Lettere di M. B. – Cronache di un medico contagiato da Covid-19 (34)

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13 maggio

Oggi 13 maggio, oggi festa della Madonna di Fatima, oggi giorno in cui faccio memoria dell’attentato al “mio” Papa, oggi giorno in cui ho finalmente ricevuto, dopo averlo sollecitato con una serie infinita di telefonate, il referto del mio tampone: negativo!
Posso così mettere la parola fine sul mio stato di contagiata e guarita dal covid, con un gruzzolo di anticorpi che per un po’, (speriamo almeno fino a quando lui sarà ancora in giro), mi possa difendere.
Ma la parola fine riguarda proprio solo questa mia personale situazione “clinica” e, così, questo diario.
Già, perché io personalmente sono ancora molto piena di domande il caldo e l’umidità lo sfiancheranno? Quali saranno i dati epidemiologici che otterremo da questi sierologici il cui campione per ora non è ancora significativo? Ci sarà un ritorno in autunno o diventerà meno virulento? Potremo uscire dalla nostra regione per l’estate?) e satura di stanchezza accumulata che spesso sfocia nella sfiducia, a corto di entusiasmo, di passione, di voglia di ricominciare, che da sempre mi contraddistinguono.
Accidia? In parte, sembrerebbe…
Al giorno d’oggi, forse, nello specifico viene descritto come disturbo postraumatico da stress, condito da un pizzico di born out.
La surreale esperienza di questi mesi mi ha provata e cambiata: sono una che ama viaggiare, visitare non solo pazienti ma città e musei, perché da essi trae linfa vitale,
Che sarebbe sempre fuori casa, o con una casa stracolma di amici, per cene o incontri di vario genere, grazie alla preziosa collaborazione del marito e delle figlie.
Mi ha costretta a riflettere attorno alle cose essenziali e alla riscoperta di ciò di cui ho bisogno realmente per vivere, e non per sopravvivere, ma su questo si sono già scritti fiumi.
Capisco che ciò di cui io ho più bisogno oggi è di continuare a desiderare, credendo ardentemente che ciò sia ancora possibile.
Si, perché non è per me così scontato.
Questo periodo è stato sicuramente di introspezione maggiore, di silenzi, e pur essendo spesso in casa in cinque, o forse anche proprio per quello, ho sentito l’estremo bisogno di isolarmi, di starmene sola in me stessa per guardarmi dentro, per “capirci” qualcosa di quello che stava succedendo attorno a me e piano piano in me.
Sono entrata molto in me, a volte facilmente a volte a fatica, lottando contro me stessa quasi a dover spostare una coltre di nubi grigie che mi impediva di cogliere la mia interiorità.
Ho ancora paura di ciò che ho visto dentro e attorno a me
Sono fragile e forte
Sono sfinita e desiderosa di vita.
Sono arrabbiata e arrendevole.
Contrasti continui come la vita reale.
Sempre In cammino
Un cammino in cui mi hanno fatto compagnia Simone Weil e Hetty Hillesum, Myriam di Nazareth e suo Figlio, Francesco Biamonti e Van Thuan.
E infine, mi accompagna da sempre, e in questi due mesi come non mai, Martin Buber, con il suo “Il cammino dell’uomo”.
Per Buber ogni vita vera è incontro, relazione, responsabilità e reciprocità.
La sua profonda convinzione che il ritorno decisivo a se stessi è sempre l’inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano, mi ha confortato ancora una volta come in altri periodi faticosi.
“In ognuno c’è qualcosa di prezioso che non c’è in nessun altro”. Ma ciò che è prezioso dentro di me, lo posso scoprire solo se colgo veramente il mio sentimento più profondo, il mio desiderio fondamentale, ciò che muove l’aspetto più intimo del mio essere.
Cominciare da se stessi: ecco l’unica cosa che conta. In questo preciso istante non mi devo occupare di altro al mondo che non sia questo inizio. Ogni altra presa di posizione mi distoglie da questo mio inizio, intacca la mia risolutezza nel metterlo in opera e finisce per far fallire completamente questa audace e vasta impresa.
Il punto di Archimede a partire dal quale posso da parte mia sollevare il mondo è la trasformazione di me stessa.
Allora la relazione è possibile.
Allora ci si salva insieme.
Auguro a me e a ciascuno questo possibile cammino.