
Lettera di Michele Farina – Replica a Sara Ghedina
Carissima Sara,
la sua lettera inizia un po’ malino quando scrive che “le SS (Sedicenti Sentinelle) siano un po’ omofobe, un po’ bigotte, un po’ ignoranti e un po’ dure di comprendonio”. Prima le mette dentro tutte e dopo fa dei distinguo… Usare poi l’acronimo SS non è molto carino. Perché però cominciare con gli insulti? Si possono racchiudere persone negli angusti e rigidi confini di un epiteto?
La teoria gender non è “presunta” come scrive poco sopra: ci sono tanto di libri e autori (Judith Butler, ad esempio, per citare la più conosciuta). Lì si parla di indifferentismo sessuale e stereotipi di genere (femmina e maschio, donna e uomo, sono stereotipi) dove il genere non si identifica col sesso biologico e quell’insieme di atteggiamenti, tendenze, caratteristiche, comportamenti, inclinazioni e pulsioni che nel senso comune identificano il maschile o il femminile. Per i teorici del gender l’orientamento sessuale può (o deve) essere deciso e cambiato, anche più di una volta nel corso della vita e la realtà sessuale (pur ben definita) è priva di importanza. Nel tempo se ne sono elencati varie decine, di “generi”. A me sembra che queste idee possano creare parecchia confusione in tutti, ma soprattutto in chi, giovanissimo, si sta ancora formando.
Che questa “scuola di pensiero” voglia essere già, e di più, proposta nelle scuole lo dimostra il fatto che il 26 e 27 novembre scorso i dirigenti scolastici di tutta Italia sono stati invitati dal MIUR (Ministero dell’Istruzione) a due giorni di corso tenuti dall’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, dipendente dalle Pari Opportunità, autore delle linee guida per le scuole “Educare alla Diversità” che si occupa oggi di prevenire l’omofobia mentre in realtà in queste linee guida diffonde l’ideologia già citata – basta leggerle) e dalle associazioni LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali). Può andare a cercare nel web il programma del corso, ma come si può immaginare non lascia dubbi circa l’orientamento delle idee proposte, programmatiche.
All’istituto Giulio Cesare di Roma, tanto per fare solo un esempio, hanno cominciato a mo’ di sperimentazione il 27 aprile scorso presentando a ragazzi tra i 13 e 16 anni brani omo-pornografici. Il tutto senza avvisare i genitori di quella attività extracurricolare. Lo scandalo è arrivato al Governo e il Ministro ha assicurato che non succederà più. Vedremo…intanto organizzano i corsi per i dirigenti.
Comunque il Governo italiano sta seguendo queste linee guida, che vengono dettate a livello UE: è un programma per l’Europa, e non solo. Non riguarda solo l’omosessualità, ma anche il modo di vivere la sessualità più in generale e di procurarsi figli. Esempio dei paesi più solerti? In Germania sono stati arrestati, ripeto, arrestati, decine di genitori che non volevano che figli piccoli assistessero a lezioni di educazione sessuale non adatti alla loro età, ma in realtà inadatti a qualsiasi età in quanto prescindenti dall’educazione all’affettività.
Che il ddl Scalfarotto sia nella sua formulazione contrario ai più elementari principi di libertà di espressione richiede più tempo spiegarlo, ma il semplice fatto che citi “omofobia” e “transfobia” senza spiegarne i significati (cioè gli italiani non possono sapere di cosa potrebbero essere rei) mette in campo una aberrazione giuridica (si confronti, se lo crede, con un avvocato o un magistrato).
Non è qui la sede per fare una la ricostruzione dei “giacimenti” culturali e “filosofici” da cui prende alimento questa teoria “gender”. Bisognerebbe studiare e la persona della strada normalmente non ne ha il tempo. Per questo si ritrova alquanto indifesa ad ascoltare e leggere le idee proposte dalla quasi totalità del mondo culturale e mediatico che conta. E in questo mondo, la moda, come ha voluto chiamarla lei, non è quella di alcune Sentinelle che parlano di complotti internazionali (“moda” e “alcune” è un paradosso, se ne è accorta?), ma di un’ideologia che porta avanti la causa di quei pochi omosessuali (i cosidetti gay, solitamente molto benestanti ) che vogliono riconosciuti alcuni diritti.
