
Blog – Sinner, la cucina di famiglia e la scelta del silenzio
Alla vigilia di Wimbledon, Jannik Sinner ha compiuto un gesto che va oltre il campo: ha deciso di separarsi dal preparatore atletico Mario Panichi e dal fisioterapista Ulises Badio. Una scelta che, a prima vista, potrebbe sembrare solo una strategia sportiva, ma che nelle parole di Jannik rivela un principio più profondo: quello dell’armonia.
“Cerco persone adatte anche al resto del team, che ci sia comunicazione e che il gruppo funzioni”, ha detto provando a spostare l’attenzione altrove, ma dicendo in realtà tutto. Per lui, che porta sempre l’esempio di suo padre cuoco, una squadra è come una cucina: serve fiducia reciproca, ordine, silenziosa sintonia. Se anche un solo ingrediente è fuori posto — o qualcuno parla troppo, rilascia interviste non concordate, catalizza attenzioni — il piatto rischia di venire male. Panichi, noto per la sua esuberanza e le frequenti dichiarazioni, probabilmente non era più allineato con questa idea di compattezza. In un tennis sempre più centrato sulla gestione millimetrica di ogni dettaglio — dalla preparazione atletica alla comunicazione — non è un dettaglio da poco. La scelta di Sinner, del resto, sembra dire questo: il talento è un diamante, ma il contorno deve brillare di rigore e discrezione. E se in cucina serve un fuoco vivo, la squadra di un campione ha bisogno di un calore che non bruci ma cuocia tutto alla perfezione anche quando Wimbledon bussa alla porta. Lo sport, come la vita, è una cucina di famiglia: un luogo dove serve fidarsi, dove chi entra deve fare la propria parte senza prevaricare, senza far rumore inutile, senza dimenticare che il piatto finale non porta mai una sola firma.
In questa idea di squadra c’è la consapevolezza che il talento, da solo, non basta se non si lascia circondare da un silenzio operoso, da mani che collaborano, da cuori che non vogliono apparire ma far crescere. È anche la gratitudine per chi ha fatto un pezzo di strada, senza rancore, ma con la lucidità di capire quando è tempo di chiudere una porta per tenere aperta la casa. A volte ci si separa non per ferire, ma per custodire. E nel tennis, come nella cucina di un padre, non conta solo la ricetta perfetta ma la pace che c’è tra chi la prepara. È questo, forse, che Sinner ha voluto difendere: la pace di chi ha scelto di essere non solo numero uno, ma anche uomo tra uomini.