Don Massimiliano Nastasi – Solennità di Pentecoste/ B

At 2, 1-11    Sal 103    Gal 5, 16-25    Gv 15, 26-27; 16, 12-15 

La liturgia dell’ultima domenica del tempo pasquale fa memoria dell’invio dell’Amore del Padre alla Chiesa come prolungamento dell’azione missionaria di Gesù ai suoi discepoli, chiamata a portare il messaggio gioioso e di speranza del Vangelo e dare così testimonianza del Risorto «a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1, 8); compimento della promessa del Maestro agli Undici prima di ascendere al cielo, secondo cui «tra non molti giorni» essi sarebbero stati «battezzati in Spirito Santo» (At 1, 8).

L’annunzio del Cristo, pur essendo portatore della salvezza di ogni uomo da parte di Dio, paradossalmente incontra la possibilità dell’ingiustizie e della sopraffazione – «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 20) – in un mondo che «non lo ha riconosciuto» (Gv 1, 10). Ne consegue la necessità di un dono divino – «e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito» (Gv 14, 16) – che Giovanni chiama Paraclito [1], il quale «non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito» (Gv 16, 13), e che facendo «comprendere in pienezza la “verità”, cioè la rivelazione portata da Gesù, si ergerà in difesa della comunità dei credenti nel processo che il mondo aprirà contro di loro» [2].

Nel suo discorso nel Cenacolo prima di essere consegnato al Sinedrio (cfr. Gv 14-16), Gesù nel porre l’enfasi sull’esigenze di essere uniti – «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12) – esprime la sua percezione di come il mondo odi lui e quelli che ha scelto dal mondo. Infatti, «se all’inizio del Vangelo si diceva che Dio amava il mondo (Gv 3, 16), “il mondo” è ora solidale con quelli che hanno rigettato il Figlio che Dio aveva mandato per salvare il mondo» [3]. Lo Spirito, pertanto, continua la testimonianza evangelica, e quelli che sono stati dall’inizio con Gesù devono rendere tale attestazione: «Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio» (Gv 15, 26-27).

Il παράκλητος, consigliere, assistente o soccorritore – che Martin Lutero erroneamente traduce con “consolatore” [4] –, differentemente dal pensiero paolino che lo comprende come colui che, oltre a Gesù, intercede presso Dio «con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26), nel Quarto Vangelo è presentato come “avvocato” che difende gli apostoli. Essi, infatti, «si trovano come un processo nel quale conta ogni parola. Lo Spirito Santo rammenterà quindi ai discepoli di Gesù le sue parole, darà loro la giusta interpretazione di queste parole e aiuterà i cristiani al cospetto dei loro avversari, “dimostrando” così “al mondo” la sua ingiustizia» [5]. Se, pertanto, in Paolo lo Spirito Santo esorta i cristiani ad agire trasmettendo i suoi carismi e ha potere di trasformazione sulla corporeità, come la resurrezione – «E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8, 11) –, in Giovanni il Paraclito è limitato alla parola, perché Gesù è la parola stessa di Dio e lo Spirito Santo non può che estendere l’essere e l’agire del Cristo nel momento presente.

Questa concezione del Paraclito rispecchia la stessa struttura del testo giovanneo che mostra Dio, ovvero Gesù con i suoi discepoli, impegnato in un processo contro «il principe di questo mondo [che] è già condannato» (Gv 16, 11). In questo processo il mondo, che «non lo ha riconosciuto» (Gv 1, 10), deve essere dimostrato colpevole «riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio» (Gv 16, 10) attraverso lo Spirito, che fornisce il necessario supporto sul piano verbale, e che «guiderà a tutta la verità» (Gv 16, 13). Pertanto, una presenza pentecostale considerato totalmente dedito all’annuncio della Parola che ispira la comunità dei discepoli del Risorto alla testimonianza in favore di Dio anche attraverso le più aspre avversità.

Il Pneuma, poi, oltre che avvocato ha altresì la funzione di insegnare e di far ricordare agli apostoli tutto ciò che Gesù ha detto. In continuità con il Padre e Gesù, il Paraclito istruisce, ossia «riprende la rivelazione portata da Gesù, la assume come sua, la insegna, cioè la offre alla mente dei discepoli, ne elargisce la intelligenza e la esperienza di fede, illuminando con la sua luce» [6]. Assume, pertanto, il ruolo di maestro interiore in cui insegnamento riguarda la persona del Signore conducendo i fedeli all’intelligenza della rivelazione: «Cristo si fa intimo alla coscienza degli apostoli, poiché senza di lui essa rimane udita solo con l’orecchio dei sensi o dell’intelletto. La parola vuole essere recepita nella santa interiorità, poiché essa viene dall’interiorità di Dio; ma è lo Spirito a creare quest’interiorità» [7],

In particolare, questo ricordare è un comprendere illuminato che conduce il credente «alla dimensione profonda dell’accaduto e vede ciò che prima, da una posizione puramente esterna, non era visibile. Così facendo, però, non si allontana dalla realtà, bensì la riconosce in modo più profondo, scorgendo la verità che si cela nel fatto» [8].

Il Paraclito, inoltre, annuncia ai discepoli le cose future che, pur facendo parte della funzione pneumatologica (cfr. At 21, 11), tuttavia «è possibile che le cose che “han da venire” siano state dette in relazione all’ultima cena e che significhino i grandi eventi che culmineranno nella resurrezione e il cui senso potrà essere penetrato più profondamente sotto la guida illuminatrice dello Spirito» [9]. E tale memoria degli eventi cristologici accompagna Pietro e la stessa Chiesa ad annunciare la resurrezione del Cristo senza alcun timore nella professione di fede: «Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra del Padre e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire» (At 1, 32-33).

La Pentecoste, presenza di Cristo nel mondo mediante lo Spirito, è annuncio speranzoso di una nuova realtà, ma anche consolazione di ciò che attende all’umanità, essere concittadini di Dio nella patria del Padre.

«Salito in cielo [Gesù] invia quello che aveva promesso quando era qui sulla terra. Noi così abbiamo la caparra della vita eterna e del regno dei cieli. […] La vita eterna è possesso di chi è giunto alla dimora; la sua caparra è la consolazione di chi è ancora in viaggio […]. Ci è stata data quale anticipo l’aspersione dello Spirito Santo: chi ne avverte lo stillare desidera attingere alla fonte. La caparra ci è stata data proprio perché la fame e la sete non ci facciano venir meno durante il nostro cammino. Ma solo se sappiamo di essere pellegrini, avvertiamo la fame e la sete; solo se sappiamo di essere lontani, proviamo il desiderio della patria, e tale desiderio ci rende penoso l’essere qui pellegrini. Se invece uno prova attaccamento al luogo del suo pellegrinare, dimentica la patria e non aspira più a tornare in essa. Ma la nostra patria è tale che non si può preferirle niente altro. […] La nostra patria sono i cieli, nostri concittadini gli angeli. Dalla nostra patria, per sollecitarci al ritorno, ci sono inviate lettere che ogni giorno vengono lette alla gente. Teniamo dunque in poco conto questo mondo e volgiamo piuttosto il nostro amore a Colui che lo ha creato» [10].

 

[1] Cfr. G. Ferrero, Il Paraclito, Cristo, il Padre nel Quarto Vangelo, LEV, Città del Vaticano 1996.

[2] G. Ravasi, Le pietre di inciampo del Vangelo. Le parole scandalose di Gesù, Mondadori, Milano 2015, 246.

[3] R. E. Brown, Introduzione al Nuovo Testamento, G. Boscolo (a cura di), Queriniana, Brescia 2001, 484.

[4] Marin Lutero (1483-1546), allontanandosi dalla mediazione della Chiesa nella sua interpretazione del testo sacro, per lasciare tutto il posto allo Spirito Santo, considera l’uomo giustificato nella misura in cui, per la presenza dello Spirito, Cristo ricopre con la sua giustizia l’ingiustizia del peccatore (cfr. M. Luther, Werke. Kritische Gesamtausgabe, Weimarer Ausgabe, 1883, 52, 280). Il dono della grazia, così, deve essere accolto sul fondo del peccato che permane. Per questo il Paraclito è insieme l’Illuminatore che fa comprendere attraverso la “testimonianza interiore” la parola di Dio, ed il Consolatore che strappa alla disperazione. Pertanto, la Chiesa resta il luogo in cui il Vangelo è annunciato, e dove la salvezza si compie, ma non proviene da essa, perché raggiunge direttamente gli uomini che costituiscono la Chiesa invisibile, la cui unità è assicurata dallo Spirito. Cfr. J. L. Witte, in Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique 4 (1961) 1318-1333; F. Refoulé, «L’Église et le Saint-Esprit chez Luther et dans la théologie catholique», in Revue des sciences philosophiques et théologiques 48 (1964) 428-470.

[5] K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento. I. Vangeli e Atti degli Apostoli, Queriniana, Brescia 2014, 504.

[6] G. Ferrero, «Lo Spirito Santo nel Vangelo di Giovanni», in Opera giovannea, G. Ghiberti e Coll, Elledici, Leumann (Torino) 2003, 497.

[7] R. Giardini, Il Signore, Morcelliana, Brescia 2005, 166.

[8] J. Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, 273.

[9] B. Vawter, «Il Vangelo secondo Giovanni», in Grande commentario biblico, A. Bonora – R. Cavedo – F. Maistrello (ed. it. a cura di), Queriniana, Brescia 1973, 1423.

[10] Agostino, Serm., 378, in «Opera omnia di sant’Agostino», vol. XXXIV («Discorsi [341-400]: su argomenti vari», tr. it. di V. Paronetto – A. M. Quartiroli), NBA – Città Nuova, Roma 1989, 764.

 

Nato a Roma il 2 aprile 1976, sacerdote diocesano. Dottore in Teologia, dopo l’insegnamento IRC e gli studi a Milano e Roma, fino al 2015 è stato Vice Preside dell’Istituto Teologico Diocesano e Direttore dell’Ufficio Catechistico di Mondovì. Ha approfondito Archeologia e Geografia a Gerusalemme e attualmente è Docente di Cristologia presso Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, Guida Biblica per l’Opera Romana Pellegrinaggi e Vicario Parrocchiale di Santa Caterina da Siena in Roma. Autore dei saggi “La cristologia adamitica nella concezione agostiniana. Alla scoperta di un’antropologia della redenzione” (Edizioni Sant’Antonio, Padova 2019) e “La questione del soprannaturale nella concezione agostiniana. Riflessione all’opera De natura et gratia di Agostino d’Ippona” (Edizioni Sant’Antonio, Padova, 2019)