
Le Lettere di Gavina Masala – Lisa, la sua musica, il nostro dovere di riflettere
A leggere la storia, brevissima, della bella Lisa Digrisolo non si può che rimanere con l’amaro in bocca, o meglio col fiato sospeso, come sospesa è rimasta la sua vita. Era bellissima Lisa, poco più che adolescente e aveva un futuro che l’aspettava, un futuro da aspirante modella. Doveva ancora compiersi la sua esistenza, ma lei aveva certamente tutte le carte in regola: un sogno, delle esperienze fatte, gli studi in fashion design e magari, dato che si trovava in stazione la mattina prestissimo, anche tanta buona volontà. Non lo sapremo mai: è stata chiamata presto Lisa. Neppure da credenti è facile farsi una ragione di storie come la sua, che sfiorano il paradossale, solleticano critiche contro le misure di sicurezza approssimative nelle stazioni. Qualcuno potrebbe anche fare una morale: “questi giovani, sempre distratti, non sanno più dove si trovano”. Di certo c’è qualcosa che accomuna questo tragico incidente a molti altri, avvenuti con dinamiche affini. Io stessa spesso giro con le cuffiette e il mio mondo parla mentre cammino, mentre tutto il resto avviene, ma noi non ci siamo: la vita sta accadendo e noi scegliamo una dimensione parallela. Perché? Nel pormi questo interrogativo in questi giorni, mi sono risposta che spesso la realtà non ci piace e che in nome della libertà ne scegliamo un’altra, parallela. Soprattutto per noi giovani, Lisa lo era molto più di me, tutto è complesso: abbiamo molto ma non possiamo essere ciò che siamo, ovvero noi stessi, con vulnerabilità annesse. E mi sono immaginata Lisa, nel mondo della moda, dove devi essere bella, felice, inappuntabile, desiderabile, anche se proprio non ti va. Ma devi dare un’immagine di te, non essere te stessa. E’ lontanissima da me l’idea di fare un’esegesi delle cause dei comportamenti di una ragazza che neppure ho conosciuto, ma mi viene da pensare a quanto, nella frenesia e nel rumore quotidiano, vogliamo fare silenzio, ritagliarci i nostri spazi, uscire dalla realtà. Perché? A questa domanda non voglio dare risposta, per rispetto di questa vita spezzata, che per chi crede si sta compiendo nell’eterno, e per rispetto di chi soffre per lei. Tuttavia dentro di noi cercare di rispondere a quell’interrogativo è un dovere. Qualunque sia la risposta, sarà certo uno schiaffo all’arroganza di chi (tutti) pensa di avere la vita in pugno. La vita sfugge e il nostro cercare di non viverla, di astrarci, la fa sfuggire ancora più velocemente. Questo non è però il tuo caso Lisa, la tua vita lascia una traccia profonda: hai donato a tutti noi la possibilità di riflettere, di fermarci a capire cosa non va e magari a cercare di migliorare. Speriamo che anche sul piano fattuale, della sicurezza per intendersi, qualcosa finalmente si muova.
Giovane mamma e moglie, scrivo per capire. Ho una formazione internazionale, da settembre ho intrapreso un secondo corso di studi in filosofia, presso un ateneo pontificio. Parlo tre lingue, mi interesso soprattutto di relazioni internazionali e di religioni: cerco di vedere come la prospettiva cristiano – cattolica possa aiutare a convivere pacificamente