Il caso della lettera agli insegnanti di religione della Diocesi di Milano
La missiva indirizzata ai docenti per chiedere loro di «segnalare» le scuole in cui si parla di identità sessuale ha scatenato molte reazioni e alcune scuse. Ecco una breve rassegna stampa di quanto riportato dalle cronache di questi giorni.
“Una richiesta scritta ai 6.102 insegnanti di religione della Diocesi ambrosiana per avere la segnalazione dei colleghi e dei progetti che nella loro scuola trattano con gli alunni temi legati all’omosessualità e all’identità di genere. La lettera, riservata, è stata messa online sul portale a cui accedono solo i prof di religione con una password. E appena in Curia è arrivata la notizia che il contenuto della missiva stava per diventare pubblico, come d’incanto la lettera è sparita. Con la precisazione che si trattava solo di «un’indagine informale». Alcuni docenti di religione però l’avevano già stampata e si erano interrogati sul suo significato, prima di girarla a Repubblica.
«Cari colleghi — si legge nella lettera scritta dal responsabile di settore della Diocesi, don Gian Battista Rota — come sapete in tempi recenti gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale». Una lettera che pare dunque pensata per mettere in piedi un sistema di contromisure che “proteggano” gli ignari studenti dalla “campagna” di indottrinamento e dal confronto con i temi “sensibili” per la chiesa cattolica. «Per valutare in modo più preciso la situazione e l’effettiva diffusione dell’ideologia del “gender” – scrive la Curia – vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte, sia di quelle in cui sono state effettivamente attuate iniziative in questo senso, sia di quelle in cui sono state solo proposte».
Detto ciò, la richiesta è chiara: «Per questo chiederemmo a tutti i docenti nelle cui scuole si è discusso di progetti di questo argomento di riportarne il nome nella seguente tabella, se possibile entro la fine della settimana». La Curia conferma quella che definisce «indagine informale mirata a conoscere i progetti scolastici relativi al tema della differenza di genere».Sempre don Rota, responsabile del servizio per l’Insegnamento religione cattolica, cerca di mettere un freno alle polemiche e innesta la retromarcia rispetto alla lettera che esprimeva preoccupazione di fronte alla «campagna per delegittimare la differenza sessuale»: «L’iniziativa è contestualizzata nell’ambito della formazione in servizio dei docenti. La richiesta di informazioni nasce dalla preoccupazione che gli eventuali discorsi su temi così delicati e all’ordine del giorno del dibattito pubblico, vengano sempre affrontati dagli insegnanti di religione con competenza e rispetto delle posizioni di tutti».
Appena il testo della lettera ha cominciato a girare, c’è stato chi fra i prof di religione ha deciso di ritirarsi dall’insegnamento e chi invece ha girato il documento alle associazioni Lgbt. «È incredibile che una Diocesi di una città moderna come Milano chieda agli insegnanti di religione di segnalare le scuole in cui si parla di identità e orientamento sessuale – commenta Maria Silvia Fiengo, editrice ed esponente del Movimento famiglie Arcobaleno – I prof dovrebbero trasformarsi in “spioni” per conto di Dio (o di chi per lui) sul lavoro dei colleghi, dipendenti dello Stato. Non si capisce sulla base di quale investitura la Chiesa metta il naso in iniziative culturali proposte dalle scuole su temi di attualità e interesse anche per i ragazzi».”
Seguono le precisazioni e le scuse.
“La comunicazione mandata sabato 8 novembre agli insegnanti di religione della Diocesi di Milano da un collaboratore del Servizio Insegnamento Religione Cattolica è formulata in modo inappropriato e di questo chiediamo scusa». Cosi la Curia di Milano guidata dal cardinale Angelo Scola, alla fine, ha tentato di rimediare con una netta presa di distanza all’autogol segnato nella propria stessa porta da uno dei suoi uomini di fiducia, il responsabile del Servizio insegnamento della Religione cattolica della Diocesi ambrosiana don Gian Battista Rota, dopo che questi aveva scritto una lettera riservata agli oltre 6mila docenti di religione per chieder loro di «segnalare» le scuole in cui si parla di gay e identità sessuale.
