Cominciamo il quinto capitolo.
La Discussione dal titolo “La suora e Padre Aldo” arriva al cap. quinto – che significa aver superato gli 800 commenti… – in pratica concentrando la propria attenzione sulle parole della suora che metto di seguito (l’intera lettera si trova all’inizio del cap. 1 della Discussione). “… Finché pochi anni fa i miei superiori mi hanno proposto di cambiare comunità per andare a sostenerne una in difficoltà. Cosa non facile, essendo la comunità composta da 15 suore, da 15 donne, la cui maggioranza supera i settant’anni.
La vita comune mi ha creato sempre grandi problemi, ma in questa nuova sede mi sono ritrovata immersa nell’aridità più totale. Ciascuna viveva come se fosse stata sola, ciascuna si preoccupava di curare i propri “affari” e le proprie attività e le altre costituivano uno scomodo intralcio alla propria individualità. Dopo pochissimo tempo mi sono rivolta ai miei superiori segnalando le mie difficoltà. Ma, ahimè, tutte le volte mi sono sentita rispondere che la mia fede non poteva dipendere dalla posizione di chi mi stava vicino, che l’unico problema di cui dovessi preoccuparmi era il mio rapporto personale con Cristo…”.
La frase “…mi veniva detto che l’unico problema di cui dovessi preoccuparmi era il mio rapporto personale con Cristo…” fa pensare. E se ci caricassimo di Croci che non sono quelle di Cristo? Qual è l’importanza dell’amicizia?
Per Cristo l’amicizia è di somma importanza (Gv 15,15: vi ho chiamato amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”). Questo è il modo più sublime di vivere quel “amatevi gli uni gli altri come io amato voi” che è il centro del vangelo di Giovanni. Un esperto ci ha spiegato che l’apostolo prediletto scrive deliberatamente due volte il versetto del mandatum novum perché voleva fosse fisicamente – cioè matematicamente – quello centrale dei capitoli 13-17 (ci sono state due stesure: 13,14,18; 13,14,15,16,17). Come mai dopo venti secoli di cristianesimo l’amicizia è un bene così raro sia dentro le realtà ecclesiali che fuori? Dentro le realtà ecclesiali certo la ragione è stata anche che per paura delle “amicizie particolari”, del confondere tra direzione spirituale e amicizia, della paura dell’amicizia tra maschi e femmine, spesso l’amicizia è stata ostacolata. Però questo non basta per spiegare perché l’amicizia sia un bene così raro anche al di fuori delle singole realtà ecclesiali. Ovunque è raro. E’ un bene meraviglioso ma rarissimo. La Discussione è aperta.
Come mai adesso i preti sono d’accordo? Ci fosse per caso un’amicizia particolare dietro le quinte? Oppure è che contro il comune nemico si diventa amici?
Io sinceramente ‘sta cosa delle amicizie particolari l’ho sempre considerata un’idiozia. Ne vogliamo parlare? Parliamone.
Qual è il problema se sono più amica di Polifemo che di don Mauro? O se sento più affinità con Domenica che con Paola? Perchè non posso avere un rapporto con Sciagurata diverso da quello che ho con Antonio? Oppure una maggiore simpatia per Dory che per Ribelle?
Cos’è che fa paura?
@fefral te l’appoggio, non vedo problemi nell’avere gradi diversi di amicizia, anzi mi sembra la cosa più normale. Forse dobbiamo iniziare col confrontarci su cosa intendiamo per “particolari”.. Ora sono di corsa, ma ci penso s
Miiii…, come sei pizzuta! direbbero a Palermo! Certamente si possono anzi direi che inevitabile che ci siano tonalità diverse nell’essere amici. Forse un esempio può servire: spesso a scuola, le ragazze o i ragazzi si dividono in gruppetti, che non si frequentano, non si intendono, si guardano in cagnesco, si fanno scherzi pesanti, ecc. C’è tutto un genere “college” nei films e nelle serie televisive per ragazzi che gioca su queste dinamiche di esclusione e di successive aperture che costituiscono l’happy end del film o della puntata. L’amicizia particolare è una amicizia che esclude. Questo mi risulta chiaro e si può dare in una corsia di ospedale tra i medici, in un ufficio e anche in una famiglia numerosa. Io ho avuto modo di vederlo in varie occasioni e ho constatato che è motivo di sofferenza umana, il che significa di fatto mancanza di carità cristiana. Nel caso di comunità molto chiuse può dar luogo anche a relazioni con sfumature affettivamente morbose, ma non era certo a questo che ci volevamo riferire ( almeno io ma penso anche d. Mauro ) nel nostro discorso. Passo e chiudo e mi diverto…al tuo stile pizzuto!
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allora chiamiamola relazione escludente, e non amicizia particolare. Perchè per me ogni amicizia è particolare. E nessuna amicizia che sia vera amicizia può essere escludente. Perchè nel mio vocabolario amicizia ha un significato positivo e particolare è un aggettivo che può avere diversi significati ma certo non quello di “morboso” “escludente” “poco caritatevole”.
Le cose vanno chiamate col loro nome. Altrimenti la guerra alle cosidette amicizie particolari diventa guerra all’amicizia.
@ Giampaolo…. mi piace il suo siciliano, e la sua simpatia. Io sono una persona che vive l’amicizia e tutti i livelli, preti e non… ma ricordando sempre che nel gradino più alto c’è sempre il prete, padre e fratello a cui va il mio rispetto e la mia stima . Ho sempre nel cuore l’amore che desidero più di ogni altro…. e nessuno può imitarlo nè donare. E’l’amore per l’AMATO … ognuno può tenerenel cuore il proprio amato e quindi l’amicizia è una cosa che mi fa stare su un piano diverso dall’amore. Non posso confondere le cose no??
Meno male che non hai ancora letto il discorso di sopra, perchè spareresti un missile contro la pace fatta )( ma non c’è stata mai guerra nè lite ). Si potrebbe parlare di amicizia degenerata. Quando prevale un sentimento possessivo, la gelosia (di cui si voleva parlare ) allora l’amicizia non nasce o degenera. Hai veramente una idea molto alta e bella dell’amicizia, ma qualche volta può degenerare o nascere guasta. Io – volendo parlare di una specie di casistica clinica dell’amicizia malata- ne ho visto parecchi casi e siccome oggi l’adolescenza dicono che si prolunga e forse non finisce mai, il pericolo a mio avviso c’è. Buona cena.
non so se parla con me o con Vera. Io ho visto danni fatti dalla guerra alle amicizie particolari che dopo decenni rimangono insanabili. Mi sembra assurdo fare la guerra a tutto per voler scongiurare il rischio di qualche mela guasta.
Io non so se ho un’idea alta dell’amicizia, mi limito a raccontare come sono le amicizie che vi
@ Giampaolo capisco e sono d’accordo solo laddove non si è capito cosa vuol dire AMORE, tra gli adolescenti non esiste questo vocabolo…. o meglio è abusato fortemente…. Dio la benedica padre e buona cena anche a le
Vera ciao, brava ad aver messo in mezzo gli adolescenti. Forse loro ci possono dare una mano a capire l’amicizia. Mi avevano abituato a vederli come un problema. Sono splendidi. Hanno un segreto: vivono il presente. Un po’ perché sono egoisti (gli sta scoppiando la vita in mano e non hanno tempo per me) e un po’ perché vivono molto intensamente tutto e quindi in quello che vivono c’è spazio solo per quello. Lo conoscono l’amore, lo conoscono nell’amico della classe accanto, nel ragazzo visto alla televisione. Non amano quelli possibili ma solo gli impossibili perché per loro l’amore è l’AMORE, non gli basta una storia normale, non sanno che farsene della normalità. Le loro amiche e i loro amici ( per loro non c’è il problema del sesso) sono anche i loro avversari in furiose litigate, nello stesso pomeriggio, durante la stessa chattata su Fb. Non sanno cosa sia un’amicizia particolare, perché tutto è nuovo, la stessa amica è sempre nuova, un pomeriggio è diverso dal prossimo, e il pomeriggio passato è preistoria. Ogni persona è un tesoro per loro. Ogni amicizia è l’amicizia. Ma non sono immaturi. Se ci parlo vedo che sanno benissimo cos’è l’amicizia e cosa non lo è. Hanno solo poca esperienza. A me mi fregano le certezze, l’esperienza. Ho un sacco di passato e il presente è un po’campo di riscatti. Le mie amicizie a volte compensano altro, non sono particolari, non sono proprio amicizie. Mancava la gratuità a volte nei miei rapporti. Ora sto cercando di cambiare e posso dire che scoprire la libertà nei rapporti me ne ha fatto scoprire anche la verità.
Avevo finito un po’evangelica ma mancava un pezzo. Scoprire la verità dell’amicizia non mi ha messo al riparo dagli errori sulle persone e sui rapporti…. ma chissenefrega. Ci scappano dei momenti speciali bellissimi nell’essere amiche e pure la quotidianità ci guadagna.
@ Tres, vivere nella Verità la vita e tutto quello che comporta quindi anche l’amicizia, ti mette a rischio, ti toglie qualcosa o tanto… Io ho sofferto molto, nei rapporti ho messo tutta me stessa, e non sempre si è capita la purezza e la gratuità dei gesti e delle parole. Il mio cuore se dovessi disegnarlo è come quello delle vignette di Clericetti, pieno di cerotti. Ma non mi fermo continuo ad essere vera! nei miei rapporti conservo quanto posso la mia spontaneità e la mia libertà, anche se so non verrà capita del tutto. Molti mi hanno lasciata, o meglio hanno lasciato la mia amicizia, ma io non li ho mai mollati, nel mio cuore ci sono sempre e prego per loro….. cerco di amare con l’aiuto di Dio coloro che mi hanno ferita di più, ma non smetterò per questo di dare la mia vita per la vita vera. Il Signore guarirà il mio cuore, nella misura in cui io lo donerò a qualunque costo.I giovani hanno il desiderio di trovare la Verità, ma sbagliano a cercarla e credono di averla trovata ai primi sintomi di gioia. La libertà per loro spesso è libertinaggio…. Solo la Vertà potrà renderci LIBERI. In tutto questo hai ragione certi momenti sono stupendi, l’amicizia è un dono che viene dall’alto e per questo va rispettato come ogni dono che viene da Dio.
Ho trovato utilissimo il carteggio sulle amicizie “particolari” (che certo non sono le amichette del cuore). E’ questione rilevante per chi vive anche dentro una realtà ecclesiale. Credo sempre di più che non ci si salvi da soli. E forse proprio non basta la grazia di Dio e il buon umore per rendere il mondo bello agli occhi di Dio. E allora queste realtà ecclesiali sono l’ossigeno che aiuta noi creature a disintossicarci dall’inquinamento del mondo delle relazioni umane; inquinamento che porta allo scoraggiamento e alla chiusura pessimistica al mondo.
Ma per essere ossigeno, le realtà ecclesiali devono essere luoghi, anche ma non solo fisici, dove senti la vibrazione dell’amore di Dio.
Ieri, per esempio, sono andata a respirare un po’ d’ossigeno in un gruppo ecclesiale non mio (si capisce che non sono fedele all’incardinazione in un gruppo definito!!); gli sguardi di amore delle amiche che ho trovato mi accompagnano da ieri sera e mi scaldano il cuore, anche in questo momento di grandi fatiche.
Non ci si salva da soli.
Dopo il documento finale sui preti pedofili non sono tanto certa che questa chirsa sia la chiesa voluta da Gesù Cristo e sia la chiesa alla quale voglio appartenere.
Ti sbagli, cara Patrizia. Il male, la zizzania, ci sarà sempre. Ma Dio ha vinto il mondo.
Ne ho piene le palle di tutto questo alzare il dito contro e poi vedere che la gente laica non muove il culo per migliorare la chiesa e il mondo.
Sulla pedofilia confido nella magistratura, non è il mio ruolo. Io conosco preti santi che mi hanno cambiato la vita, che muoiono ogni giorno di più dentro i confessionali e sui libri di teologia per nutrire la mia anima ignorante e pigra.
E’ il momento dei laici.
Diamoci da fare, coi fatti; e chiediamo aiuto alla Spirito santo. Lui non si arrende di fronte alle bassezze di noi uomini.
Ciao Patrizia! la mia giornata è folle, quindi stacco la connessione col blog.
Sono stanca degli scandali che colpiscono la Chiesa.Non dimentico De Pedis e il rettore indagato. Molto stanca.E mi chiedo: si può per pochi,pochissimi,preti illuminati dallo Spirito Santo far parte di una Chiesa che con conclamata divinvoltura calpesta i principi morali che vorrebbe far rispettare ai fedeli?Sono cattolica,per chi mi legge per la prima volta,credo fermamente in tutti i dogmi di fede,la mia vita ha come punto di riferimento i Vangeli……(ci provo con tutta me stessa ad essere coerente ma non sempre ci riesco),amo Gesù Cristo con tutta me stessa,ma questa chiesa, che dovrebbe essere la mia guida spirituale,è ancora legittimata a chiamarsi “la Chiesa di Pietro”?
Cara Paola, la gente laica è stanca come me.Sui documenti che emana la CEI i laici non hanno alcun potere. Questo il testo:”il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti”.Mi dispiace Paola ma sei tu che ti sbagli, a mio parere.La sfiducia colpisce la Chiesa nella sua credibilità, non nelle singole persone, mi pare di averlo già detto. E’ proprio alla magistratura, in cui tu confidi, che si sottrae il clero, adducendo scuse assurde, volte solo a proteggere i colpevoli.Io ,e tanti come me,nelle realtà locali, cara Paola, cerchiamo di migliorare il mondo…infatti non ho niente da dire contro nessuno, ma vedi i documenti parlano da soli……Se non volesserero certe riflessioni e considerazioni, non dovrebbero redigere questi documenti e proteggere certe situazioni…..
Sono d’accordo con Vera che dall’amore di Dio discende la capacità di amore verso il prossimo, anche quanto è scandaloso e peccatore, distinguendo il peccato dal peccatore e correggendo il peccatore perchè esca dalla sua condizione di peccato ( così comincio a rispondere al dolore di Patrizia ).
Capisco il dolore e la ripugnanza di fronte a uno dei gesti più disgustosi che possono essere compiuti e prego subito per le vittime.
La mia risposta è però quella di Pietro: “da chi andremo Signore se tu solo hai parole di vita eterna?” Gesù ha detto “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa…..” Però è certo che ci proveranno e ci provano, sia facendo cadere le persone, sia divulgando con enfasi tutto il male che accade. Ai piedi della Croce non c’era altro Apostolo che Giovanni, il più giovane e innamorato e alcune donne, di gran cuore, intrepide e innamorate. Lì è nata la Chiesa e poi lo Spirito santo l’ha consolidata nella preghiera del cenacolo. Ma la forza della Chiesa di Cristo è lo Spirito santo e coloro che ascoltano la sua voce e la seguono.
Patrizia, io spesso mi consolo leggendo gli Atti degli apostoli e la storia della chiesa degli inizi, la storia di tanti santi intrepidi del passato e del presente e dei tanti eroi anonimi che li hanno seguito e li seguono. Io grazie a Dio preti pedofili non ne ho conosciuti ma conosco tanti preti buoni che si prodigano con spirito di sacrificio e con un mucchio di difetti, per la fede delle persone.
s. Josemaria Esrivà diceva, in privato, il credo aggiungendo alle parole “la santa Chiesa cattolica” “MALGRADO TUTTO” e a un ecclesiastico che gli chiedeva sorpreso e sconcertato ” Che cosa vuol dire con questo “malgrado tutto” rispondeva “MALGRADO I MIEI PECCATI E I SUOI, ECCELLENZA” Non sono fioretti o aneddoti da catechismo è la strada per non perdere il contatti con la pienezza della grazia di Dio. Lutero perse la strada – nel senso più pieno – proprio scandalizzandosi per le miserie degli ecclesiastici. A me viene solo voglia di pregare, di riparare, offrendo nella s. Messa il sangue di Gesù di cui una sola goccia ” può cancellare tutti i crimini della terra” e attenuarne le conseguenze nella vittime. E questi dolori sono uno stimolo per cercare di essere migliore e di non far fare a chi si avvicina a me una esperienza triste. Basta, sennò faccio una predica. Comunque il tuo sdegno è segno che sei una buona figlia della Chiesa e sono certo che lo resterai sempre.
Faccio un piccolo riassunto delle puntate precedenti…
La Discussione dal titolo “La suora e Padre Aldo” arriva al cap. quinto – che significa aver superato gli 800 commenti… – in pratica concentrando la propria attenzione sulle parole della suora che metto di seguito (l’intera lettera si trova all’inizio del cap. 1 della Discussione). “… Finché pochi anni fa i miei superiori mi hanno proposto di cambiare comunità per andare a sostenerne una in difficoltà. Cosa non facile, essendo la comunità composta da 15 suore, da 15 donne, la cui maggioranza supera i settant’anni. La vita comune mi ha creato sempre grandi problemi, ma in questa nuova sede mi sono ritrovata immersa nell’aridità più totale. Ciascuna viveva come se fosse stata sola, ciascuna si preoccupava di curare i propri “affari” e le proprie attività e le altre costituivano uno scomodo intralcio alla propria individualità. Dopo pochissimo tempo mi sono rivolta ai miei superiori segnalando le mie difficoltà. Ma, ahimè, tutte le volte mi sono sentita rispondere che la mia fede non poteva dipendere dalla posizione di chi mi stava vicino, che l’unico problema di cui dovessi preoccuparmi era il mio rapporto personale con Cristo…”.
La frase “…mi veniva detto che l’unico problema di cui dovessi preoccuparmi era il mio rapporto personale con Cristo…” fa pensare. E se ci caricassimo di Croci che non sono quelle di Cristo? Qual è l’importanza dell’amicizia?
Per Cristo l’amicizia è di somma importanza (Gv 15,15: vi ho chiamato amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”). Questo è il modo più sublime di vivere quel “amatevi gli uni gli altri come io amato voi” che è il centro del vangelo di Giovanni. Un esperto ci ha spiegato che l’apostolo prediletto scrive deliberatamente due volte il versetto del mandatum novum perché voleva fosse fisicamente – cioè matematicamente – quello centrale dei capitoli 13-17 (ci sono state due stesure: 13,14,18; 13,14,15,16,17). Come mai dopo venti secoli di cristianesimo l’amicizia è un bene così raro sia dentro le realtà ecclesiali che fuori? Dentro le realtà ecclesiali certo la ragione è stata anche che per paura delle “amicizie particolari”, del confondere tra direzione spirituale e amicizia, della paura dell’amicizia tra maschi e femmine, spesso l’amicizia è stata ostacolata. Però questo non basta per spiegare perché l’amicizia sia un bene così raro anche al di fuori delle singole realtà ecclesiali. Ovunque è raro. E’ un bene meraviglioso ma rarissimo. La Discussione è aperta.
Recentemente sono stato a una conferenza di Pier Paolo Donati sulla centralità della relazione alla Pontificia Università della Santa Croce (Roma). C’erano duecento persone, molte delle quali conosciute. Ci siamo salutati con un misero “Ciao” con molti di loro. Mi sono chiesto perché con loro non fossi amico, e mi sono venute in mente queste parole di Come Gesù:
“La grazia dell’amico è quella di stare sul mio stesso piano, dell’essere immischiato nella mia stessa vita. Se non si fa attenzione a queste sottili ma importanti differenze, si corre il rischio di fraintendimenti che possono portare proprio i cristiani che vogliono prendere Cristo sul serio, a
espellere Gesù dalla loro amicizia reciproca. Ma allora che amicizia sarebbe? Mi vengono in mente i discepoli di Emmaus che camminando parlano tra loro di Gesù (cfr Lc 24, 13-35). Si confrontano, si comunicano la loro delusione da amici. Parlano tra loro di Gesù ma da nulla si evince che uno abbia una particolare autorità rispetto all’altro. Lo fanno come lo fanno gli amici. E proprio grazie a questo confidarsi reciproco e amicale appare loro Gesù. Se avessero parlato solo del tempo o della partita di calcio o di quanti sono venuti all’attività, come sarebbe andata? Credo che Gesù non sarebbe apparso.” (Come Gesù, pp. 201-202)
Fefral. Non credo che si debbano fare guerre contro niente. Sono d’accordo con te che le fobie preventive, per fatti che potrebbero accadere fanno ancora più danno. Io avevo una zia, vecchia maestra, attentissima alle regole dell’igiene che non mangiò verdura cruda per tutta la vita, perchè, nel primo novecento, si insegnava giustamente alle maestre che si rivolgevano a comunità contadine, a pulire bene la verdura per evitare le infezioni, allora poco curabili. Di quante soddisfazioni si è privata e quanta paura ha vissuto e diffuso intorno a sè! Io sono convinto che è la verità che libera dalle paure e permette di muoversi con scioltezza nel mondo delle relazioni e degli affetti. Avendo idee chiare e una coscienza serenamente formata, si evitano tutte le complicazioni.
Però io faccio l’esperienza a scuola e dovunque che le deformazioni dell’amicizia creano partigianerie, chiesuole, gruppetti, cosche dall’apparenza innocua che fanno tanto male o almeno che fanno perdere tanto tempo per dirimere contenzioni che non ci dovrebbero essere. Anche il mio amico s. Paolo si è trovato nella chiesa appena agli inizi, “ancora fresca di Spirito Santo” a lottare con i gruppetti “io son di Paolo” “Io sono di Apollo”, ecc.
Tutto qui, una serena prudenza priva di paure. “Chi teme non è perfetto nell’amore”: questo ti piacerà: è s. Giovanni. Basta non fare quelli di s. Giovanni, contro quelli di s. Paolo. Mannaggia! Ci casco anch’io!
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@Mauro: ho sbagliato sezione….me ne sono accorta solo dopo aver postato…..scusa…..possiamo spostare i post in una sezione adeguata?
