
Blog – Nelle RSA, il rischio della morte psichica ed emotiva per solitudine
Nelle RSA, l’anziano che sopravvive al Covid rischia di morire di solitudine.
Cosa avviene ad una persona avanti con l’età che passa la giornata da sola, guardando il soffitto? La sua linea vigile si depaupera ogni ora e, quando avremo il vaccino e tutto sarà passato, rischiamo di trovare i nostri cari vivi ma caduti quanto meno negli abissi della demenza senile, dell’incoscienza, di quelle malattie che sopravvengono quando l’interazione con altre persone viene meno. Cibo, igiene, medicine, letto, televisione, non bastano. Prima del lockdown potevamo tagliare loro i capelli, carezzarli, portarli in giardino a fare un giro, spingerli a fare qualche passo: senza contatti “di presenza” la fiammella della vita si spegne anche se si rimane vivi.
È ovvio che non ci si può comportare come prima dell’8 marzo ma le norme che vanno stabilite ora non possono essere l’equivalente delle persona adulte che hanno una loro propria robusta autonomia psicologica. Facciamolo presente ai politici e a chi governa e disciplina le RSA.
Esiste per questi anziani una situazione di orfanezza che intenerisce e smarrisce. Mentre tutto sembra andare bene perché non hanno il virus, essi in realtà scivolano impercettibilmente ogni momento verso gli abissi del nulla senza rendersene conto. Ogni giorno hanno meno voglia di interagire, di ricordare un nome, di curarsi, da darsi una vita degna.
Entro i limiti consentiti dalla legge proviamo a tenere compagnia ai nostri cari vecchietti e vecchiette. Se possiamo andare a trovarli anche se a turni più diradati, facciamolo. Rischieremmo altrimenti di trovare, tra qualche mese, delle persone vive ma morte dentro.