Blog / Sandokan | 28 Maggio 2015

Il diario di Sandokan – Credenze

Per anni mi hanno raccontato che un buon cristiano non legge Repubblica.
Venivano a trovarmi apposta per dirmelo. Era una specie di comandamento non scritto, ma seguito da costoro molto più fedelmente del quarto comandamento – vi assicuro che so quel che dico – che invece è scritto.
Ho pensato a loro l’altro giorno, quando ho letto che il Papa legge solo Repubblica. Come ci saranno rimasti male quelli di Avvenire.
Chissà che consigli daranno i miei vecchi conoscenti, d’ora in avanti. Speriamo che si limitino a spiegare perché loro non leggono Repubblica, lasciando perdere ciò che deve fare un buon cristiano. E speriamo che si rassegnino al fatto che ci sono buoni cristiani che leggono Repubblica e buoni cristiani che non la leggono.
Naturalmente il punto qui non è santificare un giornale. Il punto è che quando ciò che è opinabile diventa un comandamento, si smette di ragionare e di ascoltare.
Il problema è l’uniformità.
Quand’è che l’unità diventa uniformità, come dice il Papa? Secondo me quando un’opinione diventa, di fatto, un comandamento. Ci si veste tutti allo stesso modo, si leggono gli stessi giornali (o “non” si leggono gli stessi giornali), ci si entusiasma per le stesse cose (o “non” ci si entusiasma per le stesse cose), si parla bene degli stessi libri (che piacciono a tutti, ma proprio a tutti) mentre ci sono libri che non piacciono a nessuno (ma proprio a nessuno, neanche per sbaglio).
Se per caso dovesse nascere dentro di te un desiderio tuo, difforme dalla comune “credenza”, quella dentro la quale sei nato o vivi, magari la prima volta provi a esprimerlo, però poi ci rinunci, perché ti accorgi che chi ti sta attorno ti fa parlare, ma solo perché esiste una comune “credenza” che predica quanto sia cortese lasciar parlare. Ti lasciano parlare, ma non vedono l’ora che tu smetta di parlare, per lanciarsi in frasi esortative, in correzioni amorevoli, in serene prese di distanza. E, se tu insisti sul punto, ti correggono fraternamente, perché sono sinceramente preoccupati per la salvezza della tua anima.
E tu ti ritrovi immerso dentro “credenze” alle quali ti abitui, ma che ti rendono sempre più estraneo all’ambiente che dovrebbe essere il tuo, nel quale vivi. Perché ciò che vuoi leggere davvero è meglio che tu lo faccia di nascosto; ciò che vorresti dire davvero è meglio che tu lo seppellisca dentro di te.
Finisci per cercare altrove ciò che attorno a te non esiste, sei circondato da estranei che, per giunta, ti chiamano “fratello” e questo ti fa incazzare ancora di più.
“Non vi conosco”, questo vorresti urlare a chi continua a chiamarti “fratello”. Penso che Gesù provò qualcosa del genere constatando di ricevere più attenzione dalle prostitute che dai Farisei.
“Io ho cercato di essere credente, ma non ho nessuna nostalgia di quel periodo”. Queste parole ho letto ieri su Repubblica da un uomo che ha cercato di esserlo davvero, che oggi si dichiara agnostico, ma domani chissà.
Per lui la fede è “narrazione” e non “credenza”. La vita di ciascuno può essere una “narrazione” della sua fede. Questo vuol dire “vivere di fede”, che è diverso dal “vivere di credenze”.
Se in questa personale “narrazione” Dio non si vede, allora parlare di Dio serve a poco e certamente, quel poco che di Dio potresti dire lo può dire un altro al posto tuo, meglio di quanto lo possa dire tu. Se in questa “narrazione” Dio non si vede, non si sente, non si tocca, allora il Dio in cui pure si dice di credere non è Dio.

Sandokan11111

Sandokan è la Tigre della Malesia, questo si sa. In verità negli anni della sua giovinezza – quando il corpo esultava – le tigri, lui, le uccideva. Ma poi scelse la via di Lutet con i draghi. È l’eroe di sua figlia che, bambina, gli diceva: “Voglio essere anch’io una tigre, una tigre-femmina! Si può?”. “Certo che si può! Ma cosa credi che faccia una tigre tutto il giorno?”. “Lo so, lo so! Legge, studia e racconta favole!