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@ padre Mauro al centro dell’amicizia sotto tutti gli aspetti c’è sempre la buona coscienza e la presenza di Dio e dei suoi principi. Non fondo nulla parlando e vivendo il nulla, ma solo in Dio la mia vita è presenza dell’amore. S. Francesco non aveva bisogno di parlare e comunicava lo stesso. Essere amici è qualcosa di splendido,essere chiamati a vivere l’amicizia è dono da custodire nel cuore di Dio e nel nostro. Infatti sento l’altro anche attraverso un monitor, percepisco la sua presenza e amo il suo cuore. Attraverso la S. M;essa si può offrire la vita per l’altro,e sostenerlo nel cammino anche se questi si trovasse lontano. Magari Dio non mi chiama a dare la vita come ha chiesto ai martiri, ma è sempre martirio rimanere senza consolazione spirituale perchè l’hai offerta per un altro….. Dio la benedica sempre
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correggo: “non sto con le mani in mano”…ovvio!!!!
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Perché l’amicizia è rara? Perché l’amicizia è l’unica cosa gratuita che costa tantissimo. Per non salutarti con un semplice “ciao” bisogna che quel rincontrarsi sia appeso ad un filo. Un filo di ricordi comuni, non dei tempi della scuola, ma di quello che ti è successo l’ultima volta che ti ho visto. Bisogna che ti abbia chiamato, non pensato solo, ma chiamato, tra gli ultimi due ciao che ci siamo scambiati. E questo comporta che io mi sia appuntato il tuo compleanno, che non ti abbia mandato gli auguri di Pasqua con ”Invia a tutta la rubrica”, che mi sia congratulata con te della tua ultima promozione, o come vada con l’incarico nuovo, o ti faccia i complimenti per il libro, che sia stata ad ascoltarti, e tu per me, con me. Insomma mi devi essere costato un po’ di tempo. E poi c’è l’altra questione dell’essere sullo stesso piano. Se siamo sullo stesso piano, siamo faccia a faccia. Io guardo te ma tu guardi me. Nell’amicizia c’è una reciprocità che è difficile da vivere. E’ più facile dare che ricevere, perché fa sentire più importanti dare, elargire, che ricevere. Poi nell’amicizia non c’è nessuna istituzione che ti permette di prenderti delle “pause”. Un matrimonio è un matrimonio anche se stai “in pausa” con i sentimenti, nell’amicizia no. L’amicizia si paga in contanti.
Per me vale la pena “spendersi” nell’amicizia.
Mi vergogno quasi di intervenire troppo, ma in questi giorni di fine trimestre chi fa il sacerdote a scuola gode di più libertà e di più tempo disponibile. Tocchiamo in punta di piedi il tema dell’amicizia per non essere al solito tentato di entrare come un elefante nel proverbiale negozio di cristalli. Vengo incontro alle osservazioni di d. Mauro e di Tres e mi riposo nella visione di fede di Vera che alleggerisce la coscienza dal martellare della richiesta di essere sempre al massimo della carità, disponibilità, attenzione.
Mi immagino nella conferenza di d. Mauro e penso: perchè pochi fanno festa? Io guardo con affetto e con speranza chi non vedo da tempo e quello non mi si fila, ( per parlare come i ragazzi). Ci resto male. Mi avvicino all’uno o all’altro e questo si accende per un po’ di vera gioia, ma poi ci spegniamo tutti e due ( io penso che non posso monopolizzarlo, che ho poco da dirgli e forse ha altro per la testa e lui forse pensa altrettanto, magari mi viene in mente che non gli ho restituito un libro o che non mi ricordo più se è morto suo padre che stava male ). Fine del contatto. C’è un altro ma lui è dell’organizzazione della conferenza, l’altro forse ha invitato un conoscente e vuole fare gli onori di casa e mi passa vicino, mi stringe un gomito e passa oltre e io mi accontento. C’è una donna che rivedo con piacere ma forse non è poi così opportuno che mi profonda in effusioni, mi avvicino, saluto, qualche bella o meno bella considerazione e fine del contatto. Magari vengo da lontano ed è passata molta acqua sotto i ponti e non è il caso. Quello è tutto serio, magari non ha preso il caffè, quell’altro è preoccupato perchè ha parcheggiato male, quell’altro aspetta che arrivi l’amico che ha invitato. Forse quello è professore e ha la puzza sotto il naso in ambito accademico e non riesce a uscire dal ruolo e mettersi alla pari. Tres ti pare poco avere sottomano tutto quello che dici tu, nell’Aula magna di una università con duecento persone, fratelli in Cristo, ma più o meno frequentati. Signore, come è difficile essere uomo, sempre al top !!!!. Perciò forse ripiego sul soprannaturale e prego per tutti e spero che qualcuno mi contatti o faccio una telefonata e penso che non ho letto tutte le opere di Donati o forse le ho lette e mi domando se avrò il coraggio di fargli una domanda che mi preme, dato che vengo dalla periferia culturale del mondo. Signori, l’amicizia è anche riposare sulla comprensione dell’altro. Affido alle stampe un contributo, pane e salame. A proposito, le ultime parole mi hanno prodotto uno spasmo gastrico. Buon pranzo
Si è verissimo tutto quello che ha detto. Il soprannaturale ci sta sempre bene, tra amici e non. C’è sempre un motivo gastrico, accademico, organzizzativo, di parcheggio, di acqua passata sotto i ponti che ci giustifica. La vita è complicata per tutti. Non voglio amici al top, voglio amici. Una stretta di gomito è una gran prova di affetto. Sono quei “ciao” striminziti, da amico ad amico, che fanno male. Ci siamo capiti vero @Don Gianpaolo? Buon pranzo.
Fatto. Patrizia, Gian Paolo, Vera trovate i vostri commenti nella nuova Discussione “La chiesa e la pedofilia” in attesa che Patrizia ci mandi il documento…
@Gianpaolo
Sono contenta che tu intervenga con frequenza. :-)
allora don GianPaolo, educhiamo all’amicizia i giovani invece che preoccuparci delle deformazioni della stessa!
Mia figlia qualche tempo fa mi chiedeva “mamma ma gli amici a che servono?” E io “a niente” e lei “allora se non servono a niente è meglio non averne?” “no, il bello è proprio questo, proprio perchè non servono a niente è bello averne” “meno male, a me piace avere amici”
Don Mauro, io non spenderei tempo a chiedermi perchè c’è gente che non è sua amica. Non ci si può imporre di essere amici, e non si può essere amici di tutti. Ma l’amicizia è contagiosa… se è vera amicizia
don GianPaolo e tutti, in realtä don Mauro mi ha “fregato” un’idea ;)
Lui alla conferenza c’è stato per davvero, ma sono stata io a dirgli che mi era spiaciuto che persone con cui avevo condiviso molto mi dicessero neanche “ciao”, lui poi forse si è identificato con la mia idea.
perciò facciamo chiarezza.
Innanzi tutto, anche io so benissimo del casino che c’è alle conferenze, neanche la mia migliore amica riuscirei a salutare come si deve.
Ma io mi riferivo ad altro. Mi riferivo al fatto che spesso dico “quella persona è mia amica” solo perché frequenta la mia stessa realtà spirituale, ci parlo a volte e abbiamo anche avuto delle belle confidenze…e poi finisce tutto quando una delle due cambia gruppo, o città.
Allora, io da quel giorno ho deciso fermamente una cosa: mai più lamentarmi della poca amicizia prima di averci provato. Infatti, mi sono chiesta: ma quelle persone avranno mai capito che io volevo essere davvero loro amica? No, perché magari non gliel’ho mai detto, né ho mai provato.
E poi ho capito che non si può essere amici di tutti. C’è una persona che in questi anni mi ha fatto molto soffrire (lei non ne ha nessunissima idea), perché mi sentivo che mi ignorava proprio, anche se entrambe frequentavamo lo stesso gruppo spirituale, diciamo così (e in questo senso dico che le amicizie particolari sono cattive: quando uno ha i suoi preferiti e gli altri non è che li prende in considerazione, ma meno – il che è del tutto naturale-, ma li esclude proprio, consapevolmente o meno). Poi ho deciso: ma a me, che me ne importa? Cioè, se mi importasse davvero, andrei da lei e le direi: vogliamo essere amiche? Ma se non mi importa, amen. Non è scattato il feeling, e non muore nessuno.
Invece ieri ho detto a una persona a cui tengo molto “ti va di uscire insieme la sera, una volta?” e sono stata molto, molto felice quando mi ha detto “dai, certo, ci organizziamo, con piacere!”. Chissà quanto tempo meno sprecato a piangermi addosso sull’amicizia qua e là, se l’avessi fatto prima.
Ergo conclusione 1): l’amicizia va un po’ sollecitata, perché gli altri nella nostra testa non leggono, e non sanno quanto ci stiamo male se noi non lo facciamo presente.
problema 2): amicizia a parte, nei rapporti con persone che frequentano lo stesso gruppo spirituale, diciamo, bisogna però cercare di essere attivi e capire se qualcuno soffre ma non lo dice. Magari pensare che si può sentire solo. Farsi un po’ avanti noi intercettando gli altri. A me è capitato tante volte di sperare che qualcuno tipo mi dicesse “oh, ti va un gelato, una passeggiata” er sentire che non si sta insieme solo per pregare, ma anhce per altro. Che non sei l’oggetto della carità fraterna, ma dell’affetto o di amicizia o, per lo meno, umano. L’aspetto fraterno cristiano, a mio parere, viene dopo. Ora, per le persone celibi che vivono assieme probabilmente è diverso, c’è la necessità i creare un ambiente familiare che va al di là dell’amicizia, ma per gli altri direi che l’affetto sincero è la prima cosa.
Il far sentire che tu per me sei importante a prescindere dal fatto se continuerai a pregare con me o no, se verrai alle mie attività o no, se sarai un buon cristiano o no.
Ora, è chiaro che non si può dare il 100% a tutti, e io stessa ho amici migliori di altri, e penso sia normale. Ma cercare di includere tutti nell’affetto, di dimostrarlo.
A me una carissima amica mi ha detto una volta una cosa che mi ha fatto molto soffrire. Mi ha detto “Lidia, si sa, quando in un gruppo spirituale sei una persona nuova, appena conosciuta, che si può ben inserire nelle attività sei importantissima, ma appena vedono che non rispondi ai criteri non ti si filano più, e le amicizie sono sempre strumentali all’espansione delle attività apostoliche, non sono vero affetto disinteressato”. Ora, spessissimo io ho visto il contrario, perciò non prendo la frase come una verità assoluta, ma purtroppo un fondo di verità c’è e vorrei che invece non ci fosse più.
però devo dire un’altra cosa: io ho imparato cos’è la vera amicizia frequentando un centro dell’opus dei (e penso valga per tante altre realtà), dove mi hanno insegnato a essere attenta ai bisogni altrui, a non calunniare, a essere leale…
Insomma, quella dell’autenticità dei rapporti è una via difficile, ma va percorsa se vogliamo essere cristiani apostolici, altrimenti saremo sempre e solo “bravi cristiani” che attirano e poi fanno andare via.
Si e ho imparato a stare più attento e ad essere più intraprendente dalla tua perorazione, ahimè alquanto impegnativa.
Concordo. Le mie preoccupazioni sono sempre state dopo per metterci le pezze. Giuro che non ho mai predicato contro le amicizie particolari, che sanno di conventi sei-settecenteschi e di autori libertini che descrivono compiaciuti, monache perverse o frati dongiovanni. Dio ci liberi. Io non ho nemmeno simpatia per i Promessi Sposi e le monache di Monza. Però ho dovuto passar tempo a ricucire invidie tra gruppi e gruppetti. Invita la figlia ad essere amica di tutte e di portare a casa anche qualche comagna antipatica.
Oddio è vero! A volte “peroro”. Mi detesto quando lo faccio ma c’è in me qualcosa di puntuto-maestrina che esce sempre! Cavolo.
Mamma mia, fefral, concordiamo troppo! Non staremo mica diventando amici e non vorrai poi offrirmi una birra….?Accetto un tartufo, semmai
Parole perfette, per quanto mi riguarda. Sarebbe da analizzare, per far contento d. Mauro, che vuole approfondire, perchè non si trova più tempo e non si ha un approccio più naturale per stabilire rapporti validi ? Ti assicuro che ho vissuto epoche in cui era più facile e non solo perchè si era più giovani ma perchè c’era più spazio mentale
don GianPaolo, abbia pazienza, ma non può chiedere a una donna di pagarle la birra e neppure un tartufo!
Facciamo che invitiamo anche don Mauro e paga lui per tutti (anche perchè il numero migliore per l’amicizia come insegna lewis non è il due ma almeno il tre)
@ Giampaolo… PIU? SPAZIO MENTALE, o più spazio e basta. Ci si ascoltava di più prima? si aveva più tempo ma perchè adesso si corre e sempre???? forse dovremmo imparare a donare e donarci un pò di più, annullarci per far venire fuori il fratello, e senza aspettative che alla fine ti uccidono e uccidono ogni dono gratuito.
Lidia, quello che dici che ti hanno insegnato nei centri dell’OD però non è amicizia, è rispetto e carità cristiana. Che è una cosa diversa. Io in quei posti di amicizia ne ho trovata davvero poca. Molta bontà, carità, disponibilità (non sempre ma spesso), affetto. Ma amicizia proprio pochina pochina.
io penso che non sia una questione di tempo. Credo che il punto sta in quello che dicevo a mia figlia: l’amicizia non serve a nulla. E quando si vive con l’idea che tutto deve essere utile, che bisogna avere degli obiettivi, dei risultati (economici o di carriera o apostolici… credo che cambi poco) allora è difficile che si “perda tempo” in relazioni “inutili” come l’amicizia
@fefral. Io ne ho trovata molta. L’amicizia è appunto cariità, bontà e rispetto. What else ?
Credo che il vero amico sia colui che, rispettando la pesantezza del nostro incedere, il nostro fiatone e le nostre paure, ci aiuta con rispetto, pazienza e discrezione a risalire la distanza infinita che esiste tra noi creature finite e Dio.
Il vero amico è colui che, prima di ogni altra cosa, ci insegna il cammino verso il Cuore stesso del Signore e ci aiuta e sostiene in ntale cammino.
Perchè questo è il fine ultimo di ogni vita umana, vorrei dire dell’universo intero (che mi appare sempre di più come un immenso agiodromo), far sì che ogni uomo raggiunga il cuore stesso della Santissima Trinità.
Questa è, a mio avviso, la realizzazione massima, piena ed autentica dell’amicizia e così vorrei, almeno qualche volta nella mia vita, provare a viverla.
Non è vero che l’amicizia non serve a niente. L’amicizia allarga il cuore e ti sostiene, pur con i limiti dell’amico umano, e ti aiuta ad essere quello che devi essere.
E se vale la pena spendersi nell’amicizia ne vale ancora di più spendersi ora e adesso per fertilizzare il rapporto d’amore col marito.
Io, poi, ho tantissime amiche che mi scaldano il cuore nella mia realtà ecclesiale; e quelle che proprio non riesco a connettermi, non le giudico perché è spesso colpa mia che non ho tempo o interesse per loro.
Bella la controanalisi di Lidia. Era tutto il pomeriggio che volevo scrivere cose simili. Mi piaci Lidia perché guardi, soffri, pensi e reagisci. Grande!
Appena posso vengo, ma dove ? ‘Sti nick name sono un guaio ci vorrebbe anche il nick indirizzo e la nick città. Quanto all’offrire con la mia pensione giusto le noccioline americane ( 3 in tutto ) posso offrire. Comunque d. Mauro ce li può pagare con diritti d’autore!!!!
Ma non vedi non ci cavi nemmeno una birra….
@un cristiano, secondo me il vero amico non mi insegna nulla, tanto meno un cammino. Il vero amico cammina insieme a me e la strada la troviamo insieme.
In questo senso in quegli ambienti io di amicizia ne ho trovata davvero poca.
Non si può parlare di amicizia se non c’è reciprocità, condivisione. Essere guida non è essere amico. Affetto e carità sono cose bellissime, ma diverse dall’amore di amicizia.
Quando dico che l’amicizia non serve a nulla voglio dire che l’amicizia non ha obiettivi, non è finalizzata. E’ totalmente gratuita.
Don Mauro cita i discepoli di Emmaus. Quei due non stavano uno guidando l’altro. Non c’era uno che indicava all’altro il cammino. Parlavano tra di loro, e probabilmente erano pure abbastanza abbattuti: Gesù era morto e tutto quello in cui avevano creduto fino a quel momento sembrava svanire nel nulla. Tutte quelle belle parole, quegli ideali grandi, il messia… puff… tutto finito e in che modo poi?
Quei due erano amici. E il loro parlare, condividere in quel momento le loro pene, i loro dubbi, la loro delusione, ha cambiato loro la vita. Perchè senza rendersene conto (senza che uno dei due volesse “apostolicizzare” l’altro) si sono trovati accanto a loro Gesù.
A me è capitato un sacco di volte di scoprire Gesù accanto a me e qualche amico, proprio così. Ci si racconta, ci si ascolta, si cammina insieme. Senza cercare nulla, senza proporsi nulla per l’altro. Gesù è così, gli piace intrufolarsi nei nostri affetti veri. E io credo che si diverta proprio a mettersi in mezzo nelle amicizie belle e vere. Ce l’ha detto, una sola cosa vi comando, che vi amate come io vi ho amato… il resto lo fa Lui.
L’amicizia non serve a nulla e proprio per questo ci cambia davvero. Se è vera amicizia….
Non esiste realtà umana che non abbia una sua intrinseca ancorché segreta e subdola finalizzazione. Solo Dio è amore gratuito. Noi, quando va bene, manipoliamo l’altro per i nostri fini; se sono buoni, bene, se sono insani, distruggiamo l’altro.
Non si tratta di “apostolicizzare”. Si tratta che se io ho scoperto il parrucchiere che mi fa splendere la testa, gliene parlo all’amica che ha la testa arruffata e in disordine. Ma non perché voglio apostolicizzare. Perché il segreto che mi allarga il cuore, il segreto per avere una testa che funzioni e che sappia usare per migliorare il mondo, questo segreto immenso si condivide con l’amica. E’ la forma più nobile di condivisione nell’amicizia. Un vero cemento, in cui, come i discepoli di Emmaus, non c’è uno che apostolicizza l’altro; uno che spiega, o dà formazione, e uno che se la becca sulla testa. Perchè Dio è talmente grande che non può essere contenuto in nessuna conversazione. Ma, tra amici, si condivide la ricerca del senso della propria vita; l’essere tristi perché non s’è proprio capito che sto facendo in questa mia giornata, che ha preso una piega diversa da quella che con le brullanti energie del mattino avrei sognato. E l’amica è lì; a discutere con te perché si esiste.
E’ il mandatum novum.
Avete ragione Paola e Fefral, ho peccato di superbia, oppure mi sono espresso male, MOLTO male (ero in ufficio… e tra una riga di teologia e l’altra … non ho resistito). Scusatemi !
Certo però che un’amicizia, quando è vera, ha sempre DIO tra i due amici… perchè il fine vero ed ultimo dell’uomo è DIO.
E se è vero, come è vero, che il nostro unico vero Amico che non tradisce mai è solo e soltanto GESU’, non vorrò essere io per la persona a me amica come il mio modello d’Amico (Gesù !) e non farò di tutto perchè il mio amico divenga pure, un altro Gesù ?
Noi possiamo imitare l’umanità di Gesù, sapendo che noi non siamo Dio. Possiamo pensare la nostra casa come Betania per accogliere l’amico e bere insieme una birra. Ma se ci irrigidiamo volendo noi essere “modello” di Gesù rischiamo, forse, di rovinarci la vita d’amicizia.
Bello studiare teologia! Ma ti passo il suggerimento di Carnelutti, insigne giurista: dopo aver molto studiato, chiudere i libri e cercare risposte nell’uomo!
Arieccomi @Don GianPaolo,
in effetti oggi c’è meno spazio mentale. Per assurdo anche la facilità con cui oggi comunichiamo può essere un limite perchè, diciamo, che diluisce troppo la comunicazione: parliamo di più ma ci diciamo di meno. Ecco perchè è importante “il filo” di cui parlavo. Il filo è come l’anima di un’amicizia. Quando fai le collanine con le figlie il filo è importante quanto la bellezza delle perline. Un’amicizia va montata come una collana. Non basta un mucchio di perline in mano. Ci vuole la precisione dell’ago, il nodo di inizio e un nodo ogni tanto se no alla minima distrazione (la vita di oggi ne è piena), ti si sfila via tutto. Non basta essere belle perle, stare in una scatolina ordinata. Ci vuole la pazienza del filo, che tiene insieme tutto e la generosità del filo, che è molto più lungo del numero delle perline perchè fare una collanina con un filo corto è molto faticoso e, come diceva lei l’amicizia è anche riposo. Io, scusi ci torno ancora su, mi sono accorta che ho perso tanto tempo a cercare di essere una bella perla mentre il bello dell’amicizia è il filo, cioè l’amicizia stessa che lega me e la mia amica e che ci permette di essere anche un po’ distanti, stile conferenza, perchè c’abbiamo il filo”.
Cara Tres, forse non ti sei mai accorta che SEI una bella persona….quindi non perdere tempo a cercare di essere quello che già sei!!!!!
“Io, poi, ho tantissime amiche che mi scaldano il cuore nella mia realtà ecclesiale; e quelle che proprio non riesco a connettermi, non le giudico perché è spesso colpa mia che non ho tempo o interesse per loro”.
Interessante frase…….varrebbe la pena di capirla fino in fondo.
CONTENTA??????? OHHHHHH!!!!!! NON FACCIAMO SCHERZI!!!!!! :-) :-)
contento o o o o o
:-)
sotto un certo punto di vista è vero. Sotto un altro punot di vista, però, nelle amicizie che già avevo le cose che avevo visto nei centri mi aiutavano – e notavo la differenza fra me e altre persone che non avevano avuto la stessa formazione.
Cmq sì, è vero, purtroppo spesso anche io mi sono chiesta ehi bella, ma tutte queste “amiche”…ma lo sono davvero? Chiamerei mai qualcuna alle 3 di notte per venirmi ad aiutare con mia mamma che è depressa, si dispera e io non so che fare (è capitato – e l’amica è venuta)? No. Però appunto senza fare come il cavallo di Orwell che era tutto colpa sua mi sono chiesta a quante di queste persone avevo fatto capire che volevo fare amicizia.
Allora da una parte penso che le persone dell’OD (detto così sembra un diserbante ;)) ) dobbiamo una buona volta imparare che o sei amico di qualcuno o è meglio lasciar perdere, dall’altro imparare che forse prima di pretendere amicizia imparare a darla (almeno nel mio caso). Imparare a chiedere, senza vergognarsi. Io mi vergogno una cifra, perciò lo faccio poco…ma forse se mi vergognassi di meno riuscirei di più.
