l’orecchio alla Parola, traendo dalla Scrittura il filo conduttore e il nutrimento per alimentare il discorso, che assume i tratti della lectio divina. Entro questa logica si comprende il privilegio accordato a pagine bibliche mirate, quali il Salmo 128,1-6, ancora oggi proclamato nella liturgia nuziale sia ebraica sia cristiana.
La Scrittura, pur celebrando la comunione familiare nelle sue varie dimensioni, non mistifica la vita di famiglia. Lungo le pagine bibliche, popolate da numerose storie di coppia e di famiglie, scorre anzi «un sentiero di sofferenza e di sangue» (n. 20). Non sono dimenticate nemmeno le molte difficoltà che minacciano la sussistenza e il benessere delle famiglie, tra cui, ad esempio, la fatica e la precarietà del lavoro. Ma anche per le famiglie in crisi o nel dolore, la Parola di Dio si mostra come «una compagna di viaggio» (n. 22) che sostiene nell’amore, alimentando i frutti della misericordia e del perdono e promuovendo la virtù della tenerezza.
I piedi per terra
Raccogliendo alcuni contributi del Sinodo dei vescovi e aggiungendo altre sue preoccupazioni, nel successivo capitolo Francesco si rivolge alla realtà concreta e alle sfide delle famiglie, nella convinzione che «le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia» e che attraverso di essi «la Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda dell’inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia» (n. 31).
La situazione reale delle famiglie, insidiate da un «individualismo esasperato» (n. 33) e da una «cultura del provvisorio» (n. 39), e penalizzate dalla scarsa attenzione delle istituzioni pubbliche, sfida a mostrare come il matrimonio tra un uomo e una donna, essendo «un impegno stabile e rendendo possibile la fecondità», svolga una «funzione sociale piena» (n. 52). La riscoperta del vero senso del matrimonio e il suo rinnovamento certo respingono le «vecchie forme di famiglia “tradizionale” caratterizzate dall’autoritarismo e anche dalla violenza», ma al contempo rifiutano la «decostruzione giuridica della famiglia che tende ad adottare forme basate quasi esclusivamente sul paradigma dell’autonomia della volontà» (n. 53).
La forza essenziale della famiglia, consistente nella sua «capacità di amare e di insegnare ad amare» (ivi), si fonda sull’«identica dignità tra l’uomo e la donna» (n. 54). A questo riguardo è necessario un più chiaro riconoscimento dei diritti della donna, come pure del ruolo decisivo dell’uomo, soprattutto, a fronte dell’attuale “assenza del padre”, nell’educazione dei figli.
Lo sguardo a Gesù
Consapevole che «non si può neppure comprendere il mistero della famiglia cristiana se non alla luce dell’infinito amore del Padre, che si è manifestato in Cristo» (n. 59), Francesco volge nel terzo capitolo della AL lo sguardo a Gesù. Avvalendosi di una sintesi dell’insegnamento della Chiesa, egli mira ad annunciare «il Vangelo della famiglia» (n. 60), poiché «davanti alle famiglie e in mezzo ad esse deve sempre risuonare il primo annuncio [di] ciò che è più bello, più attraente e allo stesso tempo più necessario» (n. 58).
Il Vangelo della famiglia insegnato dalla Chiesa coglie in essa l’«”immagine e la somiglianza” della Santissima Trinità» (n. 71) e presenta il sacramento del matrimonio come il «dono» che rende la reciproca appartenenza dei coniugi una «rappresentazione reale» del «rapporto stesso di Cristo e della Chiesa» (n. 72).
L’unione sessuale, insieme all’intera rete di relazioni che i coniugi intessono tra loro, con i loro figli e con il mondo è «impregnata e irrobustita dalla grazia del sacramento che sgorga dal mistero dell’Incarnazione e della Pasqua di Cristo» (n. 74). Dono offerto all’uomo e alla donna, il matrimonio è allo stesso tempo una «vocazione»; ovvero «una risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa» (n. 72).
