Blog – Cosa accadrebbe se il Coronavirus arrivasse a Rebibbia?
La decisione della Regione Toscana di non sottoporre a quarantena le 2.500 persone che stanno rientrando dalla Cina mi preccupa molto per due motivi.
Il primo naturalmente è connesso con la diffusione dell’epidemia. A questo proposito mi fido di quanto afferma Roberto Burioni: «(…) Tornano dalla Cina, un luogo dove è in atto una gravissima epidemia, della quale è molto difficile interpretare i numeri. Quelli ufficiali sono molto poco attendibili (…); sarebbe quindi opportuno adottare la massima prudenza: indispensabile perché la malattia – oltre che molto grave – sembra essere estremamente contagiosa. (…) Sappiamo con certezza che la malattia ha un’incubazione libera da sintomi (pensate all’italiano imbarcato a Wuhan e poi ammalatosi dopo visite rigorose che l’avevano trovato perfettamente sano) e sappiamo con altrettanta certezza che il contagio può avvenire anche da persone che hanno dei sintomi, se non assenti, certamente minimi. Uno o più di questi 2500 individui che ritornano dalla Cina potrebbe essere infettato, essere momentaneamente in perfetta salute e tra qualche giorno ammalarsi, infettando altre persone e iniziando una pericolosissima catena di contagi che a quel punto potrebbe essere molto difficile da fermare».
Sappiamo tutti perfettamente che “i cinesi non sono dei virus”: io l’ho scritto diverse volte. Ma, proprio perché vogliamo distinguere i malati dalle malattie, è necessario poter diagnosticare queste ultime. Burioni afferma che la decisione della regione Toscana di non chiedere la quarentena è incomprensibile e io mi sento di concordare con lui. «Sarebbe un minimo sacrificio per i 2500 cittadini che porterebbe però una grandissima sicurezza per tutti gli altri. Nessuno pretende che vengano rinchiusi in un carcere: basterebbe chiedergli di rimanere a casa per due settimane. (…) Limitandosi, come leggo, ad aprire un ambulatorio nel quale queste persone potranno recarsi in caso di malattia (quindi troppo tardi), la Regione Toscana decide di fare correre ai suoi cittadini un rischio evitabile con un minimo disagio per pochissimi di loro».
Temo poi che decisioni così imprudenti possano “fertilizzare” le tante paure che serpeggiano tra noi italiani e che portano alla chiusura dei confini. È di ieri l’appello di tre cardinali – Hollerich, Czerny e Krajewski – a ricollocare in Europa i rifugiati di Lesbo: hanno scritto una forte lettera alle Conferenze episcopali di tutta l’Unione Europea, in cui chiedono di ascoltare il grido disperato di tante persone in cerca di dignità. Una delle grandi preoccupazioni mondiali associate al Coronavirus è l’Africa. Cosa accadrà quando l’epidemia scoppiata a Whuan approderà in un continente dove le misure di sicurezze sono bassissime o del tutto assenti? Se un focolaio di malattia scoppiasse da noi a partire dalla Toscana, sarebbe solo benzina sulle paure già grandi rispetto agli stranieri: cinesi, africani o asiatici che siano.
Confido a chi mi legge queste preoccupazioni. Oggi a Rebibbia è stato un pomeriggio molto pesante e le decisioni della Regione Toscana non mi hanno di certo rasserenato: cosa accadrebbe se arrivasse il Coronavirus in un carcere dove i detenuti sono stipati in sei per cella e le misure sanitarie minime?