Blog – Andrea, pescatore. Sempre
Oggi, festa di Sant’Andrea, la Chiesa legge il Vangelo in cui Gesù chiama gli apostoli mentre erano sulla riva del lago di Tiberiade, ovvero sul loro luogo di lavoro (Mt 4,18-22). Ecco in proposito una mia riflessione
La vocazione professionale è parte importante di quella soprannaturale. Se è vero che assecondare la propria vocazione significa rinvigorire la parte migliore di sé è necessario ricordare che questa operazione non è per nulla semplice. Conosco un signore che lavorò con successo per anni nel campo della comunicazione. Un giorno, dall’oggi al domani, decise di licenziarsi e di aprire un ristorante: aveva successo ma non era felice. Lavorare da chef era il suo sogno ma non aveva mai avuto il coraggio di dirlo. Neppure a se stesso. Quando ci riuscì la sua vita cambiò, la gioia entrò nella sua esistenza. Finalmente aveva detto di sì alla propria vocazione.
Non è così strano che la propria indole profonda sia in gran parte sovrapponibile al proprio lavoro professionale. Quando diciamo “vocazione” diamo nome al nostro destino e poiché nessun uomo è un’isola questo destino si traduce in uno specifico modo di relazionarsi con gli altri: passiamo molto tempo a lavorare e così molte nostre relazioni hanno a che vedere con il nostro lavoro professionale.
Per questo Gesù, quando chiede ai primi apostoli che erano pescatori di seguirlo, usa l’espressione “pescatori di uomini”. Poiché Marco (Mc 1, 14-20) narra che, di tutta risposta, Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni “lasciarono le reti” molti intendono che Gesù in quell’occasione chieda letteralmente ai propri discepoli di lasciare il loro lavoro professionale, ma è davvero così? Ci sono parecchi indizi che fanno pensare altrimenti. “Lasciare il padre Zebedeo” non vuol dire necessariamente interrompere il rapporto con il proprio datore di lavoro.
Qui di seguito racconto uno di questi indizi (per un approfondimento del tema chi lo desidera può consultare il mio ultimo libro 100 volte tanto. Diventa manager della tua vita con il Vangelo).
Quando Gesù risorge, gli apostoli che l’hanno già visto, lo incontrano in quella Galilea dove sono tornati (cfr Gv 21 1-3). Se quel viaggio significasse l’interruzione di un’assenza durata tre anni ci sarebbe qualche segno di meraviglia e invece l’impressione comunicata dal Vangelo è che tutto si svolga in un clima di assoluta normalità: cioè tornano in Galilea come hanno sempre fatto. La mia convinzione è che i discepoli del Signore, quando si avvicinava il momento del rituale pellegrinaggio a Gerusalemme, anticipassero le loro partenze e poi, terminati i doveri religiosi, ritornassero alle loro case anche se lo facevano per itinerari più lunghi e diversi da quelli strettamente necessari così da poter incontrare, di volta in volta, tutte le città e i villaggi dove predicare: ma non credo proprio che abbiano lasciato il loro lavoro.
Quando Pietro, come Andrea, partiranno per una missione che li condurrà a morire lontano dalla loro Galilea certo smetteranno di lavorare come pescatori: però l’espressione del Maestro “sarete pescatori di uomini” non cesserà di essere eloquente dentro di loro. A Roma, come a Patrasso in Grecia, troveranno un modo nuovo di essere pescatori ma rimarranno tali: prima di pesci, poi di uomini. Perchè Pietro, come Andrea, sono pescatori, non “fanno i pescatori”.