Applicando alle relazioni coniugali l’indicazione del concilio Vaticano II di discernere i segni della presenza di Dio nelle varie culture (cfr Ad Gentes, n. 11), si possono meglio apprezzare quelle situazioni matrimoniali che come «semi» debbono maturare o come «alberi inariditi» debbono rifiorire (n. 76). Il «vero matrimonio naturale» [2], le «forme matrimoniali» di alcune tradizioni religiose (n. 77), ma anche le situazioni matrimoniali dei battezzati conviventi o sposati civilmente sono «un’occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio» (n. 78).
Il cuore nell’amore matrimoniale
Il quarto capitolo della AL assomiglia al rallentare di chi, durante il cammino, si sofferma a contemplare ciò che lo stupisce e lo attrae. E ciò che Francesco intende approfondire – l’amore – è al cuore stesso del matrimonio. Consapevole dell’abuso della parola “amore”, egli, secondo il suo stile – quello noto specialmente per via delle sue omelie mattutine nella chiesa di Santa Marta -, ritrae il «vero amore» (n. 90), dapprima mediante un’esegesi puntuale e sapienziale delle parole che compongono l’inno paolino riportato nella Prima Lettera ai Corinti (13,4-7), e quindi illustrando la carità nella concretezza del vissuto coniugale.
Sintetizzando con un ultimo colpo di pennello il suo ritratto del vero amore, colto nella concretezza della vita matrimoniale e familiare, Francesco lo definisce «amore malgrado tutto» (n. 119). Nella concretezza della vita familiare, esso assume la forma specifica della «carità coniugale», misterioso e affascinante intreccio di amore umano e divino. La carità coniugale, infatti, è «l’amore coniugale che unisce gli sposi, arricchito e illuminato dalla grazia del sacramento del matrimonio» (n. 120).
Il cuore nell’amore fecondo
La fecondità dell’amore matrimoniale è al centro del quinto capitolo della AL. Donandosi reciprocamente la vita, i coniugi danno la vita al di là di se stessi. L’amore fecondo dà vita al figlio, «riflesso vivente» dell’amore dei coniugi, «segno permanente» dell’unità coniugale, «sintesi viva e indissociabile del loro essere padre e madre» (n. 165). La generazione del figlio è accoglienza della vita, «che arriva come dono di Dio» (n. 166). In quest’ottica, il figlio «non è un complemento o una soluzione per un’aspirazione personale» e «l’amore dei genitori è strumento dell’amore di Dio Padre» (n. 170).
Ogni bambino ha «il diritto naturale ad avere un padre e una madre», come pure «il diritto di ricevere l’amore di una madre e di un padre», non solo l’amore dell’una e dell’altro «presi separatamente», ma il loro reciproco amore. La reciprocità e la differenza dei genitori, oltre che necessarie per la «maturazione integra e armoniosa» dei figli, permettono a costoro di scorgere «il volto materno e paterno del Signore» (n. 172).
L’impossibilità di avere figli non toglie senso e valore al matrimonio, la cui fecondità si esprime in diversi modi, quali, ad esempio, l’adozione e l’affido. La fecondità dell’amore coniugale conosce anche le forme delle famiglie aperte, accoglienti e solidali soprattutto con chi sta peggio. Divenendo «un luogo di integrazione della persona con la società e un punto di unione tra il pubblico e il privato» (n. 181), le famiglie corrispondono al progetto loro affidato da Dio di «rendere “domestico” il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello» (n. 183). Nello stesso tempo, mostrando «la bellezza del Vangelo e dello stile di vita che ci propone», le famiglie «trasmettono la fede» (n. 184).
La mano tesa lungo la via dell’amore
Il cammino dell’amore fecondo necessita di «nuove vie pastorali», corrispondenti ad altrettante «sfide pastorali» (n. 199). A beneficio delle famiglie, chiamate ad affrontarle, Francesco dedica tre capitoli, dal sesto all’ottavo, della AL. In essi, egli invita la Chiesa a non rivolgere l’indice d’accusa contro chi non ha corrisposto all’ideale dell’amore, e nemmeno a trascinare per i polsi chi è lento e persino bloccato nell’adempierlo, ma a tendere la mano aperta, per invitare a rialzarsi e sostenere nel cammino.