E poi penso che le nuove generazioni siano diverse…c’è la crisi, Fefral, e stiamo tutti là: senza lavoro o sottopagati (al limite dello schiavismo) senza fidanzato/a, senza pensione…in questi tempi ahivoglia a pensare alle attività, o ti fai degli amici o muori davanti a Facebook! ;)
Cmq sì…questo è appunto quello che dicevo prima.
@tres…bellissima questa immagine del filo e delle perle! Magati trovarne preziose come te. E per me – la penso come P.C.G – tu devi convincertene per prima: sei una perla/persona proprio preziosa…Che poi parlo io che ad autostima sto a zero…Vabbhè, diciamo che incoraggio te, così mi viene un pò di coraggio pure a me!!!!
@alla fine “caschiamo” sempre sull’amicizia…Mi è venuto in mente Giuseppe, il padre di Gesù…E pensavo che forse lui è “il migliore amico”( mi si passi il termine poco teologico) di Dio…Un Padre che affida ad un altro uomo suo figlio e lo rende padre (suo pari). Un padre che “chiede” aiuto al Padre per tirare avanti la propria famiglia…Due “amici” che stanno sempre insieme nella gioia della paternità, misteriosamente condivisa, nelle inquietudini di viaggi pericolosi e in terre lontane, nella “normale” quotidianità del lavoro di falegname…E in mezzo…C’era Gesù che cresceva in età e Grazia. E Maria che “meditava tutte queste cose” nel suo cuore.”
@Mauro:Pensavo a questo blog,Come Gesù, e alle persone che gli danno vita, insieme a te. Pensavo a noi, insomma….a tutti noi che scriviamo di Gesù……e mi chiedo:esistono già due chiese,quella visibile e quella invisibile? “« Il metro di appartenenza alla Chiesa è dato fondamentalmente dalla carità, cioè dallo Spirito Santo che uno ha, o non ha, e non dai legami puramente giuridici e istituzionali. Tra un’appartenenza puramente visibile alla Chiesa e un’appartenenza spirituale, c’è la stessa differenza che c’è nei sacramenti (per esempio nell’eucaristia) tra chi riceve solo il segno visibile (il pane e il vino consacrati) e chi riceve invece anche la grazia invisibile in esso contenuta (la res sacramenti). Qui sta il motivo della nostra comunione ecumenica con tutti i veri credenti in Cristo, anche al di fuori della nostra Chiesa. C’è dunque una comunione tra tutti i cristiani che non è solo in votis, cioè nei desideri e nel futuro, ma già presente ed effettiva. Come pensare che un fratello protestante o ortodosso (e ne conosciamo tutti degli esempi meravigliosi) che ama Gesù, che soffre per la fede, che ha posto tutta la sua vita al servizio del Regno e che vive nello Spirito, mi sia meno unito del fratello nella Chiesa Cattolica, battezzato ma che si disinteressa completamente di Gesù, della Chiesa, del papa, o se ne interessa solo per criticarli? Eppure, dobbiamo confessare che talvolta è più forte in noi il vincolo visibile e istituzionale che ci lega a tutti i cattolici, che non il vincolo spirituale che ci lega a quei fratelli innamorati di Gesù; la comunione dei sacramenti e più forte della comunione dei santi; i segni più sentiti della realtà. È vero che le due cose – segni e realtà, Chiesa istituzionale e Chiesa invisibile – non devono essere separate, ma dal momento che di fatto, per circostanze storiche, o meglio per il peccato degli uomini, c’è stata tale separazione, noi non possiamo ignorarla. »
Non citerò l’autore…D.M. sa benissimo chi è.Ma fa riflettere.E’ in effeti lo specchio della chiesa di oggi.La chiesa invisibile,si riconosce nella chiesa istituzionale? Una cosa è certa: l’una è imprescindibile all’altra.
«Ho sempre avuto la sensazione che per il mio sapere più dei libri contavano gli uomini e mi sono tuffato nella vita».
CARNELUTTI, Metodologia del diritto, Padova, 1939, p. 61
Condivido
@Fefral
Mi dispiace di non essermi spiegato bene. Io non mi lamentavo che gli altri non fossero amici “miei”. Io, proprio lì, avevo diversi amici; e poi ho capito da tempo che non solo lamentarsi non serve a niente ma fa anche perdere le energie che servono per cercare di cambiare le cose. Io, la sera precedente la conferenza, sono andato a cena con Pierpaolo Donati e altri due amici, e abbiamo parlato con profondità e totale sincerità e apertura di quello che ci sta a cuore, che è stato per il 90% l’Opera (tutti e 4 siamo della Prelatura). Ho seguito la conferenza con due cari amici: Bruno Mastroianni e Alessandro Cristofari. A pranzo – durante l’intervallo della conferenza – sono stato con un sacerdote numerario che vedo una volta all’anno ma del quale sono veramente amico, e con il quale ho parlato – in prospettiva diversa – di quanto avevo parlato la sera prima. Nel pomeriggio abbiamo fatto un bellissimo incontro molto amichevole in una dozzina di persone, tra le quali c’erano Donati e don Matteo, che devo dire è un caro amico. Finito tutto ho preso un bel gelato a piazza navona con un signore che aveva partecipato ai lavori. E anche lì siamo stati veramente amici parlando di quello che ci sta a cuore. Racconto così quanto avvenuto perché quello che conta è cosa ci diciamo e se parliamo di quello che ci sta a cuore, non se mangiamo o meno.
@Gianpaolo
“Dimmi a cosa dedichi il tuo tempo e ti dirò qual è la tua gerarchia di valori, le cose e persone che ami.” Abbiamo fatto proprio all’inizio del blog una bella discussione su questo. Se – ci sono eccezioni – non si trova tempo per qualcuno o qualcosa e che non lo si ama. Mi dispiace declinare l’invito a prendere una birra con Fefral ma io – lei lo sa bene – non vado a cene, aperitivi & C. con donne…
(vabbè io ci ho provato! Niente birra coi preti allora! Però potremmo fare un caffè)
Una puntualizzazione.
Gesù Cristo ha dato il Suo Sangue per noi.
I preti e gli amici, no.
Ma i preti e gli amici dandoci il loro tempo ci donano la loro vita che è nella prospettiva temporale limitata.
Anche tu scrivendo sul blog doni a noi un po’ della tua vita.
Lo danno il sangue, avoia se lo danno! A me comunque arriva da amici e sacerdoti qualcosa che dà vita. Cristiano mi sa che ha ragione Paola.Ciao
Comunque, amici ed amiche, non dobbiamo mai dimenticare che un amico/a, una moglie, un collega etc., per eccezionali che siano, sono sempre delle creature, con i loro limiti, i loro difetti etc.
Un ultima richiesta.
Per favore, raccomandate una mia intenzione di vocazione, riguardo un mio amico e sua moglie…. ed affinchè, assieme anche con loro, manzonianamente, riesca a fare “un pò di bene”, sopratutto verso chi viene da storie di sofferenza e di indigenza…
Dove due o tre….
E come facciamo a dimenticare @un cristiano: certe batoste (date e ricevute)!
Io raccomando. Ciao
… ma le creature hanno in potenza gli attributi della bellezza del Creatore. Diventano attributi in atto, pur nella dimensione dell’umanità, quando noi siamo noi stessi. Siamo quello per cui siamo stati pensati.
E’ proprio “il cielo e la terra si toccano” … quando sei moglie moglie; amico amico; collega collega.
Siamo tutti eccezionali; anzi, siamo tutti unici, perché unica, personalissima, è la missione che Dio ci affida su questa terra. E Dio o lo incontro nella mia relazione con mio marito, la mia amica, la mia collega, pur senza parlare di Dio ma essendo Lui il nutrimento della mia relazione, o rischio di trovarlo (rectius non trovarlo) in uno schema mio rigido mentale, in regole e procedure, in fogli di carta…
@Lidia..ma l’amicizia si chiede? Ci sta che va sollecitata e che se si è un poco timidi tocca sforzarsi di socializzare, però l’amicizia sorge spontanea! Per questo sono belle le amicizie particolari (ma non escludenti!) perchè so’ vere!!! e anche inutili! Bella fefral continuo a condividere!
E cmq il fattore tempo è davvero significativo! @cristiano, paola e tres hanno ragione! il nostro modo di dare la vita è proprio quello di dare il nostro tempo.
Quando non va bene con quelle di casa mia, perchè siamo sempre di corsa, perchè ciascuna mette al primo posto il lavoro..manco riusciamo a dirci “ciao” guardandoci negli occhi, almeno io non ci riesco. Eppure siamo amiche. Allora c’è bisogno di recuperare del tempo per stare insieme, con la calma, perché senno si raffredda tutto e in agguato c’è l’indifferenza che anestetizza e rischiamo di mandare tutto all’aria perchè manco mi ricordo più che cavolo mi hai raccontato ieri!
io intendevo dire che se voglio diventare amica di una persona perché mi sta simpatica, e penso di volerla conoscere meglio, bisogna farsi avanti. Io per tanto tempo ho pianto lacrime amare perché determinate persone non mi invitavano qua e là, ma poi ho iniziato a interessarmi io, a chiedere di uscire insieme, etc. ed è cambiata la situazione.
Poi certo…con le mie migliori amiche è sempre stato feeling a prima vista, ci siamo trovate sempre senza bisogno di iniziative particolari dall’una e dall’altra parte.
Intendevo dire che a volte bisogna farsi avanti. Poi se non va non va, chiaro. però a volte un’amicizia nasce semplicemente da un dire “oh, e se andassimo al cinema? ” e poi si scoprono affinità, e ppi pian piano si diventa amici. Ma se uno non ha iniziativa, a volte, non si inizia mai…non so se si capisce
Questo intervento andrebbe postato nella sezione 2 …ma non ci riesco!!!
Ho sempre seguito il blog in questi giorni…e mi piacerebbe dare un taglio nuovo alla discussione sul valore dell’amicizia tra credenti,partendo da qualche stralcio di un altro testo di p Aldo che parla proprio di come per lui, l’amicizia e la confessione…siano state l’unica cura vera per la depressione!Ed è pure troppo lungo e non me lo accetta…
Tutte le malattie sono dolorose, ma quella che ti toglie la voglia di vivere è peggiore.
Molti mi chiedono: «Come guarire? Come sopportare? Esiste la libertà anche quando uno si trova incapace di scegliere? Cosa è la libertà in questa situazione?». Non pretendo di rispondere, né di dare ricette che non esistono, come sanno bene anche gli “esperti” della mente. ..Dal primo momento in cui mi sono trovato..senza nessuna voglia di vivere, l’unica cosa che la mia libertà è riuscita a fare è stata gridare come un pazzo: «Signore non ti vedo più, non sento più la tua voce, la tua tenerezza, abbi pietà di me». …..
Dentro questa rabbia disperata, però, non ho mai messo da parte i due Sacramenti fondamentali del cammino della conversione: la Confessione e l’Eucarestia. La Confessione settimanale o più volte alla settimana e la Messa quotidiana. Nel tempo mi sono accorto che questi due sacramenti sono stati la risposta precisa e concreta al mio grido. Non solo, ma la fedeltà alla Confessione e all’Eucarestia è stata la modalità attraverso cui Dio, in modo discreto, manifestava il Suo volto, fino a diventare familiare, determinando la mia vita quotidiana. L’esperienza del «Io sono Tu che mi fai» è stata il punto drammatico di questa paziente attesa che il Mistero manifestasse il Suo volto.
Il secondo punto essenziale che mi ha permesso e che mi permette di vivere questo dolore, che oggi definisco una grazia (oggi dopo un lungo e duro cammino, dopo una decina e mezza di anni a “mordere la pietra”), è stata la compagnia di padre Alberto. Una compagnia nella quale la visibilità di Cristo era limpida come l’acqua che scende dalle Dolomiti. Un’amicizia che ogni mattina bussava alla porta della mia stanza quando non volevo vedere il giorno e mi chiamava ….Gli intellettualoidi forse rideranno di una compagnia umana tra due sacerdoti che sono arrivati a tanto “infantilismo”. Ma la coscienza che lui aveva di Cristo gli permetteva di farsi, come direbbe san Paolo, bambino tra i bambini, debole tra i deboli.
Una compagnia reale, non virtuale, una compagnia che non ha mai anteposto gli impegni ..alla mia umanità distrutta. È stato un abbraccio quotidiano. Un abbraccio difficile, perché convivere con un depresso è un’impresa complicata: un giorno uno deve usare il bastone e l’altro giorno una carezza. Quante volte per risvegliarmi dall’abitudine di piangermi addosso, caratteristica del vittimismo dei nevrotici, ha perso la pazienza! Finché un giorno l’ho persa anche io. È stato un miracolo dopo anni di passività. Finalmente il mio io cominciava a reagire, ad arrabbiarsi con lui. La mia libertà, che prima era solo un grido disperato, cominciò a riconoscere in padre Alberto questo «Io sono Tu che mi fai». Vedendo come lui mi aveva trattato e come aveva donato tutti i suoi anni (10) di missionario in Paraguay per farmi compagnia, … ho pazientemente preso coscienza della tenerezza con la quale il Mistero mi guardava. Senza la tenerezza di padre Alberto, senza il suo sguardo forte e dolce, come Gesù con Zaccheo, non sarebbe stato possibile il miracolo. …
Non conosco altra strada per convivere ironicamente con questa malattia che una compagnia sacramentale. Inoltre mi ha aiutato, e mi aiuta, pensare a Gesù che nel Getsemani e sulla croce è stato un esempio di come vivere la depressione e come trasformarla in grazia. Cosa ha permesso a Gesù di percorrere questo cammino drammatico? La compagnia del Padre!
La cosa interessante è stato il fatto che ha cercato la compagnia degli amici, ma loro, come succede in questi casi, “avevano sonno” o come molti ai quali chiediamo aiuto e ci rispondono che non hanno tempo o ci rimandano agli specialisti. Quanti religiosi o preti ho incontrato in questa situazione di abbandono da parte dei loro superiori che, avendo sempre molto da fare, invece di tenerli al loro fianco hanno preferito isolarli. E poi parliamo di carità sacerdotale o religiosa! I depressi prima di tutto hanno bisogno di una compagnia umana come quella di Gesù con i suoi discepoli, una compagnia quotidiana con la quale condividere tutto. Senza questa compagnia non esiste guarigione ed è impossibile percepire la depressione come una grazia.”( P Aldo)
@Cristiano
Il sangue di Cristo è il sangue dei cristiani. Quando san Paolo si sente dire da Gesù “Io sono Gesù che tu perseguiti” (Atti 9,5; Atti 22,8) non stava perseguitando Gesù ma i cristiani. Ma Gesù dice che stava perseguitando Lui.
E ha ragione Lui.
Da lì parte san Paolo per tutta la sua dottrina del corpo mistico. Il Capo… le membra…hai presente.
Mauro e Fefral. A proposito di una birra virtuale, per approfondire una amicizia virtuale, nella gratuità, io volevo solo scherzare nel clima alto e a volte dolente che aleggia, nel blog!
Comunque sono certo che Mauro sarebbe disposto a prendere birre con qualunque amico ne avesse bisogno davvero….
Invece questa mattina facendomi la barba ( momento per me sempre molto pieno di ispirazioni!) pensavo al proverbio “Chi trova un amico, trova un tesoro “: allora gli amici non saranno mai tanti perchè i tesori non si trovano dappertutto: il proverbio è superato secondo voi ? ( dico a TUTTI )
E poi “Sarete miei amici, se fate quello che vi comando” Allora l’amicizia non è del tutto gratuita, si conquista o si perde attraverso una convergenza o una divergenza di volontà ? Io non riesco a orientarmi in questo labirinto dell’amicizia che io ho sempre cercato di vivere più che di fare oggetto di analisi e di riflessione, cosicchè a volte non mi oriento bene in queste analisi.
Mauro, ti invidio per gli alti simposi romani. Io, quaggiù, dialogo più frequentemente con signore che al capolinea dell’autobus che non arriva mai mi chiedono come mai, avendo mangiato una rosa di s. Rita non è passato lor il mal di stomaco…..
Ribelle, trovare un amico che ci azzecchi ad aiutare nella depressione è certamente un dono di Dio, un angelo camuffato da amico. Tanti altri fuggono perchè non sanno che fare o che dire. Per fortuna ci sono le medicine e qualche angelo….con veste umana. Vado a studiare come spiegare pregi e difetti di Freud ad un< classe moderna di liceo. Qualche preghiera, anche se breve.
Io penso che queste malattie siano anche aspetti delle purificazioni passive di cui parla la mistica classica e che forse no sono più di moda, anche se con una certa frequenza non trovo altro nome da dare a queste sofferenze che colpiscono gente buona e desiderosa di amare e di servire Dio. Questa consapevolezza credo che -con tutte le cure e le amicizie necessarie – possa essere una fonte di consolazione e di un aumento di speranza, almeno nel fondo dell’anima a chi soffre così e ce ne sono tanti.
Non c’è qui l’opzione- mi piace?Peccato, andava cliccata varie volte di fila…grazie!
Ho letto solo ora…ma la preghiera è stata fatta! Spero sia ancora valida…anche perchè spiegare Freud, secondo me è interessantissimo!Perchè si tratta di far capire che dentro di noi c’è un bagaglio spesso non voluto, che non è bene ignorare ed è anzi una grande bella scoperta, conoscerlo e poterne parlare, (aldilà di ogni accusa di oscurantismo mosso al pensiero cristiano11)
Scoprendo che ci sono pulsioni oscure dentro di noi, si può reagire( almeno così reagisce la cultura moderna) in 3 modi: con IL MORALISMO(lotta, combatti te stesso, annienta le tue pulsioni…)
con IL MINIMALISNMO(sono piccole cose, cose da trascurare, ci sono tanti mali più gravi nel mondo..…) con L’ASSURDO(siccome è impossibile resistere a certe cose…, non ci penso proprio…è assurdo!) e invece la proposta cristiana è quella di spiegare
che il male (o detto da credenti“ il peccato”) è solo “una soluzione insoddisfacente al tuo desiderio!”(Giovanni Paolo II)…ma mi fermo altrimenti molti capiscono la mia identità!!!!
Grazie delle preghiere. Ho cercato di spiegare nel modo più concreto possibile il pro e il contro di questa vicenda complessa che ha fatto di Freud, come di Galilei o di Giordano Bruno una icona pop che non fa onore la suo impegno, alle persecuzioni subite a che canonizza il suo caparbio materialismo. C’era attenzione e qualche consenso. Vedremo. Certo bisogna spiegare, spiegare anche in modo vivo e vissuto che che la verità fa liberi e felici, anche se conquistarla è faticoso per tutti.
Cari amici, date una occhiatina al discorso sulla pedofilia ecc. perchè è un tema caldo, anzi ribollente che fa star male la gente, naturalmente anche con i media che soffiano sul fuoco.
Paola23 maggio 2012 18:39
Non esiste realtà umana che non abbia una sua intrinseca ancorché segreta e subdola finalizzazione. Solo Dio è amore gratuito. Noi, quando va bene, manipoliamo l’altro per i nostri fini; se sono buoni, bene, se sono insani, distruggiamo l’altro.
—
Ecco un’altra che generalizza il proprio mondo pensando che tutti quanti facciano/pensino la stessa cosa. Chi l’ha detto che non esiste realtà umana etc etc? Semplicemente lei non ne conosce, che è diverso. Questa è l’idea dell’amicizia che si trova nella satira di Orazio detta ‘del seccatore’, idea che giustamente già il grande Orazio stronca senza pietà.
Sono invece perfettamente d’accordo con l’idea fefrallosa dell’amicizia gratuita, idem velle atque idem nolle.
Lidia24 maggio 2012 16:25
io intendevo dire che se voglio diventare amica di una persona perché mi sta simpatica, e penso di volerla conoscere meglio, bisogna farsi avanti. Io per tanto tempo ho pianto lacrime amare perché determinate persone non mi invitavano qua e là, ma poi ho iniziato a interessarmi io, a chiedere di uscire insieme, etc. ed è cambiata la situazione.
——-
Posso fare una domanda? E se quando hai iniziato ad interessarti, magari colpita da qualche pensiero/idea detta/scritta dalla persona in questione, questa t’avesse risposto: guarda, per essere sincera questi tuoi interessamenti mi infastidiscono, poi fa’ un po’ come credi, come ci saresti rimasta?
Giaa Paolo Colò23 maggio 2012 15:27
[…] Invita la figlia ad essere amica di tutte e di portare a casa anche qualche comagna antipatica.
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Bravo don GiPiCì!!
C’era un santo sacerdote, molti anni fa, che invitava una volta al mese a pranzo un altro sacerdote, poco amato e visto come antipatico da tutti, ed invece lo trattava con molto affetto, cordialità, quando si salutavano lo accompagnava al taxi e gli regalava tabacco/sigari.
Gli chiesero come mai fosse così amichevole con un prete così antipatico, e rispose: si vede che è poco amato (adesso sono andato a memoria, non saltatemi subito alla giugulare per qualche particolare sbagliato)
ciao Scri’! Ben tornato!
Quello che chiedi a Lidia mi fa sentire chiamata in causa e ti rispondo. Sai che a volte non è facile accettare l’interesse da parte di qualcuno?
A me succede a volte che se qualcuno si mostra interessato a cose che dico o che faccio mi viene da pensare “ma questo che vuole?” E allora ci vado cauta prima di dare confidenza. A volte mi rendo conto di avere di fronte un curioso rompiballe. Altre volte invece scopro che l’interesse è autentico e senza retropensieri. Però magari la persona in questione, per carattere o per chissà che altro, si interessa a me ma parla poco di sé.
Nella pagina di Abelis c’è sciagu che scrive una cosa bella (oltre a tante stronzate) che stavo per commentare prima ma poi qualche figlio mi ha distratto. Dice “l’amicizia è innanzitutto dare, aprirsi, fidarsi.. e ricevere”. Ed è vero. Se mi lascio conoscere, mi fido, mi racconto, mi succede spesso di trovare dall’altra parte qualcuno che si lascia conoscere, si fida, si racconta. Non è sempre così. Ma non si può essere amici di tutti. Quando ci si apre agli altri lo si deve fare davvero senza aspettarsi nulla in cambio. Altrimenti si passa dalla gratuità (l’amicizia che non serve a niente) al do ut des, che non c’entra nulla con quello di cui stiamo parlando
Se uno mi rispondesse così gli sarei grato anche se forse mi irriterei per i modi. Se uno riceve una risposta del genere significa che esiste un rapporto.. Al primo che passa non si dicono queste cose ma solo alle persone verso cui si ha un certo affetto.
