Alessandra Bialetti / Blog | 14 Giugno 2020

Le Lettere di Alessandra Bialetti – Prevenzione: l’ottica dell’amore

Nei giorni scorsi l’autrice ha inviato questa lettera al direttore di Avvenire

Caro Direttore,

sono Alessandra, pedagogista e consulente della coppia e della famiglia; nel mio lavoro da molto tempo sono vicino al percorso delle persone omosessuali e dei loro familiari. Cammino che, come spesso accade, mi ha donato molto di più di quanto io sia riuscita a donare, oltre alla chiave più importante dell’ascolto profondo. E’ da questa posizione privilegiata che mi sento di sottolineare alcuni passaggi significativi delle dichiarazioni della CEI proprio sotto il profilo educativo di cui si parla. Ritengo di estrema importanza che il cammino dei vescovi abbia come punto di riferimento essenziale l’attenzione alla crescita della persona fin dai primi momenti della vita, sia essa eterosessuale, omosessuale, transessuale, bisessuale in quanto è la persona al centro, con il suo bagaglio di vita, il suo vissuto, un’esperienza dalla quale non si può prescindere in quanto essenza profonda. E l’identità sessuale, pur non essendo l’unico orizzonte di riferimento, costituisce un nucleo delicato e intimo della persona, un sacrario nel quale entrare con estrema delicatezza.

Quando si fa riferimento alla prevenzione ritengo sia importante specificare meglio di cosa si stia parlando, onde evitare facili fraintendimenti e possibili, ulteriori ferite. Un’azione educativa per essere preventiva deve partire dall’esperienza concreta della persona, dal suo essere situata in una storia, con un contesto affettivo e sociale cui riferirsi e a cui appartenere. Nel caso di un orientamento omoaffettivo o identità di genere “diversa”, prevenzione è quell’azione che permette di intercettare inquietudini ma anche movimenti positivi della persona in crescita per accompagnarla, umanamente e spiritualmente verso quel progetto di vita pensato e proposto a ognuno, non nonostante ciò che è, ma a partire dal suo essere profondo. Prevenire non è in alcun modo riparare. La persona non è mai un giocattolo rotto o un’esistenza riuscita male ma un mistero di bellezza e preziosità da portare a compimento. In questo senso i vescovi potrebbero pensare programmi di “prevenzione” finalizzati ad aiutare la persona a prendere coscienza di sé e del proprio orizzonte di vita, rispondendo a quella domanda fondamentale: “Chi sono, cosa voglio essere e come voglio aderire alla mia vocazione profonda?”. Tutto questo non negando se stessa ma vivendosi come prodigio nella piena coscienza di sé e responsabilità delle proprie scelte. Allo stesso tempo un progetto educativo efficace deve poter contemplare l’ascolto delle famiglie, genitori e fratelli in prima istanza, che accompagnano la persona a essere degna di stima per sé e per gli altri. Un ascolto profondo, privo di giudizio e mirato solamente a un’azione corresponsabile. Teniamo conto che i genitori per primi si trovano davanti a un compito educativo ulteriore che va accolto e sostenuto. Non esiste prevenzione se non in un’ottica di aiuto a realizzare il proprio profondo essere, mai giudicabile ma amorevolmente accompagnato. In seconda istanza nel documento si parla di persone fragili e indubbiamente chi è portatore di un orientamento omoaffettivo e/o, di un’identità di genere differente, vive un percorso delicato e complesso che parte dall’accoglienza di sé (non accettazione come fosse un dramma da dover subire) fino al riconoscimento della famiglia, della società e della Chiesa. Desidererei che, anche rispetto a questo elemento, venisse prodotta una riflessione ulteriore. Se è vero che innegabilmente si vive una situazione di fragilità, occorre chiedersi, al fine di sviluppare un senso di responsabilità quanto mai necessario, in che misura questa vulnerabilità sia dovuta anche allo stigma e discriminazione che le persone sperimentano nel loro percorso e quanto questa “debolezza” sia frutto di uno sguardo non benedicente sulle loro vite. Perché nulla come essere accolti e ascoltati, è la vera cura per una vita realizzata e un percorso di fede sano. In fondo, il Maestro non chiedeva passaporti ma fissava lo sguardo con amore e, anche se con fermezza e risolutezza, invitava a guardarsi come quel tesoro prezioso per cui vale la pena vendere tutto per acquistare il campo.

La ringrazio e Le auguro un buon lavoro.

Alessandra Bialetti