L’attenzione si concentra innanzitutto sull’accompagnamento pastorale nelle varie tappe della vita di una coppia: preparazione al matrimonio, gli anni della vita matrimoniale, e fin oltre il matrimonio, quando giunge la morte. La sfida della pastorale è aiutare a scoprire che l’amore matrimoniale non coincide con «una mera attrazione o una vaga affettività» (n. 217), ma consiste in «un progetto da edificare insieme, con pazienza, tolleranza e generosità». Il cammino di maturazione dell’amore è opera «artigianale», di cui «ognuno dei due coniugi è uno strumento di Dio per far crescere l’altro», in una «storia di salvezza» che costituisce «la missione forse più grande di un uomo e di una donna nell’amore […]: rendersi a vicenda più uomo e più donna» (n. 221).
Affinché il vino nuovo dell’innamoramento si trasformi nel vino stagionato dell’amore maturo, la famiglia deve raccogliere la sfida delle crisi. «Ogni crisi implica un apprendistato» e «nasconde una buona notizia» (n. 232); in fondo, ogni crisi può divenire «un nuovo “sì”» affinché «l’amore rinasca rafforzato, trasfigurato, maturato, illuminato» (n. 238). A tal fine, però, è decisivo imparare la «faticosa arte della riconciliazione» (n. 236).
Per quanto la separazione dei coniugi debba essere considerata un «estremo rimedio, dopo che ogni altro ragionevole tentativo si sia dimostrato vano», bisogna riconoscere che in alcuni casi la dignità propria e dei figli la rende «inevitabile» e persino «moralmente necessaria» (n. 241). Anche in questo caso, l’accompagnamento della Chiesa si offre anzitutto accogliendo la sofferenza di chi ha ingiustamente subito l’abbandono, la separazione e il divorzio, e sostenendo le persone divorziate che, testimoniando la fedeltà matrimoniale, non intraprendono una nuova unione.
La mano tesa per l’educazione dei figli
Considerata l’importanza e la complessità della funzione educativa della famiglia, Francesco si sofferma nel settimo capitolo dell’esortazione sull’educazione dei figli. La pedagogia che egli prospetta è guidata dal principio secondo cui «il tempo è superiore allo spazio» [3], traducibile nella raccomandazione di «generare processi più che dominare spazi». L’interrogativo proprio dell’educazione «non è dove si trova fisicamente il figlio, con chi sta in questo momento, ma dove si trova in un senso esistenziale, dove sta posizionato dal punto di vista delle sue convinzioni, dei suoi obiettivi, dei suoi desideri, del suo progetto di vita» (n. 261).
Con felice espressione, Francesco definisce l’educazione morale un «coltivare la libertà» (n. 267), ciò che non può limitarsi a istruire la ragione, affinché un figlio conosca il bene da fare e sappia giudicarlo adeguatamente, ma comprende «una educazione della volontà» (n. 264), cosicché il figlio possa efficacemente compiere il bene. A tale scopo occorre che i genitori presentino come desiderabili abitudini da maturare e comportamenti da imparare. In questo senso non può mancare un «percorso di trasmissione della fede», di cui la famiglia insegna a «cogliere le ragioni e la bellezza» (n. 287).
La famiglia, in quanto «prima scuola dei valori umani» e del «buon uso della libertà», provvede alla «socializzazione primaria» (n. 274). La sua dimensione «microscopica» e «quotidiana» educa a rompere «il primo cerchio del mortale egoismo», a suscitare «il sentimento del mondo e della società come “ambiente familiare”», a saper «”abitare”, oltre i limiti della propria casa» (n. 276). In coerenza con la visione della sessualità quale linguaggio dell’amore interpersonale, l’educazione sessuale dei figli si può intendere – secondo Francesco – «solo nel quadro di una educazione all’amore, alla reciproca donazione» (n. 281).
La mano tesa alle situazioni fragili
Nell’ottavo capitolo Francesco si china sulle fragilità di coloro che hanno ferito o smarrito l’amore matrimoniale cristiano, nella convinzione che «la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio» (n. 311). La cura pastorale delle situazioni matrimoniali fragili, dette “irregolari”, tipicamente la convivenza, il matrimonio civile e la nuova unione di fedeli divorziati è scandita da tre verbi: accompagnare, discernere e integrare.
