Blog – Il mio anniversario di sacerdozio
Il 29 maggio 1988 venivo ordinato sacerdote da san Giovanni Paolo II in San Pietro e così, oggi è il mio anniversario di sacerdozio. Per l’occasione ho deciso di proporre, quasi senza cambiamenti, l’ottava domanda/risposta delle FAQ. Quando la scrissi non avevo iniziato la mia collaborazione con Rebibbia e tante altre cose non c’erano, però credo abbia una sua attualità circa il mio essere sacerdote. Ne approfitto per ringraziare infinitamente tutti quelli che oggi pregheranno per me o mi manderanno “pensieri felici”
D/ Mauro Leonardi è un prete e un prete, invece di scrivere tanto, non dovrebbe occuparsi di preghiera, sacramenti e cose pie? A maggior ragione Leonardi non dovrebbe scrivere cose d’amore o intervistare personaggi quanto meno di dubbia fama. Oltretutto non è un prete qualsiasi ma è un sacerdote dell’Opus Dei: i preti dell’Opus Dei non hanno ben altra reputazione?
R/ Mauro Leonardi, pur con i suoi limiti personali, è un prete come tutti gli altri ed è un prete dell’Opus Dei come tutti gli altri preti dell’Opus Dei. Al primo posto viene la sua normale attività pastorale e, compatibilmente con essa, l’altra.
È importante non dimenticare però che i sacerdoti dell’Opus Dei sono sacerdoti secolari esattamente come quelli diocesani, non sono cioè religiosi. Affermare che la secolarità è una caratteristica propria dei laici, non implica negarla nei sacerdoti secolari. Non è vero infatti che questi ultimi, con l’ordinazione, perdono la secolarità. Acquistano semplicemente una nuova qualità che tra i laici non si dà. Álvaro del Portillo nel libro Laici e fedeli nella Chiesa lo spiega con queste parole: «Nei chierici si ha una prevalenza della loro funzione ministeriale, così che, seppure non siano radicalmente separati dall’ordine secolare, la loro funzione nell’ordine profano è subordinata alla loro funzione sacra; potranno svolgere solo quelle funzioni profane che siano congruenti con il loro stato, quante volte il loro esercizio sia compatibile con la loro funzione nella Chiesa. In ogni caso è bene tenere presente che continuano a essere radicalmente inseriti nel mondo; non è un fenomeno di separazione, bensì di prevalenza e subordinazione». Di seguito aggiunge: «Viceversa per i religiosi – testimoni pubblici, nomine Ecclesiae, dello spirito delle beatitudini e pertanto del nuovo cielo e della nuova terra – si ha una vera separazione. È tale separazione a curis et negotiis saecularibus [in nota cita san Gerolamo, san Benedetto, san Tommaso d’Aquino e Suárez] che produce, che rende possibile, la testimonianza escatologica pubblica che è propria ed essenziale dello stato religioso. Fino al punto che se la sostanza teologica dello stato religioso non consistesse in ciò, tale stato ecclesiastico non avrebbe ragion d’essere: infatti la possibilità e il diritto di vivere privatamente i consigli evangelici o di contrarre vincoli associativi per la realizzazione di attività apostoliche sono – come abbiamo visto – facoltà o diritti propri di tutti i fedeli del Popolo di Dio.» (Á. del Portillo, Laici e fedeli nella Chiesa, Giuffré, Milano 1999, pp. 174-175).