Blog / Sandokan | 30 Aprile 2016

Le Lettere di Sandokan – Dolori

Un uomo ha commesso degli errori e, a causa dei suoi errori, sua moglie sarà uccisa, o forse è già stata uccisa, ma lui non lo sa. E allora vorrebbe fare qualcosa per impedirlo, ma non sa cosa. E chiede consiglio.
Gli viene spiegato che lui, con il suo dolore, non può modificare la realtà, non può cancellare le conseguenze delle sue scelte, non può riportare sua moglie accanto a sé. Perché le leggi dello scambio non valgono quando c’é di mezzo il dolore, per il semplice fatto che il dolore non ha valore.
«Il mondo in cui cerca di riparare agli errori che ha commesso è diverso dal mondo in cui ha commesso quegli errori. Lei adesso è al bivio e vorrebbe poter scegliere, ma non può più farlo, può solo accettare. La scelta è stata fatta, tanto tempo fa.
Gli uomini riflessivi spesso si trovano in un luogo lontano dalla realtà della vita. In ogni caso dovremmo tutti prepararci un posto dove accogliere le tragedie che prima o poi colpiscono le nostre vite, ma questa è una preoccupazione che pochi mettono in pratica.
Lei conosce i versi di Machado? “Caminante, no hay camino, se hace camino al andar”.
Machado era un maestro di scuola e sposò una giovane, bellissima ragazza. E l’amava moltissimo. Ma lei morì e allora lui diventò un grande poeta. Machado avrebbe dato ogni parola, ogni poesia, ogni verso che aveva scritto per avere anche solo un’altra ora con la donna che amava. E questo perché quando entra in gioco il dolore, le normali leggi dello scambio non si applicano, perché il dolore trascende il valore. L’uomo darebbe via intere nazioni per togliersi dal cuore il dolore. E tuttavia non possiamo comprare niente col dolore, perché il dolore non ha alcun valore.
Lei continua a negare la realtà del mondo in cui si trova. Lei ama sua moglie così tanto, così completamente, al punto di scambiare il suo destino con quello di lei? E non parlo di morire, perché morire è facile. Sì? Ne è capace? E’ bello sentire questo amore.
Però lei è al punto in cui deve capire che non si può più tornare indietro. Lei è il mondo che ha creato. E quando lei cessa di esistere anche il mondo che ha creato cessa di esistere. Ma per coloro che sanno che stanno vivendo gli ultimi giorni del loro mondo, la morte acquista un diverso significato. L’estinzione di ogni realtà è un concetto che nessuna rassegnazione sa accettare. E allora tutti i grandiosi progetti, e tutti i piani, saranno finalmente esposti e rivelati per quello che sono».
La crudezza di questo scritto di Cormac McCarthy mi suggerisce due pensieri.
Il primo riguarda le persone che a questo mondo si trovano, senza alcuna colpa, a vivere situazioni terribili, come la donna del racconto che sarà uccisa senza sapere perché.
Perché ci sono a questo mondo persone che nascono in un fosso e crescono senza scarpe e invece ce ne sono altre che nascono in una clinica con l’aria condizionata? Penso che non succeda per caso, ma per scelta. Per scelta di chi? Non si sa, non sempre, non completamente. Certamente di qualcuno, molti o pochi, che hanno contribuito a definire il mondo che accoglie ogni vita che nasce. Perché ogni scelta, anche piccola, ha il potere di creare. E il mondo subisce le conseguenze delle nostre scelte, nel tempo. Naturalmente non voglio dire che il mondo con l’aria condizionata sia frutto di scelte giuste: ci sono fortune che poggiano su furti, omicidi, bestialità. Voglio solo dire che non è Dio che sceglie di far nascere alcuni suoi figli nei fossi e altri nelle cliniche a cinque stelle.
Poi si creano strane relazioni tra chi è nato nel fosso e chi è nato in un castello. Sandor Marai disegna in un suo romanzo la figura di una donna, Judith si chiama, nata tra gli stenti che viene accolta in un palazzo signorile. Ci si aspetta gratitudine da chi era destinata a mendicare e può fare la dama di compagnia a dei signori grazie alla loro magnanimità e invece i signori ottengono il suo disprezzo: quella donna li rovinerà. Lei non vuole la loro magnanimità, vuole la loro vita. Vuole essere pure lei una signora magnanima. L’unica persona che apprezza è il vecchio padrone di casa, che si prende delle libertà con lei. Lo apprezza perché la tratta da serva, quale lei è in fondo agli occhi di tutti: una serva ripulita, non certo una signora.
Il secondo pensiero riguarda il valore del dolore. Col dolore non possiamo comprarci niente, è una moneta che non vuole nessuno. Però c’è una speranza: «Lei ama sua moglie così tanto, così completamente, al punto di scambiare il suo destino con quello di lei? E non parlo di morire, perché morire è facile. Sì? Ne è capace? E’ bello sentire questo amore».
Questa speranza non cambia la vita. Fa compagnia. Scambiare il dolore non si può fare, ma è bello trovare qualcuno che nel nostro dolore sia disposto a entrare fino a sentirlo nella carne. Non come i signori che accolgono Judith, da estranei. E’ questo che dà valore al tuo dolore: la voglia che a un altro può venire di abitarci dentro fino al punto che hai quasi paura che tu possa perderlo il tuo dolore e che l’altro non abbia più un luogo dove abitare nella tua vita. E’ forse il senso del “Felix culpa” pasquale, ma non bisogna avere troppa fretta di lasciare a Dio tutto il peso. Anche noi possiamo vivere nei dolori di chi amiamo, basta riconoscere i nostri amori e non usare la parola “amore” con superficialità, come qualcosa che sia vera, oggi, verso tutti. E poi, forse, non siamo in grado di “abitare” molti luoghi e non tutti i luoghi sono fatti per noi.
Se non amiamo, vivere come il vecchio padrone di casa di Judith è più onesto e anche più apprezzato. Tra le altre cose uno non corre il rischio di sentirsi buono, il che è un vantaggio se uno ci pensa bene.