
Blog – La ludopatia è una tragedia. Ce lo insegna un barista
Dal Bar Gentilini di Palazzuolo sul Senio, in provincia di Firenze, arriva una bellissima notizia: Lorenzo Naldoni, di 31 anni, il suo esercente, ha deciso di togliere dal locale le slot machine e di mettere al loro posto dei libri.
“Non mi volevo sentire in alcun modo complice” – racconta a La Nazione del 24 agosto – “prendevano una birra, si mettevano davanti alla macchinetta e ci passavano ore. E quando avevano finito i soldi magari si facevano tenere il posto da un amico per evitare che alla slot arrivasse un altro mentre andavano al bancomat a rifornirsi di altri soldi. Ho visto gente capace di giocarsi anche 500 euro al giorno, e perfino perdere la casa.” Una tragedia. Qualcuno ha calcolato che ogni anno, a Palazzuolo, in slot machine, scommesse e così via si spendono almeno 850mila euro, ovvero 750 euro ad abitante. Una cifra folle. “In generale – conclude Naldoni nell’intervista – ho ricevuto apprezzamenti e incoraggiamenti. Magari c’è stato qualche cliente che non si è più visto, perché veniva solo per giocare. Pazienza. Lo so, ho rinunciato a un ricavo notevole, uno stipendio in più. Ma non mi sembrava giusto”.
Ed in queste parole c’è tutto il dramma nascosto dietro la legalizzazione delle scommesse. Le statistiche parlano chiaro: autorizzare il gioco d’azzardo equivale a legalizzare un furto. Se è possibile, in un singolo caso, che a una persona “vada bene”, a livello di grandi numeri è certo che l’assoluta maggioranza perde, e perde moltissimo. Da qui i grandissimi guadagni di aziende, Stato ed esercenti. Naldoni dice di aver rinunciato a “un altro stipendio”. Lo Stato si lava la coscienza con la frasetta, scritta in piccolo e letta velocemente nelle pubblicità “attenzione: il gioco può creare dipendenza” ma la dipendenza è certa.
La vittoria o la sconfitta al gioco delle slot machine, gratta e vinci, lotto, superenalotto, bingo, e così via, crea dipendenza perché quando si gioca il nostro corpo produce dopamina e quando smettiamo ne sentiamo la mancanza. E così ci avviene di diventare irritabili quando stiamo lontano dalla slot machine, di sentirci spinti a giocare cifre sempre più alte al punto di contrarre debiti. E quando cerchiamo di smettere non ci riusciamo. Scrivo queste cose perché ci aiutino a riflettere. Quando andando al bar vediamo una nuova fantasmagorica slot machine non dobbiamo pensare “bellissima!”: dobbiamo pensare “pericolosissima!”. Il confine tra bene e male comincia da lì, dalle parole che usiamo.