La mia esperienza tra le Sentinelle in Piedi non mi ha fatto mai incontrare persone ostili verso le persone omosessuali. Se qualcuno dovesse esternare questa ostilità, non farebbe onore al suo vegliare in piazza. Ognuno di noi va in piazza a titolo squisitamente personale, non c’è un movimento, ma io andrei da quella persona e cercherei di farle cambiare atteggiamento e se non volesse, di dissuaderla dal vegliare.
La contrarietà è verso una legge sbagliata o verso la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. A questo punto c’è chi mi accuserebbe di omofobia. Lei non ha parlato di questo argomento, ma un accenno è inevitabile. A parte che non ho fobie, non mi oppongo e non ho mai sentito di una Sentinella che si opponga a che due persone si amino, anche se dello stesso sesso. La rivendicazione gay diffonde la domanda: ma perché se ci amiamo non ci possiamo sposare? La questione non è la capacità di amare delle persone omosessuali. La questione è quella dell’istituzionalizzazione, vale a dire della codifica con una legge, di una struttura di convivenza, o nuova famiglia.
Il matrimonio non è innanzitutto la celebrazione sociale dell’amore, ma l’iscrizione della filiazione in un istituto stabile. E questo non corrisponde alla realtà di una unione omosessuale. In particolare perché la filiazione e la produzione in provetta o attraverso la fecondazione eterologa di un bambino, non sono la stessa cosa. C’è differenza nella mente di una persona tra bambino-dono e bambino-diritto. Non c’è invece differenza tra i bambini. Ed è diverso l’atteggiamento verso questo bambino in un caso e nell’altro.
Istituire il matrimonio omosessuale significa perciò cambiare il significato della parola matrimonio e ridurlo al suo aspetto sentimentale. Se è vero che la famiglia è struttura fondante della società, sua cellula (lo dice l’esperienza, il senso comune e anche la Costituzione Italiana), introdurre il matrimonio “pour tous” significa svuotare il matrimonio di significato nella mente dei cittadini, delle persone tutte, e quindi significa destrutturare la società. A me e a molti altri non interessa vivere nel caos e nell’individualismo che ne consegue, ma che ne è anche la causa.
A mio parere è condivisibile il discorso di Papa Francesco all’Europa: “si pensa di valorizzare la persona ampliando le sue chance di vita senza vero criterio e intestandole automaticamente i diritti conseguenti. Se la persona può fare qualcosa lo deve fare e bisogna permetterglielo per legge. In questo modo, però, annota Francesco, vengono amplificati i diritti individuali e si perde il senso del limite originario costituito dai doveri. Quale la via per risolvere la questione? Considerare la persona non come individuo ma come un essere relazionale, comunitario, dato che proprio dalla valorizzazione della comunità derivano le limitazioni dei diritti individuali, che, lasciati a se stessi, sono sempre irresponsabili. Vivere in comunità significa prendersi cura responsabilmente gli uni degli altri. Nascono così i doveri che limitano e orientano i diritti” (testo riportato da Mons Crepaldi, arcivescovo di Trieste).
Il diritto dei “gay” vuole limitare, ad esempio, il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre (come ha giustamente sottolineato lei): un amore dunque che non contempla il diritto degli altri (dei più deboli in questo caso) è narcisistico, anche quando il sentimento sia innegabile. E ciò è l’opposto del matrimonio e della famiglia naturale.
Noi non siamo un po’ bigotti un po’ grulli e ignoranti. Noi vogliamo riflettere e far riflettere chi vuol riflettere.
Ciò detto, i tempi che stiamo vivendo sono più che opportuni perché ognuno di noi cerchi di capire, approfondire, il disagio che vivono molte persone omosessuali (che poco ha a che fare con diritti negati, ma di più con persone negate), che sarebbe forse più delicato e rispettoso chiamare omoaffettive per non ridurre una persona alla sua sfera pulsionale.
Ringrazio chi mi ha offerto l’opportunità di rispondere alla sua lettera.
Saluti cordiali.
Michele Farina
Questa lettera replica a questa di Sara Ghedina
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