AGI – La verità messa a nudo da Squid Game riguarda la fragilità dei genitori
Ho manifestato fin da subito il mio entusiasmo per Squid Game. Colori perfetti, colonna sonora sontuosa (come se ci fosse di nuovo Stanley Kubrick), recitazione meravigliosa con dialoghi chirurgici: di un’esattezza tale, mi dicono, da ritardare l’uscita del doppiaggio italiano. La parte del leone però la fa il plot della fiction: un gioco nel quale quando perdi vieni ucciso veramente e che altro non è se non la nuda anima della crudele società capitalistica sud coreana, e non solo. È difficile suffragare questi miei elogi senza spoilerare la serie ma fidatevi perché è proprio così: centoundici milioni di visualizzazioni a livello mondiale nei primi ventotto giorni dal rilascio, sono lì a dimostrarlo. Ma c’è un problema, Squid Game è assolutamente sconsigliato per bambini. Netflix se la cava vietando la visione ai minori di 14 anni ma, come spiega Alberto Pellai nel libro dall’omonimo titolo, il divieto, lungi dall’impedire di guardare, incuriosisce, sortendo di conseguenza un sicuro effetto promozionale e pubblicitario.
Le riflessioni davvero profonde e straordinariamente efficaci che il capolavoro di Hwang Dong-hyuk suscita – incluso un messaggio di speranza finale sottile ma inequivocabile – non sono assolutamente decifrabili da un bambino. Non ne ha le competenze di vita semplicemente perché è troppo giovcane. Eppure molti insegnanti segnalano come siano ormai tanti gli alunni che, durante gli intevalli scolastici della primaria, giocano prendendosi a schiaffi come nella serie.
Un tempo la società proteggeva i bambini e i pre-adolescenti da certe esperienze con un divieto che era efficace. Se i film con certi contenuti erano proiettati solo in alcuni cinema, o erano vietati, il controllo al momento dell’acquisto del biglietto era possibile. Con la nascita del web e degli smartphone ogni argine è superato. Quand’anche ci fossero adulti così “adulti” da essere in grado di vietare qualcosa ai propri figli, tale proibizione sarebbe del tutto inefficace nel nostro mondo attuale. Squid Game può essere guardato sul televisore di casa, sullo schermo del pc ma, soprattutto, sullo smartphone. Il genitore che proibisse al figlio di usare il cellulare potrebbe essere certo che l’unico effetto della sua azione sarebbe quello di spingere il minore ad agire di nascosto, con la complicità di qualche amico.
I bambini sanno che il sangue della fiction è in realtà succo di pomodoro ma non sanno dare risposta alle domande che la serie pone, a partire dalla più importante: quanto vale la vita umana? quando si vuole guadagnare, esiste un limite da non valicare? il senso dell’esistenza è divertirsi?
Squid Game mette in luce senza nessuna pietà, non solo la terribile fragilità della nostra società, ma ancor prima quella di noi adulti, genitori ed educatori compresi. La nostra è una società che non è più in grado di proteggersi con divieti e proibizioni. E, prima che tecnico, il problema è personale. Morale.