UCCR – Family Day, analisi dell’infantile reazione del mondo mediatico-arcobaleno
La categoria Interviste incontri ha lo scopo di documentare le citazioni che riguardano me o il blog. Con questa unica finalità pubblichiamo quest’articolo veramente poco condivisibile
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Che il Family Day sia stato un successo al di là delle più rosee aspettative è dimostrato da tanti fattori.
Innanzitutto, primo elemento, il dato più politico è che secondo la maggior parte degli esperti il ddl Cirinnà ha poche possibilità di passare così com’è, senza modifiche, anche perché se vi fosse completa equiparazione con il matrimonio riconosciuto costituzionalmente interverrebbe a bloccarlo il Quirinale, come ha ricordato Gaetano Silvestri, ex presidente della Consulta.
Tutto questo nonostante i capricci di Monica Cirinnà («io non cambio nulla!», dice), già sotto stress per l’avviso di garanzia recapitato al compagno, Esterino Montino. Le modifiche al ddl dimostrano in ogni caso la sua incompetenza politica: possibile che soltanto alla seconda bozza di un testo di due anni fa non si era mai accorta di problemi di costituzionalità? Sembra infatti che Matteo Renzi non abbia nascosto la sua irritazione verso la senatrice Pd. Sì, due anni, perché si tratta già di una vecchia proposta di legge, un’altra prova della forza degli oppositori: pensare che Ivan Scalfarotto annunciava trionfante che la legge sarebbe arrivata nel maggio 2015 e dovevamo farcene «una ragione». Invece sarà lui a farsi una ragione del fatto che il Family Day ha comportato, secondo i sondaggisti, una perdita di 600-700mila votanti per il suo partito politico. Mentre l’altro grande partito politico, il PDL, si è accorto di aver aumentato i consensi quando si è battuto per la famiglia (mentre la base del Movimento Cinque Stelle si è schierata contro la stepchild adoption).
Il secondo dato è che finalmente, dopo la grande e democratica manifestazione del 30 gennaio, diversi giuristi e opinionisti stanno uscendo allo scoperto, confermando i giudizi degli organizzatori del Family Day. Ieri, Ugo Magri, editorialista de “La Stampa”, ha spiegato che effettivamente esiste un nesso tra la “stepchild adoption”, così come è presente nel ddl Cirinnà, e la pratica dell’”utero in affitto”: «la proposta Cirinnà può rappresentare effettivamente un incentivo all’”utero in affitto”. Ammetterlo sarebbe un contributo all’onestà». Un altro editorialista, Ernesto Galli della Loggia del Corriere della Sera, ha smentito che quelli pretesi dal mondo omosessuale siano “diritti” o “principi di democrazia”: «Vengono invocati non solo perché si pensa in tal modo di conferire un crisma di inappellabilità alle richieste in questione, appiccicando agli oppositori la comoda etichetta di reazionari, di nemici della “libertà”. Ma anche per aggirare, mettere da parte, le domande che nel nostro orizzonte culturale sembrano massimamente sconvenienti». L’unico motivo per cui oggi sono al centro dell’attenzione è l’effimero “volere di una maggioranza”, esattamente come ieri si sosteneva l’eugenetica (con tanto di corsi universitari) e domani la clonazione umana. Non essendoci alcun diritto in gioco, chi si oppone alle “pretese gay” potrà saranno individui «democratici e liberali, semplicemente di diverso parere rispetto a loro».