Certo mi darebbe da pensare! Quantomeno mi chiederei: mi sono interessato dell’altro davvero, cercavo lui, il suo bene in realtà cercavo il suo consenso per me?
A me capita di trovare persone con cui non entro in sintonia profonda o in uno stato di fiducia da cui nasce l’amicizia, ma noto che se cerco di voler bene, anche se non sboccia un’amicizia quantomeno nasce un rapporto cordiale.
Se invece il rapporto è spinoso, burbero o irritato per me è segno che c’è qualche ostacolo a monte. O incomprensione di linguaggio o un disagio pregresso o un pregiudizio o comunque qualcosa che inquina le mie buone disposizioni.
In quei casi la tentazione è di fottersene dell’altro, ma si può anche tacere e servire, nel senso più vero del termine che pure è un bel
Modo di voler bene.
Maccheccazzo frufru! Stavo rispondendo E mi trovo la tua risposta.. Sei come il prezzemolo!
Poi invece di dire agli altri che dico cazzate, vedi di accendere il cervello e di confutare le mie cazzate con uno straccio di ragionamento che così magari imparo qualcosa. Magari..
mmh…allora…papale papale non me l’ha mai detto nessuno, perciò non lo so.
Nella pratica è successo che delle persone mi abbiano ignorato, con cui io avrei voluto fare amicizia, o più amicizia.
Mi è dispiaciuto tanto e ho pensato che forse non sono abbastanza simpatica io. Ma questo è un problema mio…cioè, magari è più diffuso di quanto sembri, è un po’ come quando ti molla il ragazzo e tu inizi a pensare “ah ma sono io quella che non va”. Però rendersene conto è positivo, così capisci (almeno io ho capito) che il problema da risolvere è tuo, ergo, è possibilissimo risolverlo. E poi uno capisce che non importa, non siamo monete d’oro che piacciono a tutti eccetera eccetera e impara a valorizzare di più quelli che invece sono tuoi amici davvero.
Io la vivo un po’ così, poi non saprei..
personalmente non ho mai detto a nessuno “che palle il tuo interessamento”. Ecco, giusto un mio amico, amico…conoscente, ma lui ha un po’ di problemi psicologici, è una questione complessa. A parte questo, di solito sono felice di fare nuove conoscenze :)
(PS x scriteriato: posso aver detto che dei commenti mi davano fastidio, anzi, senza posso, l’ho detto e basta…ma intendevo i commenti o il modo, non la persona mi dava fastidio.)
cara sciagurata col cervello annebbiato, che ti sei fumato? Prezzemola sarà tua moglie, io ho scritto 8 minuti prima di te, quindi sei pure un bradipo della tastiera. Io faccio tanto per cercare qualcosa di intelligente nelle cose che scrivi, e tu…
Metti in pratica i tuoi buoni propositi, taci e adoperati e cerca di servire a qualcosa. Magari così è la volta buona che impari a essere educato…. magari!
Scriteriato adorato, che lancia dardi per infuocare il blog.
Mi piace il tuo modo di intervenire e mi piace molto come Fefral descrive l’amicizia.
Ma bisogna conoscere l’uomo; rectius lo stato dell’uomo su questa terra.
Nel Paradiso terrestre le relazioni di amicizia e di amore era profonde, pure e meravigliosamente gratuite. Non c’era nessuna fatica nelle relazioni e bastava guardarsi negli occhi per capire la verità dell’altro e amare davvero.
Qui, nella nostra terra, nel luogo che Dio ci ha scelto per consumare la nostra breve esistenza, possiamo avere solo qualche sniffata di Paradiso nelle nostre relazioni. Per il resto è una gran fatica. Anche se ne vale la pena.
Sai, Abelis è agevolato; lui è un bambino, guidato da sua Madre. Lui sa raccontare segreti perché capisce i suoi segreti. Noi, a volte, non capiamo neppure chi siamo noi.
nel paradiso terrestre adamo ed eva ci hanno rovinato la vita. Nella nostra terra invece c’è stata l’incarnazione e la resurrezione del figlio di Dio e la nostra adozione a figli di Dio. Sinceramente il paradiso mi pare molto più vicino adesso che ai tempi del paradiso terrestre
L’incarnazione e la resurrezione non tolgono le conseguenza del peccato originale. Non tolgono il limite di essere creature. Ma se frequentiamo Gesù, con la sua grazia, la vita su questa terra può essere un anticipo di paradiso. Ma costa davvero fatica, molta fatica. Adamo e Eva invece non conoscevano la fatica.
Noi o facciamo i conti con la nostra natura caduta, e quindi incapace di portare avanti relazioni d’amore senza l’aiuto della grazia, o andiamo incontro a feroci delusioni.
Insomma dopo Adamo e Eva perché Fefral sia veramente Fefral non ce la può fare da sola.
Nel Paradiso terrestre Fefral sarebbe stata Fefral senza nessuna fatica.
ma fefral sarebbe stata comunque creatura! Il problema di adamo era che gli stava stretta la condizione di creatura. Il limite di essere creature c’era pure prima del peccato originale, solo che quelli si credevano degli strafighi che potevano fare a meno di Dio!
Paola ma che stai a ddi?
Adamo e Eva godevano dei doni praeternaturali, dati gratuitamente da Dio, erano immuni dalla sofferenza e dalla morte. Questi doni si innestavano sulla natura ma erano qualcosa di più.
Non ti volevo scoraggiare, Fefral. Ce la puoi fare a essere Fefral; ma ti serve l’aiuto della grazia.
Io, che pure lo cerca l’aiuto della grazia, anche più volte al giorno, non ce la faccio a essere totalmente Paola. Ma a te può andare di sicuro più liscia la lotta per essere Fefral.
;)
Paola, ‘sniffata di Paradiso’ è una bella allegoria, ma io non contesto la sua affermazione, contesto che la generalizzi. Certamente ve ne sono, ci mancherebbe, ma non TUTTE le amicizie sono interessate, e, anzi, mi spingo a dire che ove fossero interessate non sarebbero vere amicizie, bensì relazioni ‘d’affari’, magari cordiali, cordialissime, ma non amicizie.
Come dice Fefral, la cui posizione condivido in toto, un’amicizia non ‘serve’ a niente, non ha un valore strumentale, ma ontologico (questa è bella), oppure non ha un valore d’uso, ma altissimo valore di scambio (non a caso l’esempio paradigmatico per il valore di scambio è l’oro, e chi trova un amico trova un tesoro, sicché il conto torna)
Mi rendo conto possa sembrare strano, finanche incredibile, a chi non vi sia abituato, ed è uno stupore comprensibile, lo troviamo già nel grande Orazio:
“Mecenate in che rapporti è con te?”
riprende da qui. “È di poca compagnia e di mente ben sana”.
“Nessuno ha sfruttato la fortuna più abilmente. Avresti
un valido aiutante che potrebbe farti da spalla
se (solo) volessi presentargli quest’uomo (= me): mi venga un colpo
se non (li) avresti scalzati tutti”. “Non viviamo lì in codesto
modo che tu pensi: non c’è nessuna casa più pulita di questa
né più distante da questi intrighi: non mi reca alcun danno, dico,
che il tale sia più ricco o più dotto (di me): ognuno ha
il suo posto”. “Racconti una gran cosa, a stento credibile”. “Eppure
è così”.
povera Paola, forse a essere scoraggiata sei tu: certo… Eva avrà avuto la testa splendente senza aver bisogno del parrucchiere! E la ceretta per lei sarà stata assolutamente indolore! Ci credo che le veniva più facile sedurre Adamo!
Dai che ce la puoi fare!
e don Mauro cosa ne pensa a proposito della “fatica” nelle relazioni personali sulla terra?
Botta di sale! direbbero a Palermo. che domanda potente! Uno non vorrebbe farla questa fatica,vorrebbe facile armonia e bellezza senza attriti ma poi si accorge che gli fa bene, risponderei a primo acchito, a quest’ora e dopo la birra moderata della cena del sabato. Gli fa bene per crescere lui, per essere comprensivo con gli altri eper creare intorno un clima più vivibile. Sono queste fatiche una delle porte strette che il Vangelo ci suggerisce di sforzarci di attraversare e sono la conseguenza del peccato originale in noi e negli altri. Ma forse d. Mauro avrà una risposta più soave…..
@Don Giampaolo…Io non credo che don Mauro voglia dare risposte più soavi, nè che creda che l’amicizia sulla terra sia tutto rose e fiori…Io credo invece che con “Come Gesù” abbia proprio anche voluto rispondere al dolre di chi vive i momenti di sale, a chi sta attraversando le porte strette…Perchè se l’essenza del celibato (dei laci) è la gratuità e la prefigurazione del nostro destino assieme individuale, unico e “trinitario” (di tutti: sacerdoti, celibi laici, sposati…), allora è a questa gratuità che dobbiamo orientare la nostra vita perchè abbia senso e perchè in essa ci sia ià qui ed ora un segno (anche se invisibile) di eternità: perchè la vita non vale la pena di essere vissura solo se si è sposati e felici, ma anche se se sei sposato e soffri, se sei celibe ed hai una grande vocazione o invece fatichi a vivere la tua fedeltà, se sei un sacerdote “super” oppure, come tutti, vivi momenti di difficoltà che con molta autenticità cerchi di affrontare…In tutte queste “porte strette” possiamo passare se sconfiggiamo la solitudine, la presunzione di farcela da soli…Se oltre il dolore e la fatica (certamente presenti) scorgiamo una luce, là “in fondo al tunnel”, una Speranza. Un motivo per vivere e far vivere- Un motivo che non è un’ideale. Ma una Persona sul cui grembo poggiare tutti il capo, come S. Giovanni: Gesù.
E’ QUESTA L’OPERA FONDAMENTALE DELLO SPIRITO SANTO: fare l’unità; fare di popoli e di uomini diversi un unico popolo di Dio cementato dall’amore che il Paraclito è venuto a effondere nei cuori. E’ faticoso creare e lavorare per l’unità…. ma siamo chiamati a questo e a dare una speranza fondata nella Verità. Buona Pentecoste a tutti
Si va dal paradiso terrestre al paradiso celeste si arriva facendo del nostro quotidiano un paradiso. E ciò è possibile perché quello che collega tutto è la carità cioè l’amore, la gratuità, l’amicizia, che è ildl denominatore comune dei tre “paradisi”. Non la fede, non la speranza, ma la carità, brutta parola abusata che vuol dire: “perfino i cani gli leccavano le ferite) (Lc parabola ricco epulone e lazzaro).
Per vivere la carità bisogna trovare la bellezza che c’è in ciascuno e in ciascuna cosa. Purtroppo ora devo scappare perché tra un minuto ho un ritiro. Vi regalo queste parole del grande e mitico GP2 che si trovano in fondo a Come Gesù e che io intitolerei “nostalgia della bellezza”.
“…Il punto culminante di quella storia è la Risurrezione di Cristo e la risurrezione è la rivelazione della bellezza assoluta, la rivelazione preannunciata sul Tabor. E gli occhi degli apostoli rimasero incantati da questa bellezza, desiderarono rimanere nel suo cerchio e la bellezza della Trasfigurazione diede loro la forza per sopravvivere all’umiliante Passione di Cristo Trasfigurato. La bellezza è per l’uomo fonte di forza. È l’ispirazione al lavoro, è la luce che porta in mezzo alle tenebre dell’umana esistenza, che permette di superare con il bene ogni male, ogni sofferenza in quando la speranza della risurrezione non può deludere… La nostalgia del cuore umano di quella bellezza originale che il Creatore diede all’uomo è al tempo stesso la nostalgia della comunione in cui si rivelava il dono disinteressato…” (Come Gesù, pp. 300-301)
“…di quella bellezza originale che il Creatore diede all’uomo…”, pensavo oggi alla fine di una giornata così così, di un fine settimana così così, di un mese così così e di un periodo così così, che o io inizierò a trovarmi un po’bella di quella “bellezza originale”, un po’ molto desiderosa di quella “nostalgia della bellezza” o la mia carità sarà sempre un lavoro di braccia, un lavoro che mi sembrerà sempre sotto pagato. Ho voglia un po’ di trovarmi bella, di cominciare a vivere di carità.Di fare la carità mi sono un po’ stufata e poi mi viene sempre un po’ pelosa sta carità. Se mi reputo bella come Creatore mi ha fatto, donarmi sarà più facile e saranno più belli i rapporti sulla terra. A tutti piace fare un bel dono e, ancor più, riceverlo. Grazie @don Mauro di avermi dato questo commentino pre ritiro.
@ Tres credo che è vivendo la carità che recuperiamo la bellezza e e la comunione che Dio ci ha donato alle origini. Non penso che ci sia un prima e un dopo, ma vivendo si diventa belli, camminando che si guarisce, amando e donando che ci si riempie. Buona domenica
Non lo so @Vera, ma oggi mi ha aiutato di più il movimento contrario: dalla bellezza alla Carità. “Per vivere la carità bisogna trovare la bellezza….”Ciao cara @Vera, dici sempre cose profondissime.
Tres, si’ se ti reputi bella come Dio ti ha fatta..ma a volte c’è bisogno dello sguardo di qualcun altro per sentirti bella, non è una cosa che puoi fare da sola, per questo c’è bisogno di comunione. La mia bellezza bisogna che sia tirata fuori da qualcuno e che sia per qualcuno.
:-)
MM, tu hai ragione ma io capisco anche Tres.
La donna, nel matrimonio, è il crocevia di tante relazioni: col marito, i figli e tutto ciò che ruota intorno alla “casa”. Relazioni che fanno la vita della donna ricchissima ma anche a rischio “prosciugamento” nel senso che tutti loro contano sul tuo farli sentire belli per andare avanti. E il ritmo nelle nostre case è così incalzante che la donna se non è centrata su un amore che non delude, su un amore che ti conferma sempre la tua bellezza, proprio non ce la fa a sostenere la famiglia e quindi la società civile.
Penso davvero che la donna sposata debba, molto più di una suora di clausura, cercare lo sguardo di Gesù nella sua giornata; per poi poter seminare fiducia nel marito, nei figli, nel suo mondo. Insomma, per farli sentire “tutti belli”.
Tutto, poi, ti ritorna; contemplando il bello che hai seminato, ti senti davvero superbella!
Buona settimana a tutti!
@Gian Paolo 25.5.2012 dice:
“Io penso che queste malattie siano anche aspetti delle purificazioni passive di cui parla la mistica classica e che forse no sono più di moda, anche se con una certa frequenza non trovo altro nome da dare a queste sofferenze che colpiscono gente buona e desiderosa di amare e di servire Dio. Questa consapevolezza credo che -con tutte le cure e le amicizie necessarie – possa essere una fonte di consolazione e di un aumento di speranza, almeno nel fondo dell’anima a chi soffre così e ce ne sono tanti.”
Quando io ho detto questa cosa a un sacerdote che conosce anche don Gianpaolo (non faccio il suo nome, sennò non posso dire quello che sto per dire…) mi ha detto che le purificazioni passive sono cose da religiosi e che i laici non ce le hanno. Allora quando ho tastato l’eventualità che tutto ricada sul versante psicoterapeutico si è arrabbiato ancora di più dicendomi che si tratta semplicemente di lottare di più, di mortificarsi di più e di pensare agli altri che così passano i problemi…
Allora io per vincere la tentazione di… mandarcelo ho detto che avevo un appuntamento e dovevo proprio scappare….
Ho fatto bene?
@Fefral, Lidia, Gianpaolo
Da qualche parte parlavate delle amicizie particolari (escludenti?) e del perché si ha tanto paura di esse. Chi ha paura di esse è chi ha il potere, e questo potere può essere sia civile – laico – che religioso. Il potere teme le amicizie perché teme l’amore, che è libero. E, in realtà, non capisce le amicizie. Non capisce la loro gratuità. Crede che siano sempre alleanze contro qualcuno (in particolare contro il potere). poiché la chiesa è fatta di uomini questo si dà tranquillamente nella chiesa. Una monaca di clausura mi ha scritto “… ma secondo te quali sono i sintomi di quando la Regola e la struttura ci sembrano più sicure?”. Per “più sicure” intende tali da farci preferire il rimanere prigioniere in esse piuttosto che scegliere la libertà. Io le ho risposto che questo succede quando un’istituzione – che di per sé nasce per proteggere dei valori – invece di proteggere i valori difende sé stessa. Allora lei mi ha risposto: “E’ proprio così: è come quando Caifa decide di far crocifiggere Gesù: “non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera». (Gv 11, 49-50). Io penso che per mezzo di questa donna abbia parlato lo Spirito Santo. Non bisogna mai sacrificare un uomo alla nazione, cioè la persona all’istituzione.
Grazie!
Allora non entro nel merito delle purificazioni passive, perchè non le ho capite. Mi dispiace per quella frase “…di pensare agli altri che così passano i problemi”. I problemi nel caso della depressione o altro sono delle malattie che non “passano” ma vanno curate. Le puoi offrire, al limite, se sei lucido. Mi ricordo di quando i bambini erano tutti piccolissimi, era pomeriggio ed ero nella mia camera da letto tra la finestra e il letto. Avevo chiuso la porta e li sentivo fuori dalla camera e non mi sembravano…ma centomila. E io ho capito che li odiavo. Era logico che erano i miei figli, che li avevo voluti, che erano amati ma io non ne potevo più, ero letteralmente sfinita da parti e allattamenti e accompagnamenti e malattie infantili, e anni di “e fu sera e fu mattina”. Non mi è passato neanche per la mente di dedicarmi agli altri. Ho capito, grazie a Dio, che avevo bisogno di aiuto IO, che ero io il mio prossimo in quel momento, che ero io l’urgenza del momento e ho chiesto agli altri di pensare a me. Non credo che nessuno debba mai essere usato neanche per fini nobili. Se sto male mi curo non penso agli altri come un possibile farmaco “passa problemi”. Non è egoista chi sta male, non ha bisogno di essere più generoso. Se voglio aiutare qualcuno lo devo fare per amore non per tapparmi qualche buco.
Lottare? Mortificarsi? Spero che questo sacerdote abbia parlato così perchè stanco pure lui ma che non lo abbia detto a qualcuno, casomai in confessionale, perchè a volte basta veramente poco per fare del bene: tacere.
Scusate per quell'”odiavo” ma, credetemi, anni di stanchezza, per amore si, ma stanchezza, rendono morti non mortificati, al tappeto non lottatori. Poi crescono e si ridorme ….
Io questa cosa della mortificazione proprio non la capisco…Dio ci ha creato in un corpo (tempio dell’anima), con una salute, con dei “talenti” fisici e morali che dobbiamo mettere in campo, secondo me, al 100% “propter regnum coelorum!!!”…Ma perchè bisogna mortificarsi (corporalmente o spiritualmente)? ???? Che non c’è n’è abbastanza di dolore al mondo???? Ma che diamine (scusate) dice il sacerdote sul “bisogna lottare di più, mortificarsi di più”??? E, per cortesia, lasciate stare le stimmate di san Francesco o di Padre Pio o le “mortificazioni” di questo o quel santo del passato…A parte che molte di queste mortificazioni per me semplicemente …Erano sbagliate perchè frutto di quella concezione (molto presente in passato, ma anche ora non è male a quanto vedo…) per cui il cristiano deve non solo accettare il dolore ma essere quasi uno che se la va a cercare così ha la prova della “predilezione” di Dio nei suoi confronti ( ?!!!? Ho già detto vero altrove che per me questa linea di pensiero è semplicemente assurda e sbagliata???)…Ma se c’è stato qualche santo ( non tutti i santi) che ha sofferto o voluto soffrire per la salvezza del prossimo, per Amore…Bhè sono e rimangono casi ECCEZIONALI! Per spiegarmi…Faccio un esempio: pensate ad un regista di un film d’azione… Che fa? Ovviamente Ingaggia gli attori e anche gli stunt-men. Agli stunt-men fa ovviamente un contratto particolare con salti nel fuoco, balzi dal precipizio, mosse di kung-fu…Ma ovviamente quello stesso contratto sarebbe una follia per un attore normale!!! Insomma quello che voglio dire è che…NORMALMENTE la mortificazione ( sto parlando di una seria rinuncia spirituale e morale o una mortificazione fisica, non la piccola rinuncia quaresimale o il digiuno del venerdì ovviamente…) non solo non è (a mio parere) un attributo della santità, ma anzi è un peccato!
Dio ci ha creato per la felicità, per dare tutti noi stessi agli altri, per testimoniare anche mantenendoci in salute e nella gioia il suo Vangelo/BUONA NOVELLA… ( BUona novella, non apologia della sofferenza!!!) Cosa diversa è sapere che il dolore c’è, la malattia c’è, che la sofferenza c’è e c’è anche la rinuncia (anche volontaria…Se faccio un figlio è ovvio che “rinuncio” a certe libertà, ma in nome di un Amore grande), ma che non sono MAI, MAI MAI fine a sè stessi e che MAI MAI MAI me li devo andare a cercare, che MAI,MAI MAI debbo pensare che siano “croci” che il Signore mi riserva o che devo sopportare per abbracciare meglio (?!?) la croce…Se soffro, sto male fisicamente mentalmente, NORMALMENTE ciò che Dio mio chiede per essere santo è…Guarire, ciò che Dio mi chiede di pensare è …che questo dolore anche lui l’ha portato e vissuto, che non sono solo!!!! Occorre avere il coraggio di farmi aiutare perchè come dice il comandamento dell’amore bisogna AMARE IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO. Non di più. Non di meno. Ma “COME”!!! E per fare questo – ha perfettamente ragione Tres – ci vuole grande umiltà e coraggio, grande fiducia nell’amore di Dio e del prossimo.