Accompagnare. Affrontando tutte le situazioni matrimoniali «in maniera costruttiva», l’accompagnamento pastorale è chiamato a valorizzare quei «segni di amore che in qualche modo riflettono l’amore di Dio», cercando di trasformarli in «opportunità di cammino» (n. 294) verso la pienezza del matrimonio sacramentale. Ciò che risulta possibile per i semplici conviventi e gli sposati solo civilmente, non lo è per i fedeli divorziati risposati, data l’impossibilità di sciogliere un precedente e valido matrimonio sacramentale [4].
Discernere. Il discernimento dei passi da compiere in questo caso è uno dei nodi più intricati e controversi della dottrina e della disciplina matrimoniale della Chiesa e rappresenta anche uno dei punti, se non il punto più delicato e contrastato dell’esortazione. Rispetto ad esso, tuttavia, Francesco non ha mancato di orientare il cammino della Chiesa, escludendo «una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi» e incoraggiando invece, secondo l’indicazione approvata dalla maggioranza qualificata dei due terzi dei Padri sinodali, «un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari» (n. 300).
Questa indicazione corrisponde alla diversità e alla complessità delle situazioni, nonché al diverso grado di responsabilità e imputabilità degli interessati (cfr Costa 2016). Tale discernimento, al contempo personale e pastorale, implica sia la competenza della coscienza dei fedeli, sia la competenza pedagogica della Chiesa. A tal proposito, Francesco incoraggia «la maturazione di una coscientza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore» (n. 303). Quale luogo concreto del discernimento personale e pastorale viene indicato «il colloquio col sacerdote, in foro interno», mirante a orientare i fedeli «alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio» e «alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere» (n. 300).
Integrare. Accogliendo l’orientamento della maggioranza qualificata dei Padri sinodali, Francesco prospetta chiaramente la «logica dell’integrazione» quale «chiave» (n. 299) dell’accompagnamento e del discernimento circa i battezzati divorziati e risposati civilmente. L’integrazione misericordiosa, del resto, vale per «tutti, in qualunque situazione si trovino», poiché nella logica del Vangelo «nessuno può essere condannato per sempre» (n. 297): «la carità cera è sempre immeritata, incondizionata, e gratuita!» (n. 296).
Sino a dove può condurre la logica dell’integrazione? A quale tappa può giungere il cammino graduale dei fedeli divorziati risposati? La risposta a queste domande permette di cogliere la novità dell’AL, in continuità con la precedente disciplina. Rispetto ai limiti posti da Familiaris consortio, già il duplice Sinodo dei Vescovi convocato da Francesco aveva maturato, non senza divergenze ma comunque con la maggioranza qualificata dei due terzi, l’istanza di «discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate» (Relatio Synodi 2015, n. 84). Francesco ha accolto l’istanza del Sinodo, ma non si è limitato a confermarla, giacché ha precisato che la via del discernimento può prolungarsi sino a considerare l’accesso ai sacramenti. Tale precisazione è solo accennata nell’AL e nemmeno nel corpo del testo, ma solamente in due note (nella nota 336 corrispondente al n. 300 e nella nota 351 corrispondente al n. 305). In questa forma dimessa si può forse cogliere la difficoltà del Papa nel fronteggiare le divergenze, presenti «perfino tra i ministri della Chiesa», che vanno da «un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione e fondamento, all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendp conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche» (n. 2).
Ma l’interpretazione più adeguata del discreto riferimento ai sacramenti sembra quella che lo inscrive nella logica del discernimento, il quale non corrisponde immediatamente alla generica domanda «si può, non si può», ma commisura le disposizioni della disciplina pastorale al grado di maturazione della responsabilità personale. L’eventuale ammissione dei fedeli divorziati risposati ad ambiti della vita cristiana sinora esclusi, e specialmente all’ambito sacramentale, non è una nuova normativa canonica stabilita da Francesco, ma l’esito di un cammino, frutto di discernimento pastorale.