Allo stesso tempo hanno preso coraggio due dei più autorevoli intellettuali del comunismo italiano: Giuseppe Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci, e Mario Tronti, padre dell’operaismo italiano degli anni Settanta, oggi senatore del PD. Il loro intervento è stato definito “familismo rosso”, una resistenza da sinistra in difesa della dualità uomo e donna. «La regolazione legislativa dei rapporti eterosessuali ma anche omosessuali non può prescindere da una priorità: il diritto alla vita e alla riproduzione del genere umano, assicurati dall’unione di un uomo e una donna», hanno detto. Oltre al rifiuto del ddl Cirinnà espresso da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, sono arrivate oltre 300 firme all’appello di giuristi del Centro Studi Livatino, organizzato da Mauro Ronco, ordinario di diritto penale Università di Padova. Tutti contrari al disegno di legge sulle unioni civili, dai presidenti e vicepresidenti emeriti della Corte Costituzionale, come Riccardo Chieppa e Fernando Santosuosso, a celebri magistrati come Paolo Maddalena, dai presidenti di numerosi tribunali a diversi componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, da magistrati ordinari a docenti universitari che hanno fatto la storia dell’Accademia in Italia, come Ferrando Mantovani, Pierangelo Catalano, Ivo Caraccioli ecc.
Il terzo elemento è la reazione mediatica: giornali, talk show, trasmissione radiofoniche e televisive hanno perso qualunque equilibrio e distacco sposando all’unisono la legge sulle unioni civili. Lo si è capito chiaramente dal programma di La7 “Presa Diretta”, durante il quale Costanza Miriano -una delle portavoce del Family Day– è stata bersagliata in diretta cinque contro uno, impedendole di replicare e i suoi interventi, al contrario di quelli degli altri ospiti, sono stati continuamente interrotti anche dagli stessi conduttori. «Pare proprio che abbiate loro messo paura, cari amici del Circo Massimo», ha commentato Mario Adinolfi. «La cosiddetta libera informazione ha deciso che contro di noi ora va usato l’olio di ricino». I vari preti mediatici hanno colto l’occasione per cercare un altro applauso da parte del web, dal già noto narciso Mauro Leonardi a don Paolo Farinella (che, nonostante sia un diffamatore già condannato dallo Stato, ha definito il card. Camillo Ruini una mummia che credevamo sepolta e stagionata» e ha paragonato i partecipanti al Family Day ai mafiosi). Il vaticanista Giacomo Galeazzi ha invece definito così l’impegno Massimo Gandolfini, portavoce dell’evento: «crociata bioetica in nome di Dio, senza avvalli ufficiali delle gerarchie ecclesiastiche». Un pazzo invasato, in poche parole.
Già nei giorni precedenti si era annusato qualcosa, pensiamo all’ipocrisia di chi ha protestato per la scelta di Roberto Maroni, presidente di regione Lombardia, di illuminare il Pirellone con una scritta pro-Family Day. Gli stessi che pochi secondi prima esultavano per il patrocinio del Comune di Milano e del sindaco Pisapia al Gay Pride e alla manifestazione-flop “SvegliatiItalia”. Gli stessi che mesi prima esultavano quando l’ex sindaco Ignazio Marino usò il Campidoglio come base per la bandiera arcobaleno. Un altro caso esilarante è quello di Italo: preso di mira perché offriva sconti a chi andava al Family Day –quando in realtà organizza sempre pacchetti scontati per qualunque tipo di manifestazione (compresi i Gay Pride)-, ha dovuto arrivare a chiedere scusa (come l’imprenditore Barilla) per questo, a causa delle minacce e del boicottaggio promesso. Al contrario, Ikea, Coop, Ebay e altre grandi aziende hanno potuto manifestare contro il Family Day senza che nessuno dicesse nulla, senza dover chiedere scusa, senza subire boicottaggio.
Veri e propri insulti indirizzati al popolo del Family Day sono arrivati da Luciana Littizzetto, comunista milionaria: una contraddizione etica vivente. Propaganda d’odio verso i manifestanti è stata creata dalle Iene, i siti web dell’Huffington Post, di Fanpage.it e di quasi tutti i giornali online sono invasi da post di disprezzo contro chi non è a favore del ddl Cirinnà, non esiste un solo articolista che osa pensarla diversamente. Propaganda Lgbt è un appuntamento fisso nelle trasmissioni della soubrette Barbara D’Urso, regina del trash italiano, con sdolcinate storie omosessuali con musichetta in sottofondo (guardandosi bene dal raccontare l’origine dei bambini adottati). Già richiamata dal presidente dell’ordine dei giornalisti. «In un dibattito che sta dividendo il Paese sulla questione delle unioni civili», spiega sempre Adinolfi, «è mai possibile che tutti quelli che dovrebbero essere arbitri dell’informazione sono schierati da una parte?». C’è chi ha titolato: «Gli odiatori del Family Day», chi ha definito la manifestazione come coloro che vogliono «l’oscurantismo e l’oppressione attraverso la religione», chi ha parlato della «setta di Gandolfini che ci impone la sua sharia. Spazzatura di ipocriti e violenti liberticidi».