Come, come quando vado in confessionale…Finchè rimango nella dinamica per cui piena di paura vado a svelare le mie magagne al “Capo”… Nulla cambierà nel mio cuore. Il mio sarà sempre un cristianesimo della paura: io rimarrò serva e non “amica2 come GESù VUOLE…Ma quando avvertirò, come Sant’agostino, che quello è il luogo dell’abbandono e della fiducia nell’Amore che più di ogni altro mi ama e mi conosce e mi vuole aiutare…Allora…Sarò felice! Magari in ansia – l’ansia “bella” di presentarci nella nostra fragile autenticità – magari pensierosa, magari piena di domande, magari imbranata, timida, triste, casinara…Ma in fondo convintA e felicE di trovare lì pienamente me stessa e di trovare quindi perdono, comprensione, consiglio PACE..Insomma Amore!!! Altro che mortificazione…
Ciao Dory! Come molte cose, per me il problema non è nel significato di qualcosa ma di come me la spiegano. A me della mortificazione fa male l’accoppiata mortificazione/accollo. Mentre, ogni volta che l’ho vissuta o l’ho vista vivere, come dono, è stato bello. Anzi può, la mortificazione, dare un di più nella vita: ma come dono non accollo!
@Dory: Lo spirito di mortificazione e di penitenza deve nascere dall’amore per il prossimo e deve avere come fine l’alleviare le sofferenze altrui. Altrimenti sarebbe “masochismo”.
Le sofferenze – quelle proprie e quelle altrui – sono cagionate dalla mancanza di giustizia.
Se al mondo ci fossero solo giusti, non ci sarebbero sofferenze … ma le sofferenze ci sono.
Come si deve reagire di fronte a un’ingiustizia? Il perdono è per ogni uomo una possibilità, per il cristiano è l’unica possibilità … ma tuttavia il perdono in sè non risolve il danno che l’ingiustizia ha procurato. Posso – per esempio – perdonare chi uccide mio figlio? Posso farlo (sebbene non sia facile), però mio figlio è morto e rimane morto … il danno che l’ingiustizia ha procurato non può essere riparato. Siccome però sono un uomo e desidero essere giusto, non soltanto misericordioso, mi chiedo: che riparo si può dare ai danni prodotti dalle mille ingiustizie di questo mondo che non sono più umanamente riparabili o di cui nessuno si pente?
Per dare una risposta a una domanda del genere può essere utile riflettere su come normalmente reagiamo di fronte alle offese arrecate ad altri da una persona a cui vogliamo bene e che si mostri inconsapevole (o insensibile) di fronte al danno che ha prodotto … per esempio un nostro amico, il nostro coniuge, i nostri genitori, i nostri figli.
Abbiamo desiderio di riparare al posto suo, di prenderci sulle nostre spalle le sue colpe perché non si pensi male di lui … Facciamo “penitenza” al posto suo perché vogliamo essere giusti (cioè vogliamo riparare il danno che noi vediamo e lui non vede) e vogliamo anche essere amici (cioè vogliamo che il torto subito non si traduca, nell’offeso, in un giudizio di condanna troppo duro su chi lo ha prodotto).
Riparare al suo posto è spesso – non sempre – l’unica cosa che posso fare per manifestare concretamente il mio affetto nei confronti di una persona a cui voglio bene. Riparare al posto del penitente è quello che spesso fanno i sacerdoti dopo le confessioni che ascoltano (mi correggano se sbaglio).
Se i sacrifici che la Chiesa mi chiede, e anche quelli a cui volontariamente mi sottopongo (concordati nella direzione spirituale) o che involontariamente subisco, sono capace di associarli a concreti desideri di riparazione allora il loro significato diventa comprensibile. Altrimenti sono cose per le quali merito di essere preso in giro, sono “stoltezza” per usare il vocabolo che usa san Paolo per riassumere il pensiero dei pagani sulla Croce di Cristo.
@Dory e Tres: La mortificazione come dono e amore per il prossimo la condivido ( sono madre e moglie, insegnante e già così…cerco di viverla ogni giorno nel senso nobile del termine!) e anche come riparazione al posti di, insomma come segno della misericordia e della giustizia. Ma come dice Antonio, la mortificazione è una “reazione” all’ingiustizia, non una strada che valga in sè ( tanto meno è l’unica strada per essere giusti e riparare o donare…) credo che non sia un qualcosa di fisiologico e “per tutti”. E’ un passaggio molto graduale e che deve essere – ben meditato e guidato nella direzione spirituale. Sono d’accordo con te, Antonio. Quello a cui sono contraria, recisamente, ( per questo forse sono stata un pò irruente) è che la mortificazione prenda il posto di Dio…E che il cristianesimo, invece che religione della Resurrezione e della gioia…diventi religione della morte, del dolore (quasi autocompiaciuto…), del rifiuto del mondo in sè e per sè. Insomma all’idea mortificazione/accollo che diceva Tres.
Poi volevo dire che la mortificazione non credo che sia un attributo necessario della santità. perchè a me piace tantissimo l’idea di una santità per tutti (casalinghe, insegnanti, professionisti, operai…), mentre la mortificazione ( credo checi siamo intesi sul significato da dare al termine)io credo sia per pochi. Per pochi ben precisi forti equilibratissimi individui e ben guidati da altrettanto bravissimi equilibratissimi e esperti direttori spirituali.
Ovviamente all’inizio del post precedente non rispondevo a me stessa ma @ Antonio….Scusa Antonio!!!
@Dory, Antonio, Gianpaolo, Tres… sono contento che cominciamo a parlare della Croce!!!
@Paola…. “e don Mauro cosa ne pensa a proposito della “fatica” nelle relazioni personali sulla terra?”
Domani faccio 24 anni di ordinazione sacerdotale impartita da GP2 (ci tengo molto!) e forse ho avuto una piccola luce che ha una premessa nel brano di Pio XII che trascrivo qua sotto (è un pezzo dell’omelia di canonizzazione pronunciata nel 1950) e che si riferisce alla santa di oggi, Maria Anna de Paredes, terziaria francescana, peruviana, 1618. La piccola luce la dico domani, nel frattempo ecco il brano con la riflessione successiva.
“…per espiare i peccati degli altri, affliggeva il suo corpo verginale con volontarie mortificazioni e austeri digiuni, con aspri cilici e duri flagelli. Con una pesante croce sulle spalle ripercorreva a tappe l’itinerario della Passione di Cristo e piamente ricordando i dolori del Redentore e riamandolo intensamente, si effondeva in calde lacrime. Dormiva assai brevemente adagiata sul pavimento, trascorrendo buona parte della notte in ginocchio in pia contemplazione e preghiera. Oggi non tutti riescono a comprendere questo genere di penitenza e non tutti ne hanno la debita stima, anzi molti lo disprezzano e rigettano e lo trascurano completamente. Ma occorre ricordarsi che dopo la caduta di Adamo, per la quali tutti riportiamo una macchia e ci sentiamo attratti dalle lusinghe del vizio, la penitenza ci è assolutamente necessaria, secondo quanto sta scritto “se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,3.5).
Il piccolo step di questa sera è che la traduzione di Pio XII da decenni è cambiata ed è: “se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.” Non se “farete penitenza” ma “se non vi convertite”. Ok? Il resto a domani. ’Notte!
Vi ricordate di pregare per me domani?
@don Mauro “Da qualche parte parlavate delle amicizie particolari (escludenti?) e del perché si ha tanto paura di esse. Chi ha paura di esse è chi ha il potere, e questo potere può essere sia civile – laico – che religioso. Il potere teme le amicizie perché teme l’amore, che è libero. E, in realtà, non capisce le amicizie. Non capisce la loro gratuità. Crede che siano sempre alleanze contro qualcuno “
Questo succede in molti ambienti di lavoro, in molte organizzazioni umane. Divide et impera. Quando un capo con una visione miope vede dei collaboratori essere molto in sintonia cerca in qualche modo di metterli l’uno contro l’altro. O quantomeno di evitare che lavorino troppo bene insieme. Mi è capitato in diverse occasioni di trovare capi così.
Ma questo cosa c’entra con organizzazioni della Chiesa? Che ambizioni di potere può avere una superiora di un convento, la direttrice di un centro dell’Opus Dei, l’equivalente di una casa di memores, il rettore di un seminario, ecc..? A che pro? Cosa fa paura dell’amicizia gratuita? Io questa cosa proprio non la capisco.
Fefral mi scusi se salto il tuo intervento e torno a quello di don Mauro?
Ma il fatto grave è che già soffro di insonnia, e stasera ho fatto l’errore di leggere il blog prima di andar a letto….e il sonno è sparito del tutto!(basta vedere l’orario di questo intervento)
Non certo perchè trovi assurdo quello che ho letto, ma tutto il contrario.
Infatti è vero ( come dice Antonio)che ci sono sacerdoti che fanno penitenza per i loro penitenti e mi vengono in mente es celebri come il curato di Ars o padre Pio , anche se sono sicura di averne conosciuti di simili anche tra i viventi ( non esiste solo la pedofilia!!)
Ed è anche vero che a leggere il testo riportato da d Mauro sulle penitenze di questa santa, si rimane ammirati (almeno io)e si pensa che il proprio modo di essere cristiani sia un pò scialbo ; in fondo mi pare che anche Escrivà fosse rimasto colpito dalle orme di uno che andava scalzo nella neve e il discorso del fare penitenza non è mai scomparso! Anzi se in questo periodo pare un pò “medievale”… la Madonna appare a ricordarlo; a Fatima chiedeva sacrifici per i peccatori e a Mediugorie, parla di digiuno 2 volte alla settimana.
Riguardo al fatto del cambio di traduzione -da farete penitenza a convertirete, credo siano 2 cose indissolubili,( anche se cambiando traduzione, forse si rischia di perdere un pò l’accento sulla penitenza);però convertirsi vuol dire cambiare direzione: e come si potrà farlo, se dentro di noi ci sono tante forze che remano contro? E’ questa la penitenza che tutti possiamo e dobbiamo fare, quella di lottare con quanto si oppone al bene che pur desideriamo compiere.
Il problema è che a leggere il brano della santa, ti possono pure venire tanti bei desideri, ma il santo sa mortificarsi,(soprattutto nelle penitenze volontarie)perchè è spinto dall’amore per Dio, ma anche per gli altri, mentre molti di noi (io ad es) ,magari rimaniamo ammiratissimi e vorremmo fare tante cose (sempre previo consulto con un direttore spirituale ! magari cose piccole..)…ma non riusciamo per scarsa volontà o perchè in fondo, degli altri non ci interessa così tanto o infine, ammesso che riusciamo a far qualcosa, dobbiamo ammettere che sotto c’è il voler sentirsi bravi! o davanti a se stessi o addirittura davanti a Dio!
Sempre un girare intorno al proprio io, che alla fine ti scoraggia , ti fa sentire proprio la peggiore delle persone dato che o non riesci o riesci e stai là a pensarci e sentirti in gamba; certamente l’umiltà è sempre la soluzione migliore nei “grovigli” dell’anima, ma.. esiste una soluzione a questo problema?
Auguri don Mauro!
Don Mauro, oggi offro con piacere la giornata lavorativa per te ed anche la serata, che trascorrerò ad impartire lezioni private gratuite di Metodi Matematici per la Fisica.
Sono felice di averti conosciuto.
@Fefral: Facciamo un esempio concreto su cose successe in questo blog. Qualche tempo fa un intervento di @donGianpaolo ha provocato una tua reazione, diciamo così, violenta. Questa reazione, secondo me, è nata dal fatto che sentivi che il tuo interlocutore aveva una sensibilità diversa dalla tua su questioni per te importanti. Non era tanto una questione di contenuti … è che lo sentivi molto distante da te. Hai mai pensato, inizialmente, che @donGianpaolo potesse diventare tuo amico dopo che aveva affermato quello che aveva affermato?
Poi, mi sembra, il tuo atteggiamento (e anche il suo) è cambiato. Le cause di questo cambiamento (almeno dal tuo lato)? Il fatto che tu sai correggerti, il fatto che tu sapevi che @donGianpaolo fosse un prete e il tipo di reazione che lui ha avuto alle cose che hai scritto.
Pensa per un momento a cosa poteva succedere se alcune di queste condizioni non si fossero verificate. Ci sono diverse possibilità … la più probabile è che, col tempo, tu avresti smesso di dare importanza alle sue parole … e lui avrebbe smesso di parlare con te. Ma poteva anche succedere che lui avrebbe cercato di assecondarti per guadagnare la tua amicizia … oppure che avrebbe cercato alleati per combatterti.
Ora tutto questo accade a tutti … @Tres, mi pare, da qualche parte ha scritto che istintivamente va a leggere i messaggi postati da persone a cui si sente più affine … è una cosa normale. C’è il rischio però di diventare sordi a ciò che riceviamo da mondi che percepiamo come estranei.
Ora pensa, per esempio, a un centro dell’Opus Dei, in cui vivono 5 persone … e in cui una delle cinque non è in sintonia con le altre quattro … e la escludono dalle loro confidenze (non perchè sono cattive, perchè non si sentono capite). E’ una cosa di cui ci si deve preoccupare? E’ una cosa che il direttore del centro deve governare? In famiglia non è la stessa cosa … se due dei tuoi tre figli si legano tra loro e il terzo figlio ne soffre non ti sentiresti in dovere di intervenire?
E’ chiaro che la soluzione del problema non può essere la guerra all’amicizia. In un centro dell’Opus Dei si insegna “l’amicizia” … ma come la si può insegnare se non si cerca di viverla in famiglia? se non si comprende la sua gratuità?
Penso però che le persone abbiano livelli di maturità differenti … e che chi dirige una casa il problema lo debba gestire.
@Antonio, sono d’accordo con te, ma non è dicendo alle altre quattro di non essere amiche tra di loro che si risolve il problema.
Io ho tre figli, se due di loro sono più legati e il terzo rimane isolato non vado dai primi due a dire di non giocare più insieme, ma cerco di insegnar loro che l’amicizia è per sua natura aperta verso gli altri. Non è reprimendo o tagliando il legame forte tra due persone che si evita di emarginare gli altri. Piuttosto il contrario.
purtroppo invece la soluzione più facile è proprio quella di separare le amiche “particolari” stroncando alla radice la possibilità di favorire delle relazioni di amicizia “includenti”
Scusate, questo “post” sta diventando una specie di analisi dell’”amicizia”, e penso che sia un tema così profondo e ricco che … non se ne esce più. Penso che sia interessante invece, in questa storia (suora-padre Aldo) il ruolo che gioca l’amicizia nella vocazione. Quando la suora dice “… tutte le volte mi sono sentita rispondere che la mia fede non poteva dipendere dalla posizione di chi mi stava vicino” a me sembra che … la si stia abbandonando. Come dice Paola giustamente: non ci si salva da soli. Ma questa non è una semplice constatazione della necessità degli “altri”. È un dovere. Sicuramente in una comunità ecclesiale. Certo, io sono responsabile di me stesso, della mia vocazione. Ma se io non percepisco l’amore di Cristo nell’amore che io ricevo dagli altri, è come se non avessi conosciuto l’amore di Cristo. E non si ama ciò che non si conosce. Se questo vuol dire giustificare alcune defezioni/disillusioni … solo Dio legge nel cuore.
Così ti dò ragione. Non occorre cercare la via più facile … non bisogna stroncare alla radice, bisogna potare i rami
Il blog è entrato in una fase che mi entusiasma, perchè si sta parlando della Croce e io passo per un…. Crociofilo” e quindi gioco in casa. Scusate il tono scherzoso che mi aiuta a non essere sentezioso e pedante. Dovrò dire parecchie cose. non so se le dirò tutte trovando il tempo e lo spazio. Per ora mi limito a tre considerazioni.
Per Mauro a proposito delle purificazioni passive e del prete che fa il duro. Credo che: tutti possiamo dire e ( io almeno ) diciamo ogni giorno delle autentiche cavolate ( per parlare pulito ). Basta riflettere sull’esperienza pastorale, sul fatto che sia i laici che i religiosi son persone, figlie di un unico Dio, che fa piovere la stessa pioggia sui giusti e sugli ingiusti e quindi può trasformare in occasione di crescita e di purificazione personale le vicende dolorose di religiosi e di sacerdoti.
Starei attento alle diagnosi sociologiche degli errori e delle ingiustizie perchè mi sanno di letture ideologiche della realtà. La parola “potere” è stata rivestita di colorazioni negative in chiave marxista e noi ne portiamo un po’ tutti le conseguenze. Gesù ha insegnato che che chi governa deve servire se vuole imitarlo. Questo mi pare il principio. Quando uno non lo segue si sbaglia e basta.
Non è sempre detto che conservare sia un male e innovare sia un bene e viceversa.
I libertari hanno fatto cadere tante teste quante i tutori del potere. Distingere ciò che è bene e ciò che è male nel caso concreto è spesso molto difficile e mi pare semplicistico buttare la croce sulle spalle di chi ha la disgrazia di dover gestire il potere.
Io ho più simpatia istintiva per la deregulation che per trasformare la vita in una specie di labirinto di regole e di adempimenti. Io credo che occorra spingere le persone a riflettere e a considerare le conseguenze dei propri atteggiamenti piuttosto che guardarli con sospetto e incasellarli nella categoria dei tutori ciechi e tutioristi della regola e dello status quo. Con il tuo amico prete sbrigativo e grezzo, io oggi, sul viale del tramonto, mi fermerei a litigarci affettuosamente, con la speranza che anche lui possa arricchirsi. io su tante cose ho dovuto ricredermi nella vita e raramente dopo un discorso mi viene da dire a me stesso ” A Giampa’, stavolta ci hai azzeccato “
E magari sono le volte in cui finisce peggio.
per cui spesso dico “Speriamo bene. Signore pensaci tu “
Perciò sono del parere che il dialogo e la persuasione siano il metodo migliore. Sono anche questa volta d’accordo fefral. Non dobbiamo essere noi a stroncare alcunchè, la canna fessa o lo stoppino che si sta spegnendo. Possiamo dire, con tremore e timore, cioè con mitezza quello che ci sembra meglio per l’altro, ma se c’è da tagliare lo deve fare lui avendo constatato se la sua amicizia è “intossicata” da qualcosa.
Spero che l’intervento – fatto con timore e tremore – sia gradevole e mite. sennò scusatemi.
bisogna dare acqua e luce, perchè la pianta cresca. Poi ci si pensa ai rami da potare
La potatura serve a far crescere la pianta … a far sì che porti più frutto, assieme all’acqua e alla luce. Tutto avviene contemporaneamente … non c’è un prima e un dopo. Per questo motivo, per il fatto che il compito è difficile, è bene avere molti buoni amici … che ci arricchiscano con le loro vite, con le loro esperienze … amici di cui ci fidiamo … che sappiano parlare e che sappiano tacere … che si sforzino di osservare la nostra realtà con sguardo “silenzioso”, aspettandosi sorprese … che ci guardino per imparare e non per cercare conferme ai loro pregiudizi.
La croce frutto dell’amore
Esiste un misterioso collegamento tra il peccato e la croce, perché il peccato si espia con la sofferenza portata per Amore: ma proprio per questo bisogna essere molto attenti a portare la croce di Cristo, la croce divina, e non una croce umana, cioè una croce che ci scegliamo noi. Perciò non solo non bisogna infliggersi le sofferenze ma si deve fare tutto ciò che è moralmente lecito per evitarle. Secondo me questo è il senso della frase di San Josemaría Escrivá :“Quante persone, con la superbia e con la fantasia, si mettono per calvari che non sono di Cristo! La Croce che devi portare è divina. Non voler portare alcuna Croce umana.” (Via Crucis, pag. 40; punto di meditazione 5 della terza stazione). Detto in “panesalamese” – per far contenta Lidia – aggiungo che non poche volte ho sentito citare a sproposito la frase suddetta. Se una persona diceva al sacerdote di essere triste, di sentirsi sola, non amata, gelosa e così via, le veniva detta quella frasetta volendole far arrivare il seguente messaggio: “non farti pippe mentali; quelle emozioni che senti non esistono. Cerca di essere più concreta” (questo è il panesalemese). “Concreta” sulle loro labbra significa: insensibile, banale, capace di non ascoltare quello che il proprio corpo, la propria psiche, il proprio spirito dice.
E’ importantissimo che non sia io a decidere di espiare i peccati del mondo infliggendomi non si sa quale sofferenza, perché dietro questo atteggiamento ci può essere una sottile ma pericolosissima superbia: l’unica vittima è Cristo e noi non dobbiamo “completare” la sua opera della redenzione (vecchia traduzione di 1 Col 1,24: “sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la chiesa; nuova traduzione: “sono lieto nelle sofferenza che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la chiesa”: cioè il completamento si riferisce a quello che “in me” manca di identificazione con Cristo). In ogni caso è chiaro che non è san Paolo a “scegliere” le sofferenze ma lui “le sopporta”, cioè le accoglie, le riceve, con amore.
Quali sono i criteri per capire se la croce è divina o “umana” (nel senso negativo del termine)? E’ semplice perché basta capire se e quando è inevitabile.
Terremoti, tsunami, malattie, tumori, incidenti, incomprensioni, divorzi, ecc. ecc. tutto il male fisico, psichico, morale che avviene, che ci coinvolge e che non possiamo evitare, quella è croce vera che mi collega misteriosamente con Cristo crocefisso e risorto. Quante volte ho visto malati di tumore infinitamente più sereni dei parenti che facevano loro compagnia: il Signore è sempre accanto a chi porta la croce.
(continua)
Ma va bene scegliere per me delle sofferenze “supplementari”? Posso infliggermi mortificazioni e penitenze e chiedere al Signore che mi mandi croci per espiare i peccati degli altri? Se queste penitenze rovinassero la nostra salute e ci rendessero impossibile o difficile amare il nostro prossimo, non andrebbe bene. Per es. una mamma non deve fare una cosa del genere perché il Signore le chiede innanzitutto di essere in forze e serena per amare il marito e i figli (ovviamente lo intendo a 360°: intendo anche il poter andare a lavorare, ecc. ecc.). Il Signore chiede a quella mamma di amare, e poiché amare comporta sempre incontrare la Croce, la croce che il Signore le chiede di portare è quella connessa all’amare. Si amano le persone non la croce. Non esiste un amore senza croce. L’amore che sembra essere senza croce, prima o poi l’avrà e se amando non dovessi mai incontrare la croce vorrebbe dire che quell’amore è vuoto, nullo, non esiste. D’altra parte una croce senza amore non può essere portata, non esiste (Cfr Come Gesù, p. 146). Un suora di clausura può chiedere a Dio che le mandi una malattia per espiare i peccati di aborto? Se il monastero in cui vive è florido, cioè ci sono tante monache giovani, e lei non ha niente da fare, insomma se lei è solo responsabile di se stessa e ed è certa che non si debba mai contare su di lei e che non sarà di nessun peso per le altre, può chiedere a Dio una cosa del genere. Ovviamente non potrà mai e poi mai “farsi del male”, perché andrebbe contro il quinto comandamento. In quel caso così restrittivo che ho appena dipinto potrebbe chiedere a Dio che le mandi una malattia.
