Lettere di M. B. – Cronache di un medico contagiato da Covid-19 (22)

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7.04 Ieri mi sono dimenticata di raccontare che all’ospedale Papa Giovanni è nata una bellissima bimba ad una mia paziente-amica. E’ vero, è un dato di fatto: c’è chi muore e c’è chi nasce, anche qui, anche ora, con tanta cura con tante attenzioni , anche se isolati dal resto dell’ospedale e un po’ blindati per ovvie ragioni. Mi ha riempito il cuore quest’amica che prima di entrare in sala operatoria per il cesareo mi ha scritto in whatsapp raccontandomi la sua esperienza: “reparto molto ben gestito e protetto e questo isolamento totale(camere singole dove possibile,non si può uscire nei corridoi,le infermiere vengono solo per lo stretto necessario ed al bisogno)ti dirò che ha creato una situazione tanto intima tra me e la bambina…una preparazione silenziosa..che si trasformerà nei prossimi giorni di degenza anche in un’entrare in sintonia nelle condizioni più favorevoli di pace e tranquillità.” E aggiunge:”ci tenevo a condividere con te un aspetto positivo di questa emergenza sanitaria”. Quando si dice saper cogliere nella luce giusta ciò che ci offre la vita. Ma anche tra i miei pazienti malati al domicilio è così: due vanno meglio, davvero ogni giorno quattro passi in più, un punto in più di saturazione, un po’ di tosse in meno. La nonnina,che dei tre più gravi era la più in difficoltà, invece non ce l’ha fatta : nel primo pomeriggio mi chiama il figlio che è morta. Vado. In serata apprendo che è critico in ospedale il figlio del mio carissimo amico di famiglia morto quindici giorni fa.

8.04
È solo il mercoledì Santo.
Ma lui è morto. E’ morto solo, intubato, lontano.
Non ce l’ha fatta… classe ‘62.
Il figlio del mio carissimo amico, il mio “secondo papà”.
E il mondo crolla… e oggi scopro che di sofferenza ce ne può essere ancora e tocco un nuovo fondo.
Dopo la notizia so solo piangere.
Dimentico di avvisare mia figlia che aveva una video lezione con la maestra
Rispondo ad una paziente e gli confido l’accaduto e scopro che riesco a lasciarmi lavare i piedi da lei.
Ma l’unico mio desiderio è  quello di sparire, di scomparire dalla faccia della terra. Almeno per un po’ sento il bisogno di isolarmi.
E così, con il solo cellulare in mano scappo nel prato e mi rintano nel bosco, sotto le fronde in un anfratto roccioso.
Piango sfinita, delusa, arrabbiata.
E allora mi sfogo con Lui: gli racconto tutto e gli affido il mio amico e i suoi cari.
Ma soprattutto gli affido la mia rabbia.  Il mio sconforto , la mia voglia di mollare, il mio desiderio di capire, il mio bisogno di trovare un senso.
Ma, come suggerisce  il mio direttore spirituale, in questo momento non c’è da chiedere, da capire, c’è da vivere il momento presente nelle Sue mani.
E il mio prof, dopo avergli scritto che non ho più le forze e forse il coraggio per andare avanti, che non trovo il senso, mi stimola a non mollare rispondendomi che il “senso” sta nel bisogno che tante persone hanno di me, che non posso tradire la loro fiducia. Che è una guerra e come tale va combattuta, non c’è altra possibilità.
Tutto vero.
E io allora torno sempre lì, a cercare di starci dentro affidandomi a Lui,
Perché non sono capace di essere altro.