Non è mancata, e questo è il quarto elemento, la reazione dei social network. Il sito del Family Day è stato oscurato dagli hacker di Anonymous -perfetta dimostrazione del disprezzo della legalità degli oppositori-, mentre il giorno dopo la comunità Lgbt ha fatto chiudere il profilo Facebook ad uno dei portavoce dell’evento, Simone Pillon (profilo che gli è stato poi stato ridato grazie alle numerose proteste). I militanti arcobaleno si sono impegnai anche in altre infantili reazioni, ad esempio nel tentativo (rivelatosi un flop) di ingolfare i centralini della regione Lombardia ecc. In queste ore, l’ex ministro Giorgia Meloni sta subendo «insulti impubblicabili», si legge sull’Huffintgon Post, per aver annunciato di essere incinta durante l’evento del 30 gennaio scorso. Il primo a scagliare la pietra è stato il transessuale Wladimiro Guadagno (Luxuria), sono seguite addirittura minacce di morte a lei e al bambino.
Dopo questa carrellata di civilissime reazioni del mondo “love-is-love” ad una manifestazione di popolo -oltretutto con età media decisamente bassa, come ricordato oggi dal direttore de La Croce– bisognerebbe domandarsi cosa infastidisca tanto all’effimero mondo borghese-progressista? E’ così scandaloso che un popolo -di mamme, papà, nonni, sedie a rotelle, carrozzine e passeggini-, che per decenni era scomparso dalla scena pubblica o considerato irrilevante, stia rialzandosi in piedi? I primi a reagire sono stati i Paesi dell’Est (la Russia in primis), per decenni sottoposti al regime comunista e che, certo, non avevano alcuna intenzione di ricadere sotto un altro regime, quello arcobaleno. Poi è nata spontaneamente la Manif pour tous in Francia e, come per osmosi, è accaduto qualcosa in ogni grande Paese. In Italia tutto è avvenuto in meno di un anno: cos’è successo «che ha cambiato il cuore di tanti, prima di tutto il nostro? In questo anno che ha visto nascere un popolo, consapevole, forte, coraggioso, pronto al sacrificio?», si è chiesta Costanza Miriano. «È successo che tanti rivoli si sono uniti, tante persone hanno lavorato insieme per dire la stessa cosa, percorrendo l’Italia in lungo e in largo, facendo rete, facendo nascere amicizie, passando parola, diventando una vera compagnia». E’ così che sono apparsi «soldi trovati dal nulla, gente che ha aperto le case, il cuore, il portafogli. Amicizie nate e diventate forti come querce. Noi siamo un popolo, adesso, e questa nuova vita che è partita sarà difficile fermarla».
Aver visto la marea umana al Circo Massimo ha incattivito i portavoce del “progresso”, come è stato scritto. Il popolo della famiglia da una parte e quello di Barbara d’Urso, di David Parenzo, di Luxuria dall’altro. I valori da una parte e il trash dall’altra. L’Italia profonda da una parte (come viene chiamata oggi) e i feticisti di Twitter dall’altra. I senza voce da una parte e l’impero mediatico dall’altra. Il Medioevo degli ospedali, della carità e delle università contro l’Illuminismo del terrore giacobino. Davvero credete di fermare questo popolo con un po’ di propaganda di regime?
Tratto da Uccronline
UCCR mi riserva a proposito di Welby e dei funerali a Gelli un articolo qui dello stesso tenore