Ma allora Fatima? Giacinto e Francesco cui la Madonna chiedeva di fare penitenze? Appunto! Glielo chiedeva la Madonna! Se non fosse stato così avrebbero fatto molto male a non mangiare il pranzo e a stringersi una corda attorno alla pancia come fosse un cilicio. Se lo chiedono Gesù e Maria è una richiesta che viene dal cielo, se no è una richiesta umana, è una pretesa umana e superba. Pensa un po’: io non mangio una caramella e un’anima esce dal purgatorio e va in cielo…
Oddio don Mauro, ma io ‘sta cosa l’ho sentita dire un sacco di volte e l’ho pure praticata! Pure io l’ho detto e l’ho fatta, ma tutto sta in quella traduzione di Pio XII che scrivevo ieri. Quel Papa traduceva la frase «nisi paenitentiam egeritis» (Lc 13,3.5) con “se non farete penitenza morirete tutti allo stesso modo”. Era nel 1950. E’ dal 1974 (non da oggi con la nuova traduzione…) che la chiesa preferisce tradurre quel “poenitentiam” con “conversione” e non con “penitenza”. E’ esattamente quello che accade con il «paenitemini et credite evangelio» (Mc 1,15) di Giovanni Battista che viene tradotto con «convertitevi e credete al vangelo».
Il punto non è se quel gesto “paga un prezzo” che Gesù Cristo non è riuscito a pagare e allora meno male, ci sono qua io che lo aiuto; ma è se quel gesto mi converte o no. Rinuciare a mettere il formaggio grana sulla pasta al pomodoro mi converte o no? Beh, dipende. Se ho l’idolatria per la pasta al pomodoro (e io ci vado vicino…) si, mi converte. Se invece non c’entra nulla con la mia conversione meglio se metto il formaggio. Dobbiamo stare molto molto attenti che scegliere la sofferenza può essere un’idolatria. Può far sentire a posto. “Si – mormoriamo tra noi stessi stanchi e doloranti ma soddisfatti – più di così non potevo fare…”. Ed è quel sentirsi a posto che ci fa sentir bene. Convertirsi da quello “stare bene” e decidere di amare Dio amando il prossimo con tutte le conseguenze (che saranno anche delle sofferenze…) mi sembra sia il vero modo di essere discepoli di Cristo.
(continua)
Oggi, inizio del mio 25° anno di sacerdozio vi dico qual è il mio proposito. Vorrei assumere a criterio delle piccole decisione quotidiane e di quelle più importanti, un unico criterio che definisco con una semplice parola: l’amore. Ogni situazione provo a gestirla in questo modo, ogni volto che incontro, da quelli delle mie sorelle e dei miei fratelli, a quelli delle persone che bussano alla mia porta o che mi scrivono una mail. Non sempre è semplice, a volte combino un po’ di guai, ma non trovo un’altra modalità per declinare il vangelo. Questo modo mi sembra l’unico possibile. Quel vangelo che è così fuori dalle righe e dagli schemi perché l’Amore è così, capace di guardare oltre le apparenze per scorgere il mistero nascosto nelle pieghe della storia e dei volti degli uomini, e dunque la presenza povera e umile di Lui. Spesso mi trovo a pensare o riflettere su quelle parole di Gesù a Nicodemo: il vento soffia dove vuole e non sai di dove venga e dove va, ma ne senti la voce. Così è di chiunque è nato dallo Spirito. Rifletto e mi domando: ma cosa è quella voce che sentiamo e che ci parla inequivocabilmente della presenza dello Spirito? La risposta per me è una sola ed è l’amore, comunque esso si declini. E seguirlo porta sulla Croce, come è avvenuto a Gesù. Scegliendo l’amore, scelgo anche quella (come conseguenza inevitabile).
Fine
Gianpaolo io sono venuto adesso sul blog e ho fatto di corsa copia/incolla con il mio intervento. Il tuo lo leggerò dopo. Solo per dirti che quello che ho scritto qua sotto è indipendente….
Domanda cattivella :”Rinuciare a mettere il formaggio grana sulla pasta al pomodoro mi converte o no? Beh, dipende. Se ho l’idolatria per la pasta al pomodoro (e io ci vado vicino…) si, mi converte”…che significa? come mi converte? nel senso che cerco di esser distaccato da tutto ciò che in fondo mi dà gioia senza neanche essere male oggettivo o per altri? (intendo che a gustarmi il mio piatto, non offendo nessuno nè commetto una azione indegna)
E’ solo per conseguire il famoso controllo di sè?
Non c’è allora da stupirsi se il cristiano è uno sempre triste o perchè non riesce a fare le faticose cose che gli vengono chieste (e di continuo, perchè c’è una “frasetta” che parla di mortificazione incessante come il battito del cuore! e quindi il cibo e il dormire e gli orari etc )o perchè facendole, rinuncia a cose che gli rallegrerebbero la vita …
Cari amici, che vogliono distinguere l’Amore dalla Croce e fanno encomiabili acrobazie perchè temono che il discorso della Croce offuschi il tema dell’Amore. Io apprezzo lo sforzo, seguo le acrobazie della distinzione, ci rimango male quando mi accorgo che le mie penitenze passate o presenti vengono declassate a superbia, masochismo, invenzioni. S. Josemari, santo allegro ed estremamente penitente, diceva più o meno letteralmente: ” Ci sono di quelli che considerano eccessive le Croci ( si riferiva ai monumenti, alle edicole sacre ) e le vogliono tolgiere io invece sento la mancanza di Cristi sulle Croci”
OK,OK viva l’amore, la lbertà, viva il Cristo risorto, ecc., ecc.”però non mi demonizzate la Croce, non svalutate gl sforzi fatti per riparare, accanto a Cristo, per Cristo e in Cristo. Sì, è lui che fa tutto ma lasciatemi almeno la consolazione di accompagnarloe di fare qualcosa per non lasciarlo solo.
Mi permetto un affondo un po’ ironico nei confronti della comprensibile compassione delle donne che vorrebbero eliminare ogni tipo di morti-ficazione, ( sono le sacerdotesse della vita, dico io per intenderci ):ma voi non fate la ceretta per eliminare i peli delle gambe, pari a un supplizio cinese; non portate scarpe con 12 cm di tacco che mi dicono equivlgono a ore di cilicio, non mangiate anemiche melette da aprilea luglio per avere un look presentabile e il tutto viene omologato abbastanza pacificamente nelle discussioni femminili ?
Ma non pensate che mordervi la lingua ( in senso metaforico, per carità) per allenarvi a non far partire la battutaccia che rende furibondo il marito e fa assistere i figli a dolorose dispute famigliari, sia una cosea necessaria al servizio dell’amore? E così via. Ma possibile che i martiri cristiani fossero tutti sprovveduti doloristi, che i tutti penitenti fossero masochisti o tormentati da terribili sensi di colpa, puniti con altrettante penitenze assurde per soddisfare le proprie nevrosi e improvvisamente arrivano iprotagonisti del terzo millenio a guardare con commiserazione quei poveri selvaggi ?
Io non amo Mel Gibson e non ho voluto vedere il suo film cruento sulla passione del Signore, ho a lungo evitato di mettere l’amato parmigiano della mia terra sugli spaghetti, pensando di giovare alla conversione delle persone ( e sono certo che se teologicamente non valeva Dio,il mio buon Padre, avrà scambiato il mio formaggio non messo con qualche goccia del sudore di suo figlio della passione ( non certo del sangue, sarebbe stato troppo ) per la salvezza di queste persone.
Mi fermo dicendo solo che si dovrà ritradurre tutto s. Paolo per non vedervi inviti a unirsi alla Croce di Cristo. Chiedo scusa e aspetto desolate reprimenda.
Solo una precisazione breve: però il tacco 12 e la ceretta e le melette anemiche sono fatte per amore :) Io, per esempio, non è che sono proprio entusiasta di fare la dieta ma penso che mi faccia bene se riuscirò finalmente a perdere quei due-tre chili che vorrei. sarò più felice io, e anche Dio (anche perché se sarò soddisfatta io aiuterò meglio gli altri). Avessi un marito o un fidanzato, penso che loro sarebbero i primi ad essere contenti se mi vedessero ben vestita ed elegante.
penso che il problema non stia nelle mortificazioni necessarie (tipo, appunto, la dieta, o il saper tacere per amore del marito, o il rinunciare ad un’ora di sonno per andare a Messa – l’estate scorsa, quando andavo in montagna, e l’unica Messa era la mattina presto era durissima alzarsi…), ma in quelle viste come “non necessarie” (tipo: il parmigiano sulla pasta, lo zucchero nel caffè, etc.).
non voglio polemizzare o smentire nessuno; vi stimo tutti e vi voglio bene e magari domani non metto il parmigiano sulla pasta per voi e per i modenesi terremotati, ma volevo far sentire una voce diversa e passionale sul tanto dibattuto tema. Io non so se non avremmo più sacerdoti, laci generosamente dediti alla causa del Vangelo, religiosi e religiose, famiglie stabili e generose nel trasmettere la vita, parlando un po’ più della gioia del sacrificio per Amore.Non è una domanda retorica: non lo so davvero. Ma la mia giovinezza è stata caratterizzata da un profonda stima per la bellezza delle imprese a servizio del prossimo e per la gloria di Dio, in cui mi sono giocato la pelle e l vita. Sono sfigato ? Sono come diciamo noi “cornuto e mazziato”
Non so quale sia la vostra esperienza ma io vedo dalle mie parti che si parla molto poco nelle Chiese della croce di Cristo. Non cosa dicano le nuove traduzioni( a proposito lo Spirito santo non era andato a lezione di lingue fino a qualche anno fa ?), un tempo s. Paolo lamentava esserela Croce “scandalo per i giudei e stoltezza per i Greci” mentre lui pensava di non dover gloriarsi di altro che della Croce di Gesù cristo, certamente non del Croce frutto della sua superbia, della sua presuntuosa autosufficenza ma pur sempre chiamata a una condivisione nel sacrificio personale. Io ho messo l’oportet gloriari in Cruce domini nostri Jesu Christi sulle partecipazioni della mia ordinazione e ancora oggi quando lo leggo o lo sento cantare, mi riempio di commozione e di orgoglio e spesso Cristo inchiodato sulla Croce è l’unico conforto per chi può sentirsi svuotato come una madre di famiglia alla fine di una giornata in cui ha dovuto dare , dare senza potersi permettere di chiedere nulla.
mi converte nel senso che rinuncio alla pasta e scopro di essere ancora vivo – e capisco che la pasta, in fondo, non è che un optional nella vita :) E che la gioia non me la dà solo la pasta, qualcosa del genere. Tipo io se non avessi Internet per una settimana soffrirei (Adesso molto meno di prima, però). Ma ogni tanto rinunciare ad aprire Facebook o il blooog o quel che è mi fa capire che anche senza I-net vivo bene lo stesso – e non dò in escandescenze se non mi funziona più :)
Lucy, posso dirti una cosa dal cuore? Io sono molto felice che tu scriva qua sul blog, perché secondo me c’è qualcosa che hai capito male (sembra una frase cattiva, ma in realtà vuole essere davvero buona!): se tutto si riduce a mortificazioni continue, e alla puntualità, all’essere ordinati e a fare planning e corrispondere a determinate caratteristiche..io sarò eccessiva all’opposto (anzi sicuramente lo sono), ma se avessi una visione spirituale così sarei morta di noia da tempo immemorabile…o mi trascinerei con sensi di colpa insopportabili…per un periodo l’ho vissuta così, poi grazie a Dio piano piano ho cambiato (anche se certi strascichi ce li ho ancora). Poi correggimi se sbaglio, scusami se ti ho capita male :)
Lidia sei una persona stupenda!
Qualche dritta su come hai superato il periodo in cui “la vedevi così”?(cioè un essere puntuali, ordinati e mortificazioni continue?)
Tu dici che la spinta è l’amore…ma io posso anche amare mio marito, ma non per questo aver forza e voglia di far diete!(dico come esempio)Se prendi come motivo l’amore, sei fritto.perchè oggi ami da pazzi, ma domani magari non senti la stesso trasporto o sei arrabbiato o solo molto stanco…, l’amore non è una regola ogni giorno uguale!!!
Solo che con il marito, se non hai voglia di vederlo, ti basta darti ai servizi o simili…con Dio scatta subito il senso di colpa! a parte che non sapresti bene come o dove nasconderti, se non ti va di sentirLo…una volta che hai capito che certe cose sono importanti nel rapporto con Lui, non sai più come evitarle, anche se non ti vanno…
Ma il sacrificio – l’unico sacrificio oggi è quello di Gesù- un atto proprio della virtù di religione e si richiede anche da un punto di vista solo umano, per esercitare tutte le virtù morali e intellettuali.
Perchè guardarlo male a priori ? C’ è una patologia dello spirito di sacrificio e c’è una gioia del sacrificio, quando lo si vive per amore. Sacrificarsi senza amore è certo una idiozia ma il terrore del sacrificio, la demonizzazione del sacrificio è un errore dello stesso tipo. Io sonostato educato da una nonna che diceva “Perchè se Dio ci dà le ciliege a maggio noi non dovremmo mangiarne per offrire un sacrificio alla Madonna?” E io ero d’accordo e ho mangiato con gioia molte ciliege però da lei ho imparato un magnifico spirito disacrificio che l’ha aiutata a vivere con gioia e spirito giovanile pesanti dolori.
E’ questo che vorrei non si perdesse nella Chiesa e nell’educare la gioventù.
Per usare un argomento di fefral: insegnamo il significato e la misura della Croce ma non eliminiamola per paura delle deformazioni.
L’intenzione di don Mauro di mettere a criterio di ogni azione l’amore, mi pare proprio la scoperta dell’acqua calda!
Chi è il pazzo che non lo fa? In fondo anche il terrorista cerca, con l’odio e la violenza, un modo per imporre la sua visione (sbagliata) dell’amore. Anche chi non mette il parmigiano sulla pasta agisce per amore (semmai un amore fatto di una cosa piccola piccola, ma se proprio non so amare di più nella mia giornata Dio, se l’unica cosa che posso offrire è quel disagio allora quello è un atto d’amore). Un coniuge che si separa e comincia una strategia persecutoria ai danni dell’altro coniuge è certo di agire per amore; per amore ai figli, per amore alla giustizia offesa dal comportamento dell’ex marito/moglie.
Tutti agiamo per amore. Resterebbe da capire come definire l’amore.
Mi sembra, allora, bellissima l’affermazione di don Mauro: “Convertirsi da quello “stare bene” e decidere di amare Dio amando il prossimo con tutte le conseguenze (che saranno anche delle sofferenze…) mi sembra sia il vero modo di essere discepoli di Cristo.”
Bello! Non devo “stare bene”. Sono davvero odiose quelle persone che “stanno bene”, dentro qualche schema, e non ti vedono, tu boccheggi in cerca di un sorriso e loro “stanno bene”. E sei odiosa tu stessa che cerchi di “stare bene” nella tua giornata e non ti accorgi dei cadaveri che ti passano sotto il naso.
Anzi fantastico! Proprio a fine pomeriggio quando hai cercato, dalla mattina, di fare bene, amando Dio nelle realtà che hai incontrato nella giornata, e hai incontrato tante sorprese, e hai fatto tante cazzate, beh puoi “non stare bene” ma aver amato fino a consumarti.
Bello! E domani si ricomincia. Non per “stare bene”, ma per amare.
Antonio29 maggio 2012 10:24
@Tres, mi pare, da qualche parte ha scritto che istintivamente va a leggere i messaggi postati da persone a cui si sente più affine … è una cosa normale.
—–
Ahimé ahimé, se questo è vero, significa che qui io non sono affine a nessuno, dato che nessuno mostra d’aver letto i miei commenti, salvo Fefral, che però conosco alio modo, e lidia, che pure conoscevo alio modo. Conoscevo entre guimées, pensavo di conoscere.
Basta, torno allo Γνῶθι σεαυτόν
Io ti leggo sempre con piacere. Non puoi includermi nel gruppo dei tuoi non lettori. ;-)
Citazioni della Salvifici Doloris di GPII
Attraverso i secoli e le generazioni è stato costatato che nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco d’Assisi, Sant’Ignazio di Loyola, ecc. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto che l’uomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova quasi una nuova misura di tutta la propria vita e della propria vocazione.[26]
E’ essa, più di ogni altra cosa, a fare strada alla Grazia che trasforma le anime umane. [27]
Ciascuno si chiede il senso della sofferenza e cerca una risposta a questa domanda al suo livello umano. Certamente pone più volte questa domanda anche a Dio, come la pone a Cristo. […] Tuttavia, a volte c’è bisogno di tempo, persino di un lungo tempo, perché questa risposta cominci ad essere internamente percepibile. Cristo, infatti, non risponde direttamente e non risponde in astratto a questo interrogativo umano circa il senso della sofferenza. L’uomo ode la sua risposta salvifica man mano che egli stesso diventa partecipe delle sofferenze di Cristo.
La risposta che giunge mediante tale partecipazione, lungo la strada dell’incontro interiore col Maestro, è a sua volta qualcosa di più della sola risposta astratta all’interrogativo sul senso della sofferenza. Questa è, infatti, soprattutto una chiamata. E’ una vocazione. Cristo non spiega in astratto le ragioni della sofferenza, ma prima di tutto dice: « Seguimi! ». Vieni! prendi parte con la tua sofferenza a quest’opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo della mia sofferenza! Per mezzo della mia Croce. Man mano che l’uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla Croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza. L’uomo non scopre questo senso al suo livello umano, ma al livello della sofferenza di Cristo. Al tempo stesso, però, da questo livello di Cristo, quel senso salvifico della sofferenza scende a livello dell’uomo e diventa, in qualche modo, la sua risposta personale. E allora l’uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale. [26]
Se continuo a leggere mi sa che mi sento proprio male, non è tema da blog, ma da rapporto interpersonale…e cercar risposte su un blog ,specialmente se stai male dentro…è molto frustrante!
Ha ragione scriteriato, meglio tornare a conoscere se stessi, cercando di non odiarsi, ma solo di “dimenticarsi” con l’aiuto di Dio, perchè la sofferenza vera spesso è muta e la preghiera o il guardare “Cristo inchiodato sulla Croce è l’unico conforto per chi può sentirsi svuotato “, in crisi o comunque in difficoltà…
Lucy, se vuoi magari mi scrivi per mail? te la dò qui (è una secondaria che uso per blog e cose così):
[email protected]
(sì è una mail russa ;))magari ti scrivo di più che qui en plein air.
cmq poi ti rispondo anche qui, così continuiamo il dialogo e magari si aggiunge qlcn altro. ora devo scappare.
un abbraccio!
Anch’io ti leggo!
A @Scriteriato, ma se nell’altra discussione in cui mi davi per certa in una tresca con Dory e Vincenzo ti ho pure salutato in un commento tutto per te e non hai neanche risposto! E poi, è vero, io vado a simpatie perchè mi piacciono le persone che mi piacciono e quelle che non mi piacciono me le studio un po’ più da lontano ma non mi chiudo, come diceva mi pare Antonio citandomi, diciamo che le prendo alla larga ma poi, piano piano, mi avvicino.
Tres posso dirti veloce veloce che sei proprio una grande!?
“Ma possibile che i martiri cristiani fossero tutti sprovveduti doloristi, che i tutti penitenti fossero masochisti o tormentati da terribili sensi di colpa, puniti con altrettante penitenze assurde per soddisfare le proprie nevrosi e improvvisamente arrivano iprotagonisti del terzo millenio a guardare con commiserazione quei poveri selvaggi ?” @Don Gianpaolo ma questo chi l’ha detto?
:-)Ho fatto la faccetta!!! So troppo ggiovane!!
Don Mauro lei ha iniziato il 25 esimo anno alla grande con un proposito stupendo… il che vuol dire anche Amare anche uno come G Paolo che francamente mi sembra un po’ rigido… ma lui nella vita non ha incontrato abbastanza croci per doversele cercare e inventare? e poi… sinceramente non mettere il formaggio…. certamente molto bella e buona come mortificazione… ma nulla a che vedere in confronto a ciò che la vita ti può dare senza che te lo sei scelto… ami don Gian Paolo così com’è. Bravo don Mauro. Grandioso!
Ma io non ho detto che ti chiudi … ho usato una tua frase in cui affermavi di fare istintivamente ciò che istintivamente facciamo tutti: coltivare le nostre simpatie.
@tres, mi sa che confondi scri’ con sciagu!
Scusami, ho capito male. Avevo capito il pericolo della sordità come chiusura. Ciao Antonio e grazie.
@don Gianpa’ ma chi ha mai demonizzato la croce qua dentro?
Sulla storia del cilicio e il tacco 12… vecchia battuta ma non risponde al vero!
scri’ non fare la vittima! Anche sciagurata ti ha risposto. Poi se scrivi in greco non puoi pretendere che ti leggano tutti :-)
Io comunque non leggo necessariamente quelli a cui mi sento più affine.
Avevi capito bene … ma non volevo dire che TU ti chiudi … volevo dire che tutti corriamo il pericolo di chiuderci nelle nostre simpatie .
.. l’ho detto prendendo in prestito una tua frase. Sia chiaro … è un rischio che dobbiamo affrontare, non eliminare.
Oddio c’hai ragione! Ma con tutti quei cambi di nome che fanno mi sbaglio. Grazie!
Ariscusa! Fefral m’ha avvertito che ho pure sbagliato con Scriteriato. Oggi con l’umiltà sto a posto! Ciao
pure io ti leggo! “Conosci te stesso!!” è il rede in teipsum latino :) me non mi conosci in alio modo?
A ma è piaciuto molto il discorso della relazionalità nell’amicizia che quando è vissuta con donazione reciproca si sostanzia e diviene qualcosa di più della somma dei due singoli.