Interrogazioni al Governo.Nel giro di poche ore sulla Curia milanese si è scatenato l’inferno. Non solo da parte di tutte le associazioni gay ma dall’intero panorama politico, con interrogazioni al Governo e annunci di manifestazioni davanti al Palazzo arcivescovile. Il presidente della Cei in persona, Angelo Bagnasco, interpellato in proposito dai cronisti si era mostrato incredulo: «Mi sembra estremamente improbabile e strano che possa esserci un censimento di questo tipo nelle scuole». L’iniziativa aveva creato un tale imbarazzo ai vertici della Curia medesima che la lettera stessa, non appena questa ha cominciato a circolare, era stata fatta sparire dal portale della rete in cui era originariamente pubblicata: un sito riservato appunto ai prof di religione, accessibile solo tramite password, salvo che alcuni tra i prof non appena letta la missiva e fatto un salto sulla sedia l’avevano subito stampata. E inviata a la «Repubblica» che per prima l’ha resa pubblica. «Cari colleghi – iniziava la lettera – come sapete in tempi recenti gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale». E proseguiva: «Per valutare in modo più preciso la situazione e l’effettiva diffusione dell’ideologia del `gender´, vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte, sia di quelle in cui sono state effettivamente attuate iniziative in questo senso, sia di quelle in cui sono state solo proposte. Per questo chiederemmo a tutti i docenti nelle cui scuole si è discusso di progetti di questo argomento di riportarne il nome nella seguente tabella, se possibile entro la fine della settimana. Grazie per la collaborazione».
Intento originario.A prendere l’iniziativa, come scrive don Rota, era stato un suo collaboratore che egli non nomina ma che risponde al nome di don Fabio Landi: animato da buone intenzioni, dice. Ma alla fine, dopo una giornata intera in cui non hanno fatto che accumularsi critiche pesantissime, la Curia ha deciso che c’era solo una cosa da fare: chiedere scusa, appunto. «L’intento originario – precisa lo stesso don Rota tentando di difendere il suo collaboratore – era esclusivamente quello di conoscere dagli insegnanti di religione il loro bisogno di adeguata formazione per presentare, dentro la società plurale, la visione cristiana della sessualità in modo corretto e rispettoso di tutti». Una lettera, questa sì, divulgata formalmente dal portavoce del cardinale Scola e scritta con un lessico – a cominciare dall’espressione «società plurale» – in cui l’arcivescovo in persona sa di potersi rispecchiare. E a quel punto la polemica è finita.”
“«La Chiesa è stata lenta sulla questione omosessuale». Lo ha detto l’arcivescovo di Milano Angelo Scola a proposito della lettera dell’Ufficio Scolastico della Diocesi di Milano agli insegnanti di religione con l’invito a segnalare le scuole dove si trattano o vogliono trattare temi legati alla omosessualità. «L’ufficio scolastico ha la giusta preoccupazione di aiutare i 6.000 professori di religione della Diocesi a proporre la nostra visione di problemi come quello dell’educazione sessuale – ha detto Scola all’uscita da un incontro su Expo all’interno di Bookcity – Sono certo che l’intendimento del collaboratore della Curia che ha scritto la lettera era di raccogliere elementi per proporre la nostra posizione, sempre in modo rispettoso del concordato». Il cardinale ha ripetuto che la Curia si è già scusata «per l’inappropriatezza del linguaggio». Nessuna schedatura, insomma, («rimanda a cose spiacevoli», dice il cardinale), ma l’intenzione solo di conoscere. «Una posizione non omofoba, ma da cui non intendiamo recedere di un millimetro, come giusto in società democratica – dice Scola – noi abbiamo qualcosa da dire circa le conseguenze sociali e la questione dei diritti connessi a questo orientamento sessuale». Nel corso dell’incontro all’Università Statale di Milano con il filosofo Giulio Giorello l’arcivescovo Scola ha avuto modo di ragionare sui temi del suo ultimo libro, `Cosa nutre la vita? Expo 2015´: «assistiamo alla riduzione del cibo a merce: come ha detto Papa Francesco, questo genera la cultura dello scarto ed emargina larga fetta dell’umanità che non può comprare cibo». La speranza del cardinale verso Expo è quindi che il tema della fame nel mondo non sia dimenticato: «il programma Fao per il 2015 è saltato, mi auguro che la Caritas internazionale torni sull’argomento durante l’esposizione».”
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