L’indicazione dell’esigente via del discernimento particolare invece che quella della normativa generale non è l’abdicazione di Francesco alla sua autorità magisteriale, ma il coinvolgimento nel cammino della Chiesa della responsabilità di tutti: dei fedeli interessati, che dovranno interrogarsi in coscienza circa la loro situazione matrimoniale; degli operatori pastorali che li aiuteranno a «comprendere meglio quello che sta succedendo» e a «scoprire un cammino di maturazione personale» (n. 312); dei presbiteri con cui condurranno il discernimento; dei Vescovi, cui compete di individuare gli orientamenti che integrino, a beneficio delle Chiese locali, l’insegnamento del Papa. Il magistero pastorale della AL contiene indicazioni essenziali per la pratica del discernimento, che sembra tuttavia opportuno integrare affinché, soprattutto entro le Chiese locali, si eviti l’eccessiva disomogeneità pastorale e si favorisca, invece, una maggior comunione ecclesiale. Ciò non solo conforterebbe i presbiteri nell’esercizio del discernimento pastorale, ma acquisirebbe ai fedeli interessati e alle comunità cristiane il senso di un cammino che, doverosamente personale, non è tuttavia individuale e tanto meno privato, bensì ecclesiale.
Il respiro profondo
Il presentarsi della Trinità «nel tempio della comunione matrimoniale» (n. 314) e l’abitare del Signore «nella famiglia reale e concreta» (n. 315) assegnano alla carità una sfumatura specifica, quella della spiritualità matrimoniale. La spiritualità dell’amore coniugale e familiare, «fatta di migliaia di gesti reali e concreti», è una «spiritualità del vincolo abitato dall’amore divino» (ivi). In tal senso, la comunione familiare ben vissuta è un «vero cammino di santificazione», un luogo di «crescita mistica» e di «unione intima con Dio» (n. 316).
Animata dallo Spirito, la famiglia non solo accoglie la vita generata, ma si apre all’ospitalità, specialmente dei poveri e degli abbandonati. Questa forma di «amore sociale, riflesso della Trinità», connota la spiritualità della famiglia, rendendola «nello stesso tempo, una Chiesa domestica e una cellula vitale per trasformare il mondo» (n. 324) impegnata in un continuo cammino. La vita spirituale della famiglia «non è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare», verso quella «pienezza dell’amore, che giungerà solo con l’avvento definitivo del Regno dei cieli» (n. 325).
L’odore delle pecore
La AL è una felice conferma dell’innovativo magistero pastorale di papa Francesco, caratterizzato dall’«odore delle pecore» (papa Francesco 2013a), che il pastore acquisisce camminando con il popolo di Dio. Il cammino con il popolo di Dio – ha fatto notare lo stesso Papa – è autenticamente pastorale quando il pastore sa «camminare davanti, indicando il cammino, indicando la via; camminare in mezzo, per rafforzarlo nell’unità; camminare dietro,`sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il popolo di Dio per trovare nuove strade» (papa Francesco 2013b). Questa triplice posizione del pastore è rintracciabile nella AL e connota la sua continuità e novità rispetto al precedente magistero della Chiesa sul matrimonio e la famiglia.
Anche Francesco, come i suoi predecessori, cammina “davanti” al popolo di Dio, rivolgendo lo sguardo a Gesù mediante la luce della Parola (cap. I) e l’insegnamento della Chiesa (cap. III), al fine di prospettare la meta da perseguire. In questa posizione e funzione Francesco è in continuità con il tradizionale magistero che insegna autorevolmente la meta e i riferimenti del pellegrinare terreno della Chiesa, corrispondenti alla verità della fede cristiana.
Più spiccatamente che in precedenza, tuttavia, il magistero pastorale di Francesco si colloca “in mezzo” al popolo di Dio, accostandosi alla realtà e alle sfide delle famiglie (cap. II), accompagnandole nelle varie stagioni della vita matrimoniale e genitoriale (capp. VI-VII) e, soprattutto, rintracciando il riflesso e le esigenze dell’amore fecondo di Cristo (capp. IV-V-IX) con grande sensibilità umana e intensa forza comunicativa, mediante un linguaggio attraente e gioioso. Il cambio di registro linguistico è uno dei tratti di maggiore innovazione rispetto alla precedente tradizione magisteriale. La AL, è stato osservato, rappresenta, come già la Evangelii gaudium, un «avvenimento linguistico» (Schönborn 2016).