E in quest’ottica leggo anche tutto quello che dite sulla mortificazione e sulla croce che vedo come una delle varie modalità con cui questa relazione si può attualizzare. Per questo la croce senza l’altro, senza l’amico o l’amore con cui condividerla mi pare sterile. Che differenza c’è tra l’autolesionismo o l’autopunizione e la mortificazione solitaria? Nessuna.
io credo che per poter vivere la croce con spirito di donazione verso l’altro, quindi come esperienza che vale la pena e che si sceglie volentieri, sia necessario che venga vissuta in una dimensione di relazionalita oblativa con l’altro (amico, coniuge, dio).
Quando la gente cerca dio o il prossimo perché la croce gli è caduta addosso, certamente è una cosa buona.. Ma è un amore ‘povero’. Chi non accende il cero se il nipote sta morendo? Tanto le provo tutte, son disperato.. Magari funziona..
Secondo me il punto è altrove: se saprò amare nella buona sorte, amerò anche nella cattiva sorte.. Diversamente fuggirò!
Per questo gradirei molto di più che uno mi dicesse: ho fatto una cosa bellissima, e in quel momento ho desiderato che tu fossi li con me per viverla assieme!
Se uno condividerà con me le cose belle della vita, o le condivide col suo amore o col suo dio.. Allora avrà senso anche la donazione di aver stretto i denti in un dolore per poterlo dedicare e condividere col suo amore o col suo Dio.
Quello che vive nel suo mondo beato e non si accorge del prossimo, salvo poi dedicargli una pasta senza formaggio grana, per me non ha capito niente d’amore di amicizia e di croce. Meglio che non si ubriachi la coscienza e che si prenda il grana, il parmigiano reggiano e pure il pecorino.
La sciagurata rispose….Bene!!!!
No, permettimi: rede in te ipsum è torna in te stesso, riprenditi, roba da Orlando furioso quando gli riportano il senno dalla Luna
Γνῶθι σεαυτόν è nosci te ipsum, conosci te stesso, accricchi da freud (poco), jung (già meglio), frankl (!!)
Non lo so, può darsi. Chi sei?
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“se saprò amare nella buona sorte, amerò anche nella cattiva sorte.. “
Bella ‘sta cosa e molto vera. Se riesco a godere di una linguina alle vongole o di un piatto di pizzoccheri col mio amico riuscirò pure a mandar giù il cavolfiore lesso. Mi piace!
Bello @Sciagurata (pensavo che fossi la stessa persona di @Scriteriato) quello che dici. Io quando parlo di croce parlo di amore perchè parlo di Gesù crocifisso non dello strumento di tortura. La croce mi sembra subisca il pregiudizio contrario delle emozioni e degli affetti. Questi, appena li provi o li dimostri. subito qualcuno ti da del fragile nell’amare. Quella, quando dici di averne paura, provoca incoraggiamenti ad amare in modo vero. Ma se Gesù è Verità l’amore vero è Lui, crocifisso e non.
A @Fefral sono pure io un bradipo della tastiera! Conosci i pizzoccheri! Un mito.
Questo mio intervento, può essere ritenuto un cacio sui maccheroni ,( comunque, permettemi la battuta…saremmo in tema visto il ritornare in vari interventi…del grana sulla pasta!)
In realtà, visto che abbiamo sfiorato il tema depressione e subito dopo quello della croce involontaria e volontaria…vorrei condividere una testimonianza che ho letto, di una persona che pur volendo amare Dio,si sentiva profondamente limitata dalla sua struttura psicologica,; non parlerei di depressione, ma di quella situazione così ben descritta da d Colò “ sofferenze che non si sa bene come definire….che colpiscono persone buone e desiderose di amare Dio e forse sono anche purificazioni passive…”
Un volere far molto e capire molto e invece riuscire a poco, pochissimo, fino a starci malissimo, disperare di sè e di Dio,fino a piangerne( il che, da chi è vicino, è letto subito come depressione o non capisco che diavolo di problemi hai etc…ma in realtà, a prescindere dal valutare sino a che punto è colpa della persona,perchè spesso questa responsabilità personale non è chiara e può persino non esserci… è comunque una croce…)
“Vado capendo che quello che mi ha fatto disperare tanto, era un forte perfezionismo, del quale a lungo ho ricercato le cause nelle mie vicende di vita, educazione ricevuta etc…per avere in fondo qualcosa o qualcuno con cui prendermela per il mio soffrire.Me la sono presa con tutti, anche con il cammino che seguo, parendomi troppo esigente e dunque “scatenante” le mie sofferenze!
S Teresa sentiva come “strette” le mura del Carmelo, ma vi era spinta al tempo stesso,dal desiderio di legarsi a Lui, di trovare un “luogo”,un cammino in cui darsi a Dio…anche per me, c’è stato questo rapporto di amore- odio che ovviamente spesso mi ha lacerato e spinto a momenti di ribellione…
Ma alla fine ho capito che il mio cammino poteva aver un senso, solo se era ricerca di Lui e non del mio ruolo e come –inizio viaggio-poteva essere persino bello offrire a Dio la rinuncia ai miei progetti, al mio modo di vedere, al mio pensarmi così e colà…i miei problemi psicologici o interiori che siano, mi portano ad un cammino confuso e altalenante? pazienza, si tratta di obbedire a Dio accettando anche una situazione che non mi piace e sembra essere definitiva.
Qualunque tipo di obbedienza può nascere solo se c’è qualcosa di più grande che ti spinge.Se devi accettare qualcosa che non ti piace…può essere solo per Qualcuno di più grande di Te…l’obbedienza giusta…è “la fame di essere nelle mani di Dio!”(Delbret)
Si tratta di provare davvero ad essere come bambini, non fare le cose perchè assolutamente necessarie o ben comprese razionalmente, ma” liberamente e per amore, così che tutte le regole e i ruoli…diventino una specie di gioco.” Solo pian piano sto imparando a capire che Dio ci parla nelle vicende della vita, anche in quelle che non capiamo, Lui è comunque presente e ricercar cause , se già nel campo della vita spesso è inutile, ancor più nel campo della fede,nasconde una profonda sfiducia nell’azione di Dio, un dire –forse Dio non c’è, è meglio che faccia qualcosa io! Nel mio caso, Lui ha sicuramente sbagliato!
“Proprio qui è l’origine del nostro peccato: noi ci ribelliamo al Dio che emerge nelle circostanze. Noi non ci ribelliamo a Dio, anzi; ma – più o meno coscientemente – ci ribelliamo al suo emergere, al suo manifestarsi, al comunicarsi della sua volontà che è la circostanza; ci ribelliamo alla circostanza, vorremmo che fosse diversa la circostanza. Non diciamo “Fiat”, “Si” come la Madonna
La resistenza si mostra soprattutto nella incapacità di stare nell’istante.
CONTINUA…”Stare nell’istante: tu, madre che sei a casa; …. L’immaginazione nostra fugge o nel futuro o nel passato e lascia inquieta, timorosa o rabbiosa l’ora. Per avere una consistenza noi disobbediamo alla circostanza; cerchiamo la nostra consistenza nel fare quello che pensiamo o vogliamo, poniamo la nostra consistenza nella reazione alla circostanza invece che nella obbedienza alla circostanza. E così incorriamo in quello che dice il libro dei Proverbi: “Chi pecca contro di me danneggia se stesso, quanti mi odiano amano la morte”.
Tanto arrovellarsi non fa che allontanare il cuore dalla “sapienza”,(che è sentire il sapore di Dio, nelle proprie vicende),disperdendolo in qualcosa di infinito, perchè tolto un dubbio ne sorgono 20 altri e si è sempre là, a girar sui propri pensieri, ben lontani dalla semplicità dei piccoli e dei poveri di spirito…è un fare l’errore degli apostoli, quando dicono” ora sappiamo che sai tutto…PER QUESTO CREDIAMO!” e Gesù invece li avverte che la croce li disperderà, ognuno per conto proprio a cercar ragioni e vie di fuga….
E infine, poichè “sapere non prepara ad amare” ,come scrive Guitton, ci si allontana dall’unica vera cosa che Dio ci chiede,”Tu, Dio,non hai detto-non peccare, non tradire, non essere incoerente,non hai toccato nulla di questo.hai detto solo –Simone, mi ami?”
Dio può sorridere delle nostre imperfezioni ed errori, laddove già il nostro lottare, a prescindere dai risultati, è un modo di amare, così come spesso il desiderio di pregare è già pregare; ed è il caso di ricordare le consolanti parole della Bibbia:”ecco, Io ti istruisco, perchè sei uomo di desideri!”
E’ importante imparare ad accettarsi, perchè “non si può odiare sè stessi senza offendere Dio in noi”, e spesso, nei momenti difficili, fuori ma anche dentro di noi, si tratta solo di non distruggere Dio in noi!
” Dio mio cercherò di aiutarti perchè Tu non sia distrutto in me. Siamo noi a dover aiutare Te e in questo modo aiutiamo noi stessi.L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi è un piccolo pezzo di di Te dentro di noi,e forse possiamo contribuire a disseppellirlo dai cuori devastati di altre persone”( E. Hillesum).
Se dò troppo valore ai miei risultati, permettendo loro di portarmi alla disperazione, ne sto facendo il mio Dio, sto sminuendo il fatto che Dio mi ama, non lo credo possibile e non metto Dio aldisopra del mio “sentire”…
“Se Dio non si stanca di dare, noi non stanchiamoci di ricevere”, scrive s Giovanni della croce ; possiamo dunque continuare a fare i nostri tentativi sapendo che “quando anche gli sforzi rimanessero in apparenza sterili per anni, vi sarà un giorno in cui la luce, esattamente proporzionale a quegli sforzi, inonderà l’anima.Ogni sforzo aggiunge un poco di quell’oro a quel tesoro che nulla al mondo può rapire”(S Weil)
Bellissme considerazioni, che mi sembrano frutto di una lunga sofferenza portata con amore e con pazienza.
@donGianpaolo qualche giorno fa si/ci interrogava sul senso che occorre dare alla seguente frase pronunciata da Gesù: “Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando”. (Gv 15,14). Questa frase condiziona l’amicizia al riconoscimento dell’autorità di Dio su ogni sua creatura.
L’amicizia tra esseri umani mantiene traccia del concetto di autorità?
Credo che la natura relazionale dell’uomo sia fondata sul bisogno. Gli altri sono per me una necessità … il mio mondo è stato creato per me, affinché io ne prenda possesso servendolo e lasciandomi servire da esso. E’ questo in fondo il messaggio che ogni madre trasmette ai propri figli: tutto è tuo, tutto ha bisogno di te.
Ora ogni persona ha tanti bisogni. Restringendo il campo al bisogno che abbiamo di “passeggiare” – per usare il verbo che @donMauro utilizza per definire l’amicizia con una sola parola – io mi chiedo: che tipo di bisogni soddisfo “passeggiando” con qualcuno?
Ho bisogno di trovare qualcuno, una autorità che io riconosca come tale, che dia “valore” alla mia vita.
Oggi la parola autorità è intesa in senso “normativo”: una autorità è qualcosa che ha il potere di definire “a che gioco giocare” e con quali regole giocarlo. Ogni autorità intende sia suo compito quello di creare un mondo migliore (quello che c’è sembra non piacere più) e, in questo suo sforzo, si trova costretta a selezionare chi può farne parte condannando molti all’irrilevanza.
L’autorità ben esercitata si sostanzia a mio parere nel dare valore a ciò che esiste che, per fede (l’ha creato Dio) è rilevante. Gesù non vuole creare un mondo nuovo, gli va bene quello che il Padre ha creato. Vuole semplicemente dargli valore.
In questo senso, secondo me, l’amicizia è una relazione di autorità … fondata sul desiderio che abbiamo di cercare attorno a noi qualcuno che giudichi, con l’autorevolezza che noi gli riconosciamo, l’uso che facciamo della nostra libertà nella nostra vita quotidiana … qualcuno che non lo faccia da estraneo. Nessuno ha questo diritto … siamo noi ad affidare ai nostri amici questo compito riconoscendoli capaci di assolverlo e mostrandoci a loro per come siamo.
Come esercita l’amico questo sua autorità ? Nei modi più vari: accettando di passare il tempo con me, accettando che diventi importante per lui ciò che è importante per me, criticando qualche mio comportamento a suo giudizio sbagliato, facendomi coraggio. Io do a lui l’autorità di giudicare l’uso che faccio della mia libertà senza però sentirmi sotto giudizio … perché lui mi comprende, mi conosce, vuole darmi valore, è disposto a perdonarmi, non mi giudica come persona.
In molte relazioni classificate come “amicizie” manca proprio questo: non concediamo a nessuno questo tipo di autorità … e passiamo il tempo con le persone parlando sempre d’altro.
L’autorità che Gesù chiede che gli sia riconosciuta è la sua capacità di darci valore. E’ come se dicesse: lasciati servire, fidati di me, sottoponi la tua libertà al mio giudizio e essa acquisterà nuovo valore, perché la tua libertà l’ho creata io.
Sono ancora al pc, perchè oggi non sto molto bene… e rispondo qualcosa perchè quella frase del Vangelo , “Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando”. l’ho sentita spesso contestata dato che oggi non si è molto propensi ad accettare che qulcuno comandi…e l’autorità è in crisi a tutti i livelli e pare cosa inaccettabile all’uomo adulto ( e quindi anche purtroppo al cosiddetto cristiano adulto)
Penso che nella frase, vada molto sottolineata la prima parte-voi siete miei amici; intanto perchè non usa il condizionale ( lo sarete, se…lo sarete ,quando), ma dichiara una cosa che già è: NOI SIAMO amici di Dio…. perchè Lui ha deciso di esserlo!
E poi perchè solo se abbiamo chiara la prima parte della frase, solo se capiamo l’amicizia di Dio e cosa questo significhi…possiamo obbedire( cioè etimologicamente ascoltare, stando di fronte)
Insomma se mi comanda qualcosa (magari di pesante) uno sconosciuto che passa, scuramente lo manderò gentilmente a quel paese…ma se mi arriva una richiesta dal medico che mi ha salvato la vita…o dall’amico che mi ha coperto il debito in banca o simili…certo mi ritengo addirittura felice di essere utile!
Qui si pone l’importanza dei mezzi di formazione o incontri o che dir si voglia…che dovrebbero molto di più far vedere cosa Lui ha fatto per noi, la bellezza di questo Dio…insomma , per quanro possibile, far innamorare di Dio….e SOLO POI, andarsene sul “normativo”…(comportamento che del resto usa Dio, quando prima di dare i comandamenti, comincia con il ricordare …che ha fatto uscire il popolo dall’Egitto!!….dunque…gli vuole bene, ha fatto cose grandi per lui …e questo “rende accettabile” per il popolo, le sue richieste, che sono, a quel punto, parole di amore ,che vogliono essere di aiuto per la vera realizzazione della propria vita.. non pesi assurdi…
Cari amici, la giornata è cominciata con una bella…. crocetta. Sono ad un incontro di sacerdoti e ho qualche spazio di tempo in più, un posto bellissimo, con un’ottima cucina che io condisco di ignobili penitenze… e con qualche bell’atto di ringraziamento per Dio che ha creato il mondo, le donne abili cuoche e l’amore di Cristo, che ci unisce.
Avevo confezionato per una buona oretta una bellissima risposta ai vostri commenti con alcune provocazioni e anche qualche bella battuta e il PC caffettiera che anche qui mi accompagna si è ingordamente mangiato tutto ( è stato il diavolo, nemico della Croce o l’angelo custode, amico della vsotra pace ? Mah?)
Riassumo dicendo che: tres voi non dite esplicitamente quello che io scrivo e che tu mi fai notare:ma il fastidio nei confronti della parola Croce, senza tutti i correttivi, i distinguo, le considerazioni sull’amore, sui momenti belli, sulla rigidezza di chi parla della Croce, con l’invito ad amrlo per com’è,..(povera bestia c’è pure lui ma non facciamolo vedere tanto, è la vergogna della famiglia ) a me suona come un cedere allo scandalo della Croce che c’è in tanta cultura moderna.
Fefral va bene per i tacchi ( io non ho esprerienza della cosa e spero di non farla mai; l’unica perversione che pratico è la penitenza masichista ) ma c’è in giro tanta gente che fa terribili mortificazioni per il proprio io,per il successo, per sedurre un uomo e averlo ai propri piedi o per altrui più nobili scopi.
Vita di seta: il nickname sembra una dichiarazione di ripugnanza a tutto ciò che rende ruvida la vita, perciò mi prendi per cattivone. Ti posso soltanto dire che senza allenamento ( con sforzi volontari e afinalistici come quelli di un allenamento sportivo, vedi il povero s. paolo che sul blog non ha buona stampa a favore di s. Giovanni evangelista! Del Battista, mangiatore di locuste condite ( ahi debolezza della carne!) con miele selvatico, non sipronunci nemmeno il nome!) io non sarei capace di vivere sempre l’amore con i fatti e anche con l’allenamento al sacrificio volontario, non sempre ci riesco pur volendo amare con tutte le mie forze. Quando io faccio perorazioni a favore del gloriarsi della Croce di nostro signore Gesù cristo non voglio far propaganda tra persone che amano la croce perchè sopra c’è Gesù, come siete voi,ma penso al mondo di oggi dove un terrore per tutto ciò che è sacificio consapevole ( la fuga dalla croce, dallo sforzo, dalla temperanza) produce persone giovani, deboli, instabili, incapaci di mantenere i patti, di assumersi responsabilità, di trasmettere la vita per paura del sacrificio che questo comporta. Persone che si sbriciolano di fronte alle difficoltà, alla pazienza, alla necessità di resistere per perseverare nel bene.
E’ una mentalità che è presente anche nella Chiesa di oggi e che può arrivare a produrre una reazione di rigetto di fronte alla parola croce, se non è temperata con additivi e correttivi, che Gesù non ha usato. Guardate che ho scritto anche cose che mi sembravano belle e dolci sul tema ma voi vi siete allontanati inorriditi di fronte al sacrificio del grana, immaginandomi insensibile di fronte al dolore del fratelli e immerso nel piacere masochista di …rinunciare al parmigiano-reggiano ( io sono di Reggio Emilia, qualche psicanalista moderno potrebbe vedere chissà quale profonda distrorsione, in questo rifiuto) proprio in questi giorni di lutto. Aspetto altre reprimende ma non mettetemi nell’inferno degli amati così “come sono”, insopportabile anche ai peggiori masochisti). Preghiamo per i poveri emiliani, che Biffi chiamava sazi e disperati, perchè non restino solo disperati ma perchè ritrovino l’amore proprio nella difficoltà. Non è un discorso da prete potrebbe farlo qualsiasi iniziativa noprofit.
@ don Giampaolo, le auguro di riposare e di arricchirsi sempre più spiritualmente, preghi se può anche un pò per me…. Io sto sulla Croce fin dalla mia infanzia, non sempre l’ho capita ed accettata, e per fuggirla ho fatto anche tanti errori…. come quella di non ascoltare le ispirazioni del cuore, che ancora non sapevo cosa fossero. Sulla Croce ci stiamo tutti, il problema è capire come starci… fuggire da essa è complicarsi la vita.Ma questo lo si capisce solo quando cominci ad amare sul serio il Signore che non puoi staccare dalla Croce… lui si prende intero o non lo prendi affatto. La mia conversione è avvenuta grazie a padre Pio, ovviamente un motivo doveva esserci!!! La Croce, stupenda se la vivi con Gesù, ho imparato ad amare il sacrificio, ho capito le sofferenze del passato, del presente, e sono sicura affronterò meglio il mio futuro perchè so di non essere sola…. Buon riposo padre
Don Gianpaolo non vedo, come le dicevo, giudizi sui grandi santi che si mortificavano e alterigie da abitanti del terzo millennio. Sui distinguo e i correttivi sulla croce io dico: lasciamo che ognuno di noi si avvicini al mistero della croce e dell’amore con il passo che desidera e che la vita gli ha dato. C’è chi brandisce la croce come una stupenda esperienza di amore con Gesù e chi, come i bambini che aiutano la mamma a portare la spesa, tiene la croce/busta per il ramo/manico più leggero. Nessuno scandalo. “Amiamoci per quello che siamo” mi sembra non roba da povera bestia ma l’unico modo perchè qualcuno mi ami. Buon riposo.
@Don Gianpaolo scusi, un’ultima cosa: anche a me ogni tanto spariva tutto quello che scrivevo e mi hanno consigliato di scriverlo su W e poi fare copia incolla, così se si perde, si puo ripetere l’operazione. Conviene. A presto Don Gianpaolo
Quante croci carichiamo nella giornata dell’altro perché non sappiamo amare davvero!
Già dal mattino, se arrivi alla prima colazione con la faccia di chi sta già in quello che dovrà fare alle 9, i poveri figli/mariti si beccano una prima croce.
Io direi, infatti, che dobbiamo smetterla con questa discussione di quanto sia edificanti per i santi o aspiranti tali la croce e spostare l’attenzione su quante croci non necessarie gettiamo sulla spalle degli altri. Dobbiamo smettere di essere centrati nel nostro ombelico e pensare a far “stare bene” l’altro, almeno non caricandolo noi di croci.
Insomma dobbiamo imparare a essere noi il parmigiano sulla pasta della vita degli altri!
Io a tutt’ora non capisco che significhi amare la Croce.
Io alcuni dolori li “amo” nel senso che vabbè, li capisco (tipo il dolore di perseverare nelllo scrivere un articolo che mi fa schifo), ma altri no (tipo il terremoto). E quando mi capitano dico, grazie mille del pensiero, Dio, ma non potevi lasciarci nel paradiso terrestre…? Poi gli dico, vabbè, ma ti voglio bene anche così, e grazie che mi hai creata e mi vuoi bene, e mi stai accanto, però ecco, se si potesse cambiare qualcosina….
