Articoli / Blog | 08 Settembre 2025

Blog – Gesù, l’amore che lascia tutto e si fa vicino all’uomo

Quando leggiamo le parole di Gesù: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26), siamo spontaneamente portati a interpretarle in chiave moralistica. Le recepiamo come un imperativo rivolto all’uomo: per seguire Cristo occorre rinunciare a legami naturali e persino alla propria vita. È un’interpretazione che mette in primo piano la fatica e il sacrificio del discepolo.

Ma c’è un livello più profondo, che non riguarda innanzitutto noi: riguarda Gesù stesso. Il Vangelo non è mai solo un manuale di morale: è annuncio della vita del Figlio che si dona. Quelle parole, allora, parlano prima di tutto di Lui. Gesù è colui che ha lasciato il Padre: è uscito dal Paradiso, abbandonando le sicurezze della divinità, per incarnarsi e diventare uomo. È Lui che, per amore, ha messo da parte le consolazioni del cielo, le relazioni eterne della Trinità, per entrare nella nostra storia fragile, povera, contraddittoria. Così, in un certo senso, Gesù diventa “discepolo dell’uomo”: segue i nostri passi, condivide la nostra condizione, impara la fatica del vivere, sperimenta la precarietà delle relazioni umane. Qui troviamo una sorprendente consonanza con le parole di san Giovanni Paolo II nella Redemptor Hominis (1979): «L’uomo è la via della Chiesa» (n. 14). Gesù, che è la via al Padre, ha scelto a sua volta di percorrere la via dell’uomo, facendosi solidale con ogni uomo e donna. Prima ancora che noi diventiamo suoi discepoli, è Lui che si è fatto “discepolo nostro”, accettando di imparare l’umanità passo dopo passo.

Quando dunque Gesù ci dice che per seguirlo bisogna amarlo più dei legami più intimi, non ci sta chiedendo qualcosa che Lui stesso non abbia vissuto. Sta rivelando ciò che Lui per primo ha fatto: ha lasciato tutto per noi. E nel suo “lasciare” il Padre c’è già racchiusa la logica dell’incarnazione e della croce: amare significa perdere qualcosa per ritrovare qualcuno. La frase di Luca 14,26 non è quindi innanzitutto un comando rivolto al discepolo, ma un autoritratto di Cristo stesso. È Lui che per amore ha anteposto noi a tutto. Solo alla luce di questo dono possiamo comprendere e vivere la chiamata che ci rivolge.

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