Ma il magistero pastorale di Francesco risalta nella sua novità specialmente nel collocarsi “dietro” al popolo di Dio, anzitutto per accompagnare e integrare chi si trovasse in condizioni di maggiore distanza e fragilità rispetto all’ideale del matrimonio cristiano (cap. VIII), ma soprattutto per la fiducia che egli mostra nella capacità del popolo di Dio, variamente configurato, di trovare e percorrere il cammino del Suo amore. Introducendo l’esortazione, Francesco subito chiarisce che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero» (n. 3), e che sino al momento in cui la Chiesa, guidata dallo Spirito, giungerà finalmente alla verità completa, sarà necessario «continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali». Per questo, egli afferma che «la riflessione dei pastori e dei teologi, se è fedele alla Chiesa, onesta, realistica e creativa, ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza» (n. 2) e sostiene che «la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa» (n. 303).
A seguito del processo sinodale, ci si poteva forse attendere che Francesco ponesse il punto fermo sui contenuti emersi e specialmente sulle questioni più discusse, un po’ come i farisei che interrogarono Gesù sulla liceità del divorzio (cfr Matteo 19,2-12). Ma come allora Gesù, così oggi Francesco, invece che cristallizzare la prassi tramite una normativa, ha focalizzato lo sguardo sulla bellezza gioiosa dell’amore familiare, riflesso del Dio amore, muovendo un passo in quella precisa direzione. Con quello che il card. Scola ha definito «il coraggio dell’imperfezione» (Scola 2016, 5), Francesco invita ora la Chiesa a «fare un grande passo in avanti» (Giaccardi-Magatti 2016, 8), guidandola con il suo carismatico appello: «Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare!» (n. 325).
NOTE
1 La AL si snoda lungo 325 numeri, a fronte della Relatio Synodi 2015 che ne contava 94 e della precedente esortazione apostolica postsinodale sul matrimonio e la famiglia, la Familiaris consortio, che ne annoverava 86.
2 II matrimonio naturale è definibile come l’unione indissolubile, ordinata al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione della prole, di un uomo e una donna non battezzati (Codex iuris canonici, can. 1055).
3 Citato due volte nella AL (nn. 3 e 261), il principio è presentato in Evangelli gaudium, nn. 222-225. Cfr Costa e Foglizzo 2016.
4 «Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte» (Codex iuris canonici, can. 1141).
BIBLIOGRAFIA
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GIACCARDI C. – MAGATTI M. (2016), «Introduzione. Una famiglia che ama, una Chiesa in cammino», in PAPA FRANCESCO, Amoris Laetitia. Esortazione apostolica sull’amore nella famiglia, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 5-24.
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TROTTA G. (2015), «Il cammino sinodale. Una rilettura in corso d’opera», in Aggiornamenti Sociali, 8-9, 603-611.
Magistero
Ad gentes= CONCILIO VATICANO II, decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, 1965.
EG = PAPA FRANCESCO, esortazione apostolica Evangelii gaudium, 2013.
FC = GIOVANNI PAOLO II, esortazione apostolica Familiaris consortio, 1981.
Relatio Synodi (2015) = SINODO DEI VESCOVI – XIV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo, Relazione finale.
Relatio Synodi (2014) = SINODO DEI VESCOVI – III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, Relazione finale.
PAPA FRANCESCO (2013a), Omelia nella Santa Messa del Crisma, 28 marzo.
PAPA FRANCESCO (2013b), Discorso ai partecipanti al convegno per i nuovi vescovi promosso dalla Congregazione per i vescovi e dalla Congregazione per le Chiese orientali, 19 settembre.
(Aggiornamenti Sociali giugno-luglio 2016 – pp. 467-477)
Tratto da Note di Pastorale giovanile