Poi ovviamente voglio bene a Gesù, e mi fido di Lui: lo dice Lui, un senso a questa vita coi suoi dolori c’è. Ma non è che li amo proprio, io per me sarei tanto felice di vivere alle Hawai’i in spiaggia tutto il tempo, senza problemi, malattie, dolori e quant’altro…
suppongo che amare la Croce vada visto nel senso “Lidietta, visto che il sogno di una vita senza dolore alle hawaii è da destinarsi al cassetto “Irrelizzabili” (ma grazie a Dio si realizzerà nell’altra vita, perché sennò sai che fregatura) pensiamo a cosa puoi fare qui”. Allora sì, amo il dolore di alzarmi all’alba per accompagnare qualcuno all’aereoporto quando avrei preferito dormire o di cedere il posto alla vecchietta (ultra-novantenne, perché se è più giovane si offende pure)in autobus quando vorrei starmene seduta. In questo senso amo quel dolore perché so che fa felice un altro.
ma ecco di fronte a un tumore…posso dire che offrendolo, come dice Vera, contribuisco a far felici gli altri che non conosco, unendole alla Passione di Cristo.
lidia30 maggio 2012 13:02
suppongo che amare la Croce vada visto nel senso “Lidietta, visto che il sogno di una vita senza dolore alle hawaii è da destinarsi al cassetto “Irrelizzabili” (ma grazie a Dio si realizzerà nell’altra vita, perché sennò sai che fregatura)
—
Seriamente: condivido pienamente il sennò, è un’affermazione che faccio spesso anch’io, citando il sommo Pascal
Battuta: come come? Un’amante delle steppe sterminate della Santa Madre Russia, della Rodina, dei cosacchi, della mai bastevolmente rimpianta Siberia, che sogna le Hawaii? (e meno male che non ha detto: la California dopo essersi pamelandersonizzata)
http://www.youtube.com/watch?v=ngeG43GgHpw
Lidia quello che tu chiami dolore,croce… rientra nei “fastidi” che la convivenza comporta e che se ben accettati, come dice Paola, sono “croci” che eviti agli altri.
Invece io, forse perchè ho qualche annetto in più, parlo di dolore quando ci sono situazioni che non sei in grado di dirigere con le tue forze razionali o volitive che siano…non ti basta la forza del pensiero per spiegare certe sofferenze degli innocenti o situazioni decisamente ingiuste…nè ti basta la forza di volontà per risolvere problemi più grandi delle tue forze o la cui soluzione NON DIPENDE da te (non esiste solo il tumore!!…problemi di carattere, sul lavoro…penso, tanto per far un esempio, ad un matrimonio infelice…se ti metti tu di buona volontà…forse cambia lui? no, di certo!…)Solo che proprio in queste situazioni, puoi scoprire se davvero hai fede…che fede sarebbe se tu puoi capire perfettamente le cose? che speranza sarebbe se la persona da cui speri davvero la soluzione…sei tu stesso?
La resurrezione è il cardine della nostra fede (altrimenti il cristianesimo sarebbe solo un codice morale , di buoni comportamenti,al pari di tutte le altre religioni!) eppure si dimentica che prima della risurrezione, c’è…la morte!Insomma , è solo di notte, che puoi credere al giorno…sulla sofferenza che uno invece si va a cercare, la mortificazione volontaria, avrei molte cose da scrivere, ma oggi pomeriggio ho impegni vari…..
La sciagurata rispose29 maggio 2012 23:10
Quando la gente cerca dio o il prossimo perché la croce gli è caduta addosso, certamente è una cosa buona.. Ma è un amore ‘povero’. Chi non accende il cero se il nipote sta morendo? Tanto le provo tutte, son disperato.. Magari funziona..
Secondo me il punto è altrove: se saprò amare nella buona sorte, amerò anche nella cattiva sorte.. Diversamente fuggirò!
Per questo gradirei molto di più che uno mi dicesse: ho fatto una cosa bellissima, e in quel momento ho desiderato che tu fossi li con me per viverla assieme!
Se uno condividerà con me le cose belle della vita, o le condivide col suo amore o col suo dio.. Allora avrà senso anche la donazione di aver stretto i denti in un dolore per poterlo dedicare e condividere col suo amore o col suo Dio.
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E’ un’affermazione che condivido, la dice anche Bernanos nel suo diario del curato di campagna
MM.29 maggio 2012 22:45
pure io ti leggo! “Conosci te stesso!!” è il rede in teipsum latino :) me non mi conosci in alio modo?
scriteriato30 maggio 2012 09:45
No, permettimi: rede in te ipsum è torna in te stesso, riprenditi, roba da Orlando furioso quando gli riportano il senno dalla Luna
Γνῶθι σεαυτόν è nosci te ipsum, conosci te stesso, accricchi da freud (poco), jung (già meglio), frankl (!!)
Non lo so, può darsi. Chi sei?
Salve don Mauro! Volevo farle innanzitutto gli auguri (ho visto sul suo profilo che tutti le fanno gli auguri, quindi immagino che si faccia così in questi casi ) e poi volevo dirle una cosa a proposito del blog: sa che lo seguo, ma lo sa che mi aiuta anche a capire un po’ di cose? O quantomeno a darmi un punto di vista “diverso” ogni tanto, però senza incasellare ed etichettare… (che credo sennò scapperei a gambe levate…) Così posso pensarci senza preconcetti, mettermi davanti alle cose liberamente, solo come me senza nessun aggettivo, senza nessun attributo… bè, non lo so esprimere tanto bene, ma volevo farglielo sapere (chissà perché poi…) e per mandarle un feedback anche…per cui, appena esce compro anche Abelis, grazie.
Enza
Ribelle30 maggio 2012 14:13
sulla sofferenza che uno invece si va a cercare, la mortificazione volontaria, avrei molte cose da scrivere, ma oggi pomeriggio ho impegni vari…..
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cosa vuol dire andarsela a cercare? Un santo sacerdote, molti anni fa, trasferitosi a Roma, aveva una delle sue principali collaboratrici che soffriva di terribili emicranie.
PRIMA la portarono dai migliori medici di Roma e Milano per cercare di curarle, POI, SOLO POI, stabilito non ci fosse nulla da fare, le disse di offrirle al Signore.
appunto…io dico che per esempio se i miei genitori invece di separarsi fossero rimasti assieme io sarei stata più felice.
Io con la fede capisco bene che dolori così possono essere soppiortati solo fidandoci di Dio, anche se non li capisci, ciononostante avrei preferito non averlo, e, potendo, vorrei proprio non aver nessun dolore.
Poi ok, visto che l’erba voglio eccetera eccetera, nel mondo reale siciramente la croce ci avvicina a Dio nel senso che ci fa capire che o hai fede o nisba, non c’è altra soluzione, fede di credere e spearre anche senza ragione.
ecco io sono grata a Dio di avermi fatto capire queste cose, in questo senso amo la croce, forse solo così si può spiegare.
Non so…
fefral30 maggio 2012 10:04
“se saprò amare nella buona sorte, amerò anche nella cattiva sorte.. “
Bella ‘sta cosa e molto vera. Se riesco a godere di una linguina alle vongole o di un piatto di pizzoccheri col mio amico riuscirò pure a mandar giù il cavolfiore lesso. Mi piace!
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@Tres: Fefral è senz’altro un mito, ma, @Fefral, rispetto a queste barbarie culinarie di polentonia, mille milioni di volte meglio il cavolfiore lesso, poco sale, un po’ d’olio extravergine, et voilà
Ho anch’io la mail russa, pappappero
[email protected]
Ciascuno logicamente segue il corso dei suoi pensieri e risponde di conseguenza e tutti i contributi sono belli e utili. Io vorrei solo che restasse un po’ impresso il motivo per cui misono applicato in questi sproloqui:
a) non per farvi mangiare gli spaghetti senza parmigiano;
b) non per farvi mettere i tacchi alti, specie agli uomini ( Dio ne scampi )
ma:
c) per ricordare che è bello e commovente pensare che gesù mi ama tanto da stare sulla Croce per me; il crocifisso lo vedo, lo tocco, lo bacio, il Risorto è la mia speranza, lo vedrò ma non ora;
d)gli uomini di oggi hanno bisogno che si rivaluti ai loro occhi il valore del sacrificio per amore della verità e del bene che si incarnano nell’Altro( che non vedo ) e negli altri ( che vedo ), perchè oggi fuggono tanti il sacrificio per amore e non sanno distinguere la bellezza del sacrificio o la sofferenza della schiavitù per le ambizioni o le passioni disordinate;
e) io preferisco avere con me uno disposto a condividere il dolore, senza scappare,; perchè a condividere le gioie si fa poca fatica;
f) sfatiamo il mito delle Hawaii, del matrimonio felice e perfetto, del marito o della moglie ideale,della comunità gratificante e angelica, della santità nostra e altrui senza macchia nè ruga ( così è solo la Chiesa celeste ) e scopriamo la poesia del quotidiano anche ripetitivo e faticoso, vissuto per amore, anche quando manca l’entusiasmo sensibile;
g) non chiamiamo medioevale, sfigato, ecc. chi ama e cerca la penitenza perchè forse gli dobbiamo cose che sapremo – con un po’ di vergogna- nella valle di Giosafat.
Oggi ho mangiato un bellissimo gelato alla salute di tutti mentre con mio dolore, tante nemiche della mortificazione si saranno sacrificate come matte per gli altri, sognando le Hawaii e trangugiando con fatica un panino, perchè le donne sono così e per questo sono un miracolo e un mistero del Creatore.
Comunque grazie a tutti e risponderò .- se ci riesco- ad alcune ponderose osservazioni d Antonio, scriteriato e ribelle.
io ho mangiato polpette e patatine fritte!
Ma..senta un po’ don Gian Paolo, qua nessuno è nemico della mortificazione, o almeno, di quella eccessiva sì e di quella mal capita pure. Adesso dal basso del mio stato laicale e della mia età ma dall’alto della mia democratica posizione internettiana le dico che forse dovrebbe cercare di capire meglio cosa scrivono gli altri.
Le Hawaii perfette ovviamente non esistono in terra ma sfido io qualcuno a dire che il mondo senza dolore non sarebbe meglio. e quando ci viene in mente, non è un’eresia, ma è semplicemente che Dio il mondo lo voleva così, senza dolore. Poi qlcs è andato storto, nostra e mea culpa, ma caspita, notare che spesso la vita fa schifo mentre dovrebbe essere bella non fa male, o? Questa è la fede, dire, ok mi fido che anche se fa davvero schifo un senso c’è, e provo a capire anche tutto il bello che Dio mi ha dato, ma dire “starei meglio felice alle Hawii con tutte le persone che mi vogliono bene e senza violenze, bambini violentati, guerre, carestie ecc. ecc.” è sanità mentale pura e semplice.
Poi scusi ma lei si contraddice perché prima dice che oggiogiorno l’uomo cerca solo il piacere e poi dice che le donne (moderne, si suppone) si mettono il tacco 12…allora che, sacrificio o edonismo? Sarà che il problema NON sta nella penitenza o meno – tutti mettiamo tacchi 12 – io no, metto 6 al max – o scarpe strette o stiamo a dieta e tutti ci concediamo piaceri. Il problema è perché lo facciamo. Se io faccio penitenza per amore, ok, ben venga; se la faccio per egoismo, superbia o per sedurre (e basta, non come Paola che lo fa a fin di bene) è una cretinata immane e pure un peccato.
E poi, vede che pure lei parla dell’amore nel quotidiano, dell’amore di Gesù cha sta sulla croce per me e che mi sorregge nelle mie.
Ora mi spieghi lei dove sta la differenza fra il suo punto di vista e il “nostro”.
E comunque le chiedo, se Dio le dicesse “oh don GianpAolo, che dici, togliamo il dolore dal mondo?” non credo lei direbbe “no ti prego lascialo”. Ecco. Lei ama il dolore perché è sintomo di amore, non per il dolore in sé, questo è quello che noi andiamo ripetendo qui.
La vera domanda è: a Dio che gli fa se io non mangio il parmigiano? perché un’anima si converte se io non mangio ‘sto parmigiano? perché – detto amle – Dio vuole che io soffra per far convertire un’anima? Non gli basta la preghiera, ha bisogno della mia sofferenza?
Ora, io piccole penitenze le faccio, perciò non venga a dirmi che io chiamo lei medievale o sfigato, ma ragioniamo sulle cose vere.
“Dio vuole che io soffra per far convertire un’anima? Non gli basta la preghiera, ha bisogno della mia sofferenza?”: che si risponde a questa domanda? perché questo la gente vuole sapere, in questa discussione, mi pare.
Dio è un sadico o che?
io dico che possiamo pensare che siccome Cristo ha salvato noi sulla croce anche noi salviamo gli altri attraverso la croce. Perché la croce? Boh, poteva salvarci facendoci giocare a scacchi. non so. così ha fatto e così evidentemente è meglio. Allora fare penitenze per qualcuno ha senso dicendo “ok, Gesù, non so perché (non lo so) ma faccio come hai fatto tu, salvo gli altri per mezzo della croce”. Ma è evidente che se per salvare gli altri o peggio se per fare mortificaziioni a buffo distruggo me stessa con sensi di colpa come Lucy allora è inutile. Amo la penitenza perché aiuta a salvare e perché sto con gesù nella sua opera di slavezza e basta, in sé la penitenza fa schifo e ripeto che secondo me dirlo è sanità mentale, non edonismo. Gesù suppongo abbia schifato grandemente la croce, noi cantiamo o beata Crux o quel che è ma solo perché lui l’ha usata per salvarci, mica perché la croce in sé è bella. Lo so che questo è basic Christianity livello zero, ma siccome tanta gente non lo capisce, vale la pena di dirlo.
Se Gesù mi salva tramite la corce e non tramite la hawaii io mi fido di Lui perché lo amo, e in questo senso amo la croce perché lui l’ha scelta e dico, mah, le hawaii sembrano belle ma Gesù per me voleva la croce e croce sia, ma va capito perché sennò uno manda a quel paese la croce, Dio e le hawaii e si droga.
E soprattutto va capito che le benetette hawaii le avremo davvero in Cielo (beh ok non con le palme e il caffè lavazza ma chissà).
E comunque io ho pranzato beatamente a casa, questo è un periodo già abbastanza difficile per me e almeno mangiare lo faccio come si deve.
Oh.
Dio non ha messo il dolore nel mondo perchè quello ce lo siamo procurati ben bene da soli: partorirai con dolore e ti guadagnerai il pane col sudore della fronte non sono una punizione per Adamo ed Eva ma la constatazione di un fatto: il peccato ha incasinato tutto e se prima la vita doveva nascere senza dolore e la cooperazione alla creazione poteva avvenire senza fatica, dopo il peccato possiamo continuare a dare la vita e a lavorare, ma ci teniamo i dolori del parto e la stanchezza (prevengo le obiezioni di Paola: i dolori del parto fisici li togliamo con l’epidurale, ma non c’è epidurale per i dolori del cuore, e dare la vita non significa semplicemente partorire).
La cosa fantastica, e misteriosa (la redenzione è un mistero) è che Dio per salvarci ha preso lo schifo che siamo e le sue conseguenze e ne ha fatto strumento di salvezza. Gesù in croce ci è finito perchè ce l’hanno messo. E ha sofferto perchè la sofferenza è entrata nel mondo a causa del peccato. Ma Dio, da buon padre, prende i casini dei suoi figli e ne fa qualcosa di bello. Perfino di più bello di quello che era prima, perchè la condizione del santo è preferibile a quella di Adamo.
Questa è la croce. La croce sono i dolori del parto dell’umanità che rinasce
fefral. Siamo quasi al panino: , hai mangiato seduta e inn buona compagnia. Lo spero e le polpette con le patate frutte sono semplic ma buone soprattutto se dopo c’è il gelato.
scri’, a me proprio il cavolfiore lesso non piace. Però mio marito ne va matto. Il matrimonio è anche condividere un cavolfiore lesso :-(
“io preferisco avere con me uno disposto a condividere il dolore, senza scappare,; perchè a condividere le gioie si fa poca fatica”
@don GianPaolo… io invece sono alla ricerca di amici che sono in grado di condividere le mie gioie, perchè di quelli che stanno accanto nei momenti difficili me ne avanzano. Non so, a volte sembra quasi più facile stare accanto a qualcuno che sta male, forse è un modo per mettersi a posto la coscienza, o una specie di mal comune mezzo gaudio, ma trovo molto più rara l’amicizia di qualcuno a cui di fronte a una mia gioia o a un mio successo brillano gli occhi di felicità. Quando succede so che con quella persona potrò condividere anche i momenti brutti, ma intanto ci godiamo quelli belli.
Riprendo le parole di Lidia “Allora fare penitenze per qualcuno ha senso dicendo “ok, Gesù, non so perché (non lo so) ma faccio come hai fatto tu, salvo gli altri per mezzo della croce”. Ma è evidente che se per salvare gli altri o peggio se per fare mortificaziioni a buffo distruggo me stessa con sensi di colpa come Lucy allora è inutile.”
Caspita Lidia, anche se di corsa e nella pausa tra 2 impegni, 2 minuti per risponderti li trovo!
Soprattutto per difendere Lucy!!!!( che conosco molto bene);perchè credo che il cristianesimo, se lo prendi sul serio, sia comunque molto impegnativo, e allora capita di avere dei momenti come quelli di Lucy, puoi chiamarli di scoraggiamento, di ribellione, di depressione o persino di tentazione.
Soprattutto le situazioni difficili che “durano”, rendono molto difficile “rimanere”…non sarà per questo che in tantissime pagine del Vangelo ritorna questo verbo? (rimanete nel mio amore…se uno rimane come il tralcio etc…e infine sulla croce, la vera tentazione è in quella frase”se sei Dio, perchè non scendi dalla croce?” (invece di rimanere!)
Insomma anche perseverare spesso sa di croce, è il famoso” imparò l’obbedienza dalle cose che patì.”… spesso la sofferenza ti costringe ad approfondire il senso della vita, a rispondere davvero a quella domanda “voi chi dite che io sia?” insomma rende comunque più vuoti di sè ( il che permette poi a Dio di entrare un pò nel cuore)
Ma se uno sapendo tutte queste belle cose poi non riesce sempre a viverle o a viverle nella misura che vorrebbe e ci sta male, perchè magari ha quel carattere o quella sensibilità,non credere che Lucy i sensi di colpa li voglia!!E’ solo una persona molto combattuta tra ciò che “sente” sarebbe giusto fare e ciò che riesce a fare…
Anche il proprio carattere può essere una croce!! E molto brutta, perchè ti segue sempre!!
Come sentivo proprio in questi giorni, uno può essere come il giovane ricco,… anche perchè è ricco…di sensi di colpa!!
Riuscirà a lasciarli ai Suoi piedi per correre libero da inutili fardelli sulla “via dei Suoi insegnamenti”?
beh, penso che solo Dio possa operare questa cosa” impossibile a Lucy, ma non a Dio”!…e possa “mettere pace nei suoi confini” (come dice il salmo oggi, se per confini si intendono quelli del cuore e della psiche!)
E infatti la stessa Lucy, nell’ultimo intervento, riprende proprio le belle parole di Bernanos, (bisogna “ non odiarsi, ma solo di “dimenticarsi” con l’aiuto di Dio), perchè la sofferenza vera spesso è muta e e quelle di d Colò( la preghiera e il guardare “Cristo inchiodato sulla Croce è l’unico conforto per chi può sentirsi svuotato “, in crisi o comunque in difficoltà)
Se questa era la sintesi.. L’originale era una copia dell’enciclopedia britannica?!
Viva l’angelo del suo computer caffettiera e viva anche il diavolo :-)
E chi è sto bernsnos che pubblica le mie idee senza dirmelo?
Cavolfiore lesso?
Terùn de l’ostrega
Sono QUASI completamente d’accordo con questi ultimi due interventi di Lidia. QUASI perché, se permetti, caffè Illy!
sono QUASI completamente d’accordo con questi ultimi due interventi di Lidia. Quasi perché, se permetti, caffè Illy.
Sono QUASI completamente d’accordo con questi ultimi due interventi di Lidia. Quasi perché, se permetti, caffè Illy.
Sono QUASI completamente d’accordo con questi ultimi due interventi di Lidia. Quasi perché, se permetti, caffè Illy.
lidia30 maggio 2012 16:11
La vera domanda è: a Dio che gli fa se io non mangio il parmigiano? perché un’anima si converte se io non mangio ‘sto parmigiano? perché – detto amle – Dio vuole che io soffra per far convertire un’anima? Non gli basta la preghiera, ha bisogno della mia sofferenza?
Ora, io piccole penitenze le faccio, perciò non venga a dirmi che io chiamo lei medievale o sfigato, ma ragioniamo sulle cose vere.
“Dio vuole che io soffra per far convertire un’anima? Non gli basta la preghiera, ha bisogno della mia sofferenza?”: che si risponde a questa domanda? perché questo la gente vuole sapere, in questa discussione, mi pare.
Dio è un sadico o che?
io dico che possiamo pensare che siccome Cristo ha salvato noi sulla croce anche noi salviamo gli altri attraverso la croce. Perché la croce? Boh, poteva salvarci facendoci giocare a scacchi. non so. così ha fatto e così evidentemente è meglio. Allora fare penitenze per qualcuno ha senso dicendo “ok, Gesù, non so perché (non lo so) ma faccio come hai fatto tu, salvo gli altri per mezzo della croce”. Ma è evidente che se per salvare gli altri o peggio se per fare mortificaziioni a buffo distruggo me stessa con sensi di colpa come Lucy allora è inutile. Amo la penitenza perché aiuta a salvare e perché sto con gesù nella sua opera di slavezza e basta, in sé la penitenza fa schifo e ripeto che secondo me dirlo è sanità mentale, non edonismo. Gesù suppongo abbia schifato grandemente la croce, noi cantiamo o beata Crux o quel che è ma solo perché lui l’ha usata per salvarci, mica perché la croce in sé è bella. Lo so che questo è basic Christianity livello zero, ma siccome tanta gente non lo capisce, vale la pena di dirlo.
Se Gesù mi salva tramite la corce e non tramite la hawaii io mi fido di Lui perché lo amo, e in questo senso amo la croce perché lui l’ha scelta e dico, mah, le hawaii sembrano belle ma Gesù per me voleva la croce e croce sia, ma va capito perché sennò uno manda a quel paese la croce, Dio e le hawaii e si droga.
E soprattutto va capito che le benetette hawaii le avremo davvero in Cielo (beh ok non con le palme e il caffè lavazza ma chissà).
E comunque io ho pranzato beatamente a casa, questo è un periodo già abbastanza difficile per me e almeno mangiare lo faccio come si deve.
Oh.
—-
Lidia in questo suo ultimo intervento cade in un errore enorme, clamoroso, galattico