
Blog – Per chi si lavora?
Il mondo del non profit*, o cosiddetto terzo settore, è una realtà enorme e al tempo stesso poco conosciuta. In Italia coinvolge circa 900 mila dipendenti e 7 milioni di volontari, uomini e donne che ogni giorno scelgono di investire tempo, energie e competenze non per inseguire in primo luogo il massimo profitto, ma per generare valore umano e sociale. Qui la sfida non è soltanto produrre beni o servizi, ma creare inclusione, dare dignità, offrire un’occasione a chi, per i motivi più diversi, è stato messo ai margini del mercato del lavoro.
La scommessa è proprio questa: riconoscere e valorizzare capacità nascoste, potenzialità che spesso restano invisibili perché oscurate da fragilità personali, condizioni sociali difficili, limiti fisici o mentali. Ogni persona, se messa nelle condizioni giuste, può dare un contributo. E quando questo avviene, non si produce soltanto lavoro: si produce anche speranza, si accende fiducia, si costruisce comunità. Un esempio potente lo racconta il film con Claudio Bisio, “Si può fare”. Ispirato a storie vere, il film mostra come un gruppo di pazienti psichiatrici dimessi dagli ospedali possa essere accompagnato a lavorare insieme, scoprendo talenti e competenze inaspettate. Non è un’operazione assistenziale, ma un vero percorso di autonomia: lavorare non significa solo guadagnare uno stipendio, ma ritrovare un posto nel mondo. E allora la domanda non è più solo: “per chi lavoro?” — per il capo, per l’azienda, per me stesso — ma soprattutto: “per chi si lavora?”. Nel non profit la risposta è chiara: si lavora per le persone. Per restituire dignità a chi è stato dimenticato, per offrire una possibilità a chi ne è stato privato, per ricordare che dietro ogni ruolo, ogni mansione, ogni contratto c’è sempre una persona con una storia unica.
In un tempo in cui il lavoro rischia di ridursi a mera prestazione, il terzo settore ci ricorda che lavorare è innanzitutto un atto di relazione: una strada per costruire insieme qualcosa che da soli non potremmo mai realizzare.