Articoli / Blog | 14 Marzo 2020

FarodiRoma – Liverpool-Atletico Madrid, tutto ma non una partita di calcio

Liverpool-Atletico Madrid è stata una partita bellissima ma soprattutto è stata un’altra cosa, tutto ma non una partita di calcio: almeno così era per chi, come me, la guardava dalla televisione in Italia.
C’era sospsesa nell’aria una sensazione terribile, provata solo un’altra volta e, purtroppo, di mezzo c’era sempre il Liverpool. Sì, sto pensando al 1985, alla finale dell’Heysel, quando guardavamo Juventus-Liverpool con la sensazione che quanto avveniva in campo non fosse reale: che la vita, anzi la morte, passasse da un’altra parte. Come avvenne poi nel 1989 al Hillsborough con 96 morti: c’era sempre di mezzo il Liverpool ma allora la cosa mi colpì meno perché non guardavo la partita, erano solo squadre inglesi e la tragedia la conobbi solo il giorno dopo dai giornali.
Martedì sera c’eravamo tutti irritati guardando l’Atalanta mentre sentivamo i cori dei tifosi del Valencia fuori dallo stadio: perché li sapevamo ammucchiati gli uni sugli altri, terreno di coltura ideale per il coronavirus, come se la decisione di giocare al Mestalla a porte chiuse fosse dovuta solo alla presenza dei tifosi bergamaschi “untori”.
Guardare mercoledì la partita di Liverpool era come affacciarsi su un altro mondo, un posto dove si era deciso che il Coronavirus non esistesse. Un luogo non-reale dove chi aveva deciso la Brexit aveva il potere di tenere oltre frontiera anche la Covid-19. Gli spettatori erano gremiti sugli spalti, c’erano gli abbracci dentro e fuori dal campo, scoppiavano le esultanze e gli scoraggiamenti come se non si sapesse che c’era da esultare o scoraggiarsi per qualcosa di molto più grave ed importante.
Nel 1985 avevo 26 anni, da allora di anni ne sono passati 35, ma ricordo benissimo la sensazione di straniamento di allora quando Platini tirava il rigore che determinò il risultato: la ricordo perché l’ho riconosciuta quando l’altra sera mi è risalita in pancia. Mercoledì sera, solo Klopp mi sembrava preoccupato, anzi irritato perfino, dai segni di festa nei suoi confronti, quando pareva che i suoi dovessero vincere.
Fa effetto guardare dall’Italia chi crede di vivere nella certezza di essere risparmiato dalla pandemia mondiale. Fa effetto sapere che ci si affanna, si corre, s’impreca, si gioisce, ci si avvilisce per una partita, quando l’intera competizione quasi sicuramente sarà sospesa, quando le partite del prossimo turno con tutta probabilità non si terranno. Eravamo, davanti al televisore, come alienati: capivamo che ciò che accadeva realmente (la partita di Anfield) era una realtà virtuale, non aveva senso, o per lo meno aveva il senso non maggiore di quella di una fiction. Perché la realtà è un’altra e non ce ne importa nulla di Firmino o del Cholo.
Perché non si può guardare una partita di Champions quando la domanda più urgente non è “chi vincerà la Champions”.

Tratto da FaroDiRoma