Articoli / Blog | 25 Aprile 2020

Ora – Nel nome di chi si è sacrificato torneremo ai nostri abbracci

Sicuramente sono più di cento i sacerdoti morti a causa del coronavirus. E se ad essi si aggiungono religiosi e religiose il numero aumenta di parecchie decine. I preti morti spesso erano anziani ma non sempre: come don Paolo Camminati, 55 anni, piacentino; o il quarantacinquenne Alessandro Brignone, parroco a Caggiano (diocesi di Acerra). Spesso erano stati preti di frontiera che avevano “fatto di tutto” come diceva di sé Remo Rota, 77 anni, lecchese: a volte però avevano ricoperto anche incarichi di prestigio come don Renato Lanzetti, vicario generale della Diocesi di Como. Il loro vero denominatore comune non era stato quello di essere “in basso” o “in alto”, ma di essere stati “vicini”, anzi “accanto” alle persone.
Dalla sua Messa quotidiana di Santa Marta, ne ha parlato diverse volte Papa Francesco. Una fra tutte è stato il 28 marzo 2020 quando, elogiando un sacerdote che portava l’ostensorio con l’Eucarestia in giro per il paesino di montagna nonostante il freddo: “l’altro ieri mi è arrivata una fotografia di un sacerdote, parroco di montagna, di tanti paesini, in un posto dove nevica, e nella neve portava l’ostensorio ai piccoli paesini per dare la benedizione. Non gli importava la neve, non gli importava il bruciore che il freddo gli faceva sentire nelle sue mani a contatto con il metallo dell’ostensorio: soltanto gli importava di portare Gesù alla gente” (Papa Francesco, Omelia Santa Marta, 28 marzo 2020). E poi aveva ripreso quei superiori – vescovi o capi di comunità religiose – a non trattenere la coraggiosa carità di preti e religiosi in epoca di Coronavirus.
È un insegnamento costante del Vangelo e quindi del Papa: non dobbiamo aver paura di toccare la carne di Cristo. “Gesù è profondamente colpito da quest’uomo. Il Vangelo di Marco sottolinea che «ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!» (1,41). Il gesto di Gesù accompagna le sue parole e ne rende più esplicito l’insegnamento. Contro le disposizioni della Legge di Mosè, che proibiva di avvicinarsi a un lebbroso (cfr Lv 13,45-46), Gesù stende la mano e persino lo tocca. Quante volte noi incontriamo un povero che ci viene incontro! Possiamo essere anche generosi, possiamo avere compassione, però di solito non lo tocchiamo. Gli offriamo la moneta, la buttiamo lì, ma evitiamo di toccare la mano. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo! Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso, perché Lui è in essi. Toccare il povero può purificarci dall’ipocrisia e renderci inquieti per la sua condizione. Toccare gli esclusi” (Papa Francesco, Udienza Generale, 22 giugno 2016).
In nome di Gesù, molti uomini e molte donne si sono consacrati per farsi dono a tutti. Per portare Gesù – non dimentichiamocelo in questo tempo in cui gli abbracci sono proibiti – occorrono non solo le parole, ma anche l’affetto dell’abbraccio. Se si ha paura di questo si ha paura di Gesù incarnato. Bisogna ottemperare con il massimo rigore l’ordine del Governo di non abbracciarsi, ma appena si potrà i preti dovranno ricominciare a farlo. Chi tradisce l’abbraccio tradisce la propria missione perché tradisce l’Incarnazione. Io ho promosso tempo fa una petizione popolare perché la parola “pedofilia” venga inserita nel Catechismo ma al tempo stesso bisogna difendere il fatto che un prete che dà una carezza sul capo, che dà un abbraccio, che tende una mano, altri non è che Cristo. Che con la propria presenza reale guarisce, converte, sta vicino.