Le lettere di Sandokan – Chiedere
Non so se vi è mai capitato nella vita di dover chiedere soldi a qualcuno per sostenere quella che a voi pare un’opera buona. A me è successo diverse volte.
Non è mai una cosa piacevole “chiedere”, soprattutto di questi tempi. Ti tocca sentire tanti “no” spiacenti e i “no” che si ricevono, anche quelli spiacenti, uno deve imparare a gestirli. Per non scoraggiarsi.
Ci sono diverse tecniche che tornano utili allo scopo. Ne elenco alcune che mi vengono in mente, ma son sicuro che ci sia maggiore varietà.
La prima tecnica è fondata sul cercare di evitare che ti dicano di “no”, naturalmente. Si puntano (il verbo “puntare” è un po’ diverso dal verbo “cercare”) le persone che hanno disponibilità economica e si magnificano ai loro occhi i benefici che il mondo trarrà dalla piena realizzazione dell’opera per la quale si chiede loro un contributo economico. Se uno è fortunato, se è capace di entrare nei giri giusti, con due o tre visite ha risolto. Certo c’è una parte di umanità che rimane un po’ fuori dalla “caccia”, ma è per noi di consolazione il pensiero che poi saranno proprio quegli sventurati – sventurati soprattutto perché non hanno avuto il privilegio di poterci finanziare – a trarre maggiore beneficio da ciò che si vuole mettere in piedi. E’ per loro che noi si sta lavorando.
La seconda tecnica per gestire i “no” – che è la mia preferita, lo confesso – è più democratica. Si chiede a tutti, non ad alcuni, ma si mette subito bene in chiaro che tu, quei soldi, non li stai chiedendo per te. Se il “no” non lo dicono a te, ti fa meno male.
Tu non hai bisogno di quei soldi, non personalmente intendo, ma è l’opera “buona” che vuoi finanziare che li pretende, quasi da sé. Le cose, si sa, senza mezzi non vanno avanti. In questo modo, se chi ti sta davanti mostra di non avere la tua stessa sensibilità verso le “meraviglie” alla cui realizzazione tu lo inviti a contribuire, diventa subito chiaro che il “cattivo” è lui, non tu. Se lui fosse ben formato, se lui avesse i tuoi valori, si precipiterebbe a darti ciò che chiedi. Se sei credente, puoi arrivare persino a teorizzare che non è a te che si sta dicendo di “no”, ma a Dio. E, se sei sfrontato, magari glielo dici pure.
La terza tecnica è quella di “canalizzare” il contributo, di “istituzionalizzarlo”. E’ una tecnica a supporto delle prime due e ha lo scopo di evitarci lo sforzo di stare ogni volta a spiegare a cosa serviranno i soldi che chiediamo. Ci tocca solo l’incombenza di ricordare a tutti i canalizzati “le date di scadenza della rata del mutuo”. E i “ritardatari” o i “distratti” li fulminiamo con lo sguardo: “che non ti fidi di noi? oppure la tua fede in Dio si sta intiepidendo?” Con due rilievi appena accennati la richiesta ritorna a diventare “pretesa” ed è fatta. Ogni istituzione ha le sue pretese ed è normale che sia così.
Il mondo tuttavia è vasto e ti sorprende sempre.
Pensavo di aver capito tutto con queste analisi dell’animo umano quando, improvvisamente, accade quello che non ti aspetti e che ti aiuta a riflettere sul fatto che qualcosa in te deve cambiare.
Succede che un giorno il “bisogno” riguarda un tuo amico, al quale serve denaro per finanziare una sua impresa, che non è poi questo granché, che non cambierà il mondo di nessuno, forse, ma che lo renderà felice.
Il denaro non l’ha neanche chiesto a te, e forse neanche ti ringrazierà quando lo riceverà, ma tu hai “bisogno” che lui sia felice, oggi. E fai quello che puoi: dai e chiedi ad altri di dare.
Certo non hai un’opera meravigliosa da “presentare” al tuo prossimo per convincerlo a darti una mano: non c’è un ospedale da costruire o un pozzo da scavare in Africa, non è un moribondo in attesa di un trapianto e neanche una madre che non ha di che nutrire i suoi figli. E poi il tuo prossimo al tuo amico manco lo conosce. L’unica strada che ti rimane è quindi quella di mostrare questo “bisogno” come tuo. Tu non chiedi per “altri”, chiedi per “te”.
Ma devi essere sincero, perché il tuo amico, che ti vive accanto, si accorge sempre e soltanto dei bisogni che vede. E chi vede sei tu. Non gli importa proprio poi se il denaro che gli chiedi non andrà a te, non gliene importa neanche se tu ti affanni a spiegarglielo. Tu in fondo tu sei sempre rimasto l’uomo di prima, l’uomo “che non deve chiedere mai”. E’ lui, chi ti osserva mentre chiedi, che è cambiato. Gli è venuta voglia di soddisfare il tuo bisogno di fare un dono al tuo amico.
Anche lui vuole aiutare un suo amico, vuole aiutare te.