
FarodiRoma – Tornare a Messa. Ritrovare quel Pane che tanto ci è mancato
Questa è stata la settimana del ritorno a Messa. Un paio di mesi fa, dopo pochi giorni dall’inizio del lockdown, tutti ci eravamo sorpresi delle acque trasparenti di Venezia, dell’aria pulita della Val Padana e dei delfini a Posilippo. La vera domanda che ci dobbiamo fare, pertanto, è se, a partire dal 18 maggio, è avvenuta, nel nostro Paese, un’analoga immissione di “ossigeno” grazie ai cristiani “eucaristizzati”. Sarebbe triste scoprire che la Messa di un prete meno bravo del Papa ma che ci dà il Pane Consacrato, il Corpo di Gesù, nella vita reale della gente è stata meno influente di quella in streaming: potremmo rischiare di scoprire che il ritorno a Messa è servito solo ad appagare le nostre nostalgie.
Nel recentissimo e fortissimo discorso alle Pontificie Opere Missionarie, con il modo icastico di esprimersi che gli è proprio, Papa Francesco ha detto: “non consumate troppo tempo e risorse a guardarvi addosso, a elaborare piani auto-centrati sui meccanismi interni, su funzionalità e competenze del proprio apparato. Guardate fuori, non guardatevi allo specchio. Rompete tutti gli specchi di casa.”
Ho sentito non poche persone commentare il loro ritorno a Messa come un ritorno “a casa”: sottoscrivo questa espressione se la casa della quale parliamo è, con riferimento a queste parole di Bergoglio, quella dove sono stati mandati in frantumi tutti gli specchi dell’autoreferenzialità.
Non sarebbe bello scoprire che il ritorno a Messa “sazia” sì la nostra fame di Dio, ma che tutto finisce lì. Sarebbe terribile cioè se, terminata la celebrazione, ci scoprissimo pagani come prima, centrati su noi stessi e non sugli altri come se non fossimo inseriti nel Corpo di Cristo.
Per il cristiano, in particolare per il laico, la Messa non è solo un “appuntamento spirituale” e neppure, se tutto finisce lì, la “vetta della vita”. Dopo la prima comprensibile emozione per un ritorno alla comunione nella nostra parrocchia, cioè, in qualche modo “un ritorno alla casa del Padre”, dovremmo sentire la voglia di andare per strada a portare Cristo. Come diceva don Tonino Bello, “andati a Messa, la pace è finita”.
Il frutto dell’Eucarestia dovrebbe essere lo scatenarsi di una forza prorompente che cambia il mondo, smaschera idolatrie, sta vicino ai poveri. La Messa non è un momento di ristoro, un angolo di pace spirituale. È, piuttosto, il filo che, portandoci per strada, negli uffici, in casa, tesse la nostra quotidianità. Lunedì è accaduto qualcosa che in Italia non era mai avvenuto. Improvvisamente sono tornati a Messa tantissimi cristiani che da mesi non c’erano mai andati. Non so dire il numero esatto perché non credo ci siano statistiche sulle Messe feriali, ma dal 18 maggio sono circolate per le strade del nostro Paese migliaia e migliaia di persone che da mesi non si erano unite sacramentalmente al corpo di Cristo e che improvvisamente lo erano di nuovo, anzi che lo erano mai come prima: un’occasione unica e irripetibile, soprattutto per i laici, per capire finalmente cos’è la Messa per chi vive in mezzo al mondo.