Blog – In croce ci si sta tre ore, morti si sta tre giorni: poi passa
Un amico sacerdote che cerca di insegnare qualcosa nell’ora di religione di un liceo statale non sa più cosa inventarsi per coinvolgere gli alunni.
La sua ultima trovata mi è sembrata davvero geniale. “A che condizioni vorresti – chiede ai ragazzi – che la tua vita durasse quattromila anni?”. Quattromila anni è un numero simbolico, lui vorrebbe dire eternità: ma gli sembra che quattromila anni renda l’idea. Mi racconta che a quel punto il dialogo diventa subito interessante.
Per esempio a proposito dell’amore. “Io del mio ragazzo sono veramente innamorata – avrebbe detto una giovanissima alunna – ma certo non ci starei quattromila anni…”. E un’altra ha aggiunto “ma io, quattromila anni, non li passerei neppure con mio marito…”. Insomma, interessante.
Queste considerazioni mi vengono in mente la sera del Venerdì Santo giorno nel quale Dio ci dice che qualsiasi dolore prima o poi smette. In Croce ci si sta tre ore, morti ci si sta tre giorni: questo è quello che dicono il Venerdì Santo e il Sabato santo. E poi arriva la Resurrezione. Questa profezia, per noi che non sapremmo neppure come riempire una vita di so-lo felicità, è meravigliosa. È meravigliosa e non è mia. È di quel genio (e santo) di don Tonino Bello. L’avrete letta. È di un brano notissimo che si chiama “Collocazione provvisoria”. La copio qui sotto e consiglio vivamente a tutti di leggerla almeno una volta con calma
Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il par-roco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvi-soria.
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.
Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non so quella di Cristo.
Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine.
Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non per-dona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire.
Coraggio. La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione provvisoria”. Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio.
Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.
C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. “Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra”. Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.
Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo.
Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.
Coraggio, fratello che soffri. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